Pd, domenica le primarie. Il duello Bonaccini-Schlein ultima chiamata per organizzare l’opposizione
A Dio piacendo, ci siamo. “La miglior garanzia per la leadership di Giorgia Meloni” - così sono stati definiti in questi mesi il Pd e i suoi aspiranti segretari - contano le ore per far calare il sipario su questo stillicidio di emozioni, passione politica e idee che sono stati i cinque mesi di congresso Pd. Partiti in quattro, alla fine sono rimasti in due Stefano Bonaccini, 56 anni, da sempre a sinistra prima nel Pci, poi nei Ds e infine nel Pd, dal 2014 guida la Regione Emilia Romagna, un mandato e mezzo in cui ha visto e gestito di tutto, dal terremoto al fenomeno grillino per non parlare di quello scempio del diritto che è stato Bibbiano, ma ha saputo raggiungere uno dei pil più alti del Paese, grazie all’innovazione e alla flessibilità e abbassando virtuosamente il tasso di disoccupazione. Ed Elly Schlein, 37 anni, cittadina americana, naturalizzata svizzera, la prima donna candidata alla segreteria del Pd, padre noto politologo svizzero-ebraico, madre docente universitaria, fratello matematico e sorella diplomatica. Un destino in qualche modo segnato. Che Elly sceglie di compiere nel Pd, prima all’Europarlamento e poi in quella stessa Emilia Romagna dove il suo competitor è già governatore e a cui si re-iscrive solo pochi giorni prima di decidere la grande corsa. E’ orgogliosa della propria bisessualità.
Quello che si può dire con certezza è che, al di là del savoir faire inclusivo e generoso soprattutto di Bonaccini, quello che sarà deciso domenica nelle migliaia di gazebo allestiti in tutta Italia, è un duello vero che non farà prigionieri. Ci sarà uno che vince e uno che perde. Senza sconti nè concessioni. In questi ultimi quattro giorni i toni sono destinati ad alzarsi. “Si sa che con Schlein ci sono Orlando, Zingaretti, Franceschini, Bettini, Boccia. Sono tutti amici, ma sanno che se divento segretario cambiamo davvero” ha detto Bonaccini ieri sera a Porta a Porta. E comunque, “per me l’avversario è la destra e non certo Elly Schlein” ma ciò non toglie che, nel caso, “vorrei incontrare il Presidente del consiglio Giorgia Meloni per una necessaria interlocuzione”.
Lei invece era a Bologna, con l’ex sindaco Lepore, sono entrati in Parlamento insieme, “sinistra-sinistra” (adesso si dice così, e già questo è molto poco Pd) entrambi. “Credo che il voto per Elly sia un voto per il cambiamento, anzi per una precisa linea politica” ha detto l’ex sindaco. Cioè il claim della campagna di Elly Schlein, “la segretaria di un Pd ecologista, femminista e che combatte contro disuguaglianze e precarietà”. “Se sarò eletta contrasterò l’azione di questo governo che sta colpendo le fasce più deboli della nostra comunità” la promessa programmatica uscita ieri sera dall’incontro a Bologna.
Numeri e programmi
Mancano quattro giorni, finalmente. Il sito tiscali.it metterà on line nelle prossime ore il confronto con i due candidati nel format Duels. Domenica si voterà ai gazebo, gli organizzatori sperano nella clemenza del meteo per avere una buona affluenza che nessuno dei candidati si è azzardato a fissare. Diciamo 500 mila votanti è il minimo sindacale. 700-800 mila sarebbe un numero accettabile. Furono più di tre milioni nel 2007 (le prime, stravinte da Veltroni), ancora più di tre milioni nel 2009 quando vinse Bersani, tra i due e i tre milioni in quelle a doppio turno del 2012, la prima volta di Renzi (2013) l’affluenza resta sui tre milioni, comincia a scendere nel 2017, dopo il referendum costituzionale quando Renzi resta segretario ma a votare vanno un milione e 800 mila elettori. Nel marzo 2019, le ultime primarie, i votanti sono stati circa un milione e mezzo. E vinse Zingaretti. Gli avversari di Bonaccini dicono che “se vanno più persone, ne trae vantaggio la Schlein che è la vera novità”. Lui, oltre al fatto di ricordare che dietro di lei si sono mossi i capi corrente del Pd, replica serafico: “Decideranno gli elettori cosa fare. Loro devono sapere che io voglio ripartire dalle persone, serve un partito popolare che faccia politica tra le persone, capace di ascoltare e trovare risposte ai problemi”. In queste settimane hanno votato i circoli. Bonaccini ha chiuso in testa il girone con il 52,8% dei consensi, 18 punti di distacco, circa 27 mila voti, su Schlein che si è fermata al 34,8%. La partita ai gazebo è tutta un’altra storia. Ecco perchè è importante il numero dei partecipanti. Intanto ai seguenti link potete trovare le mozioni e i programmi dei due candidati. Sono documenti relativamente brevi (Bonaccini 44 pagine con sintesi di 12; Schlein) che vale la pane leggere per sapere un po’ di più e meglio dei programmi di entrambi. Che poi nella comunicazione giornaliera prevale il dibattito di giornata e il merito resta sempre un po’ in disparte.
Il ticket, ad esempio
La polemica di ieri ha riguardato l’ipotesi di un ticket Bonaccini-Schlein. Non è ben chiaro chi l’abbia messa in giro, forse una suggestione visto che nell’unico confronto diretto i duellanti (lunedì sera su Skytg24) sono stati molto corretti e non si sono azzannati. La suggestione è durata poche ore. Nessun ticket Bonaccini-Schlein: chi vince le primarie e guida il Partito democratico lo decidono gli elettori, votando ai gazebo. Lo stop all'ipotesi arriva dai due candidati alla segreteria. “Il ticket con Bonaccini non ha senso” ha detto Schlein per cui “è finito il tempo del partito patriarcale che vede le donne bene nei ruoli di vice. Io non ho offerto posti e neppure mi sono stati offerti”. La deputata sta puntando molto sul consenso dei delusi, “di quelli che si sono allontanati dal Pd e che stanno ritornando”. Altrettanto secca la risposta di Bonaccini: “Non pretendo che Elly Schlein debba fare ciò che dico io o decido io, sarebbe sintomo di arroganza. Chiederò invece a Elly di dare una mano e, poi, decideremo insieme quale sia la il modo migliore. L'importante è rafforzare il Pd non dividerlo”. Bonaccini è convinto che occorra una operazione di unità nel partito e per questo ha annunciato di voler chiedere, nel caso uscisse vincitore dalle primarie, “a Paola De Micheli, Gianni Cuperlo e anche ad Elly Schlein e la senatrice Segre di essere in squadra con lui”. In caso contrario “sarò io a mettermi a disposizione”. Da Paola De Micheli (ha ottenuto oltre sei mila voti, il 4,29%) arriva un endorsement atteso: “Sosterrò Bonaccini perchè le sue idee sono vicine alle nostre. Per rifondare il Pd il ruolo degli iscritti è fondamentale, la partecipazione deve diventare decisione”. Bonaccini accoglie con entusiasmo: “Grazie a Paola De Micheli. Il tuo sostegno è importante”. Chi “balla da solo” è Gianni Cuperlo che nel voto dei circoli ha ottenuto l’8% (12 mila voti). “Nessun apparentamento con i due candidati alle primarie. Ci sarà un dopo e questo significherà prima di ogni altra cosa, rilanciare il Partito Democratico. Per questo vi invitiamo tutti a partecipare domenica 26 alle Primarie” ha spiegato Cuperlo. Dalla sua anche un passaggio del regolamento che garantisce due delegati per ogni punto percentuale ottenuto “se rinunciano a dare l’appoggio ai duellanti finali”. La mozione Cuperlo potrebbe così avere alla fine sedici delegati in assemblea. Un buon gruzzoletto. E che la dice lunga sullo stato di salute delle correnti nel Pd.
Schlein: “Ho spazzato via le correnti”
I signori del Pd, da Franceschini a Orlando passando per Provenzano, Zingaretti, Bersani (Articolo 1 è tornato nel Pd prima delle primarie, non esattamente una cosa corretta) e Bettini, appoggiano Ella Schlein. L’hanno cioè indicata come loro candidata. Operazione gattopardesca? Cambiare tutto, in questo caso il volto della front-woman, per poi non cambiare nulla? Schlein si ribella a questa ricostruzione “Io non sono loro, anzi io ho spazzato via le correnti” ripete ogni volta.
I sondaggi che circolano danno Bonaccini avanti a Schlein, con cifre che ricalcano in un certo qual modo quelle usciti dai circoli. Ovvero, sessanta a quaranta per il presidente dell'Emilia-Romagna. Con lui si sono schierati i riformisti dell’ex ministro Guerini, i capigruppo, i governatori e i sindaci. Il sud sta con Bonaccini, Emiliano e De Luca, e Schlein ha subito lasciato correre il veleno di brogli e tessere gonfiate. Altro che fair play: se potessero i due se ne direbbero di santa ragione. Gli argomenti non mancano.
Banalizzando molto, si può dire che Bonaccini cerca di rispettare il mandato che fu di Veltroni, un partito progressista, a vocazione maggioritaria, che unisce, non dimentica gli ultimi, difende i più deboli ma favorisce chi vuole lavorare e crea lavoro. La sua regione, i risultati di pil e occupazione, sono la risposta migliore. Chiarito il merito, sulle alleanze Bonaccini dice di non avere preclusioni per nessuno se c’è accordo chiaro sui temi. La buona amministrazione come esempio e solo orizzonte possibile, con il carico di pragmatismo e di lontananza da discussioni identitarie. E’ chiaro che poi alla fine decide lui. Perchè così deve essere per far funzionare le cose.
Per Bonaccini parla il modello Emilia Romagna
Schlein non fa mistero di volere un partito molto a sinistra e poco al centro. No al job’act, no ai contratti precari, più Stato e meno impresa, sostegno all’Ucraina sì… ma anche, basta accordi con la Libia senza però dire una parola su come gestire il fenomeno migratorio e quello, conseguente, dei clandestini che restano sul nostro territorio.
Se poi dobbiamo immaginare cosa succederà sul fronte delle alleanze, Schlein cercherà subito un dialogo con i 5 Stelle (e Giuseppe Conte è già lì’ che si frega le mani) posto che la sinistra-sinistra l’ha già fatta rientrare Letta. E’ sicuro che non cercherà un dialogo con il Terzo Polo, Renzi e Calenda.
Una cosa si può dire: chiunque vinca, sarebbe meglio vincesse con un ampio distacco. Altrimenti il giorno dopo si ricomincia con i caminetti e le battaglie interne. Il gran ballo delle correnti che Schlein è convinta di aver “spazzato via”. E questo è certamente un grosso errore.
Pd, domenica le primarie. Il duello Bonaccini-Schlein ultima chiamata per organizzare l’opposizione
A Dio piacendo, ci siamo. “La miglior garanzia per la leadership di Giorgia Meloni” - così sono stati definiti in questi mesi il Pd e i suoi aspiranti segretari - contano le ore per far calare il sipario su questo stillicidio di emozioni, passione politica e idee che sono stati i cinque mesi di congresso Pd. Partiti in quattro, alla fine sono rimasti in due Stefano Bonaccini, 56 anni, da sempre a sinistra prima nel Pci, poi nei Ds e infine nel Pd, dal 2014 guida la Regione Emilia Romagna, un mandato e mezzo in cui ha visto e gestito di tutto, dal terremoto al fenomeno grillino per non parlare di quello scempio del diritto che è stato Bibbiano, ma ha saputo raggiungere uno dei pil più alti del Paese, grazie all’innovazione e alla flessibilità e abbassando virtuosamente il tasso di disoccupazione. Ed Elly Schlein, 37 anni, cittadina americana, naturalizzata svizzera, la prima donna candidata alla segreteria del Pd, padre noto politologo svizzero-ebraico, madre docente universitaria, fratello matematico e sorella diplomatica. Un destino in qualche modo segnato. Che Elly sceglie di compiere nel Pd, prima all’Europarlamento e poi in quella stessa Emilia Romagna dove il suo competitor è già governatore e a cui si re-iscrive solo pochi giorni prima di decidere la grande corsa. E’ orgogliosa della propria bisessualità.
Quello che si può dire con certezza è che, al di là del savoir faire inclusivo e generoso soprattutto di Bonaccini, quello che sarà deciso domenica nelle migliaia di gazebo allestiti in tutta Italia, è un duello vero che non farà prigionieri. Ci sarà uno che vince e uno che perde. Senza sconti nè concessioni. In questi ultimi quattro giorni i toni sono destinati ad alzarsi. “Si sa che con Schlein ci sono Orlando, Zingaretti, Franceschini, Bettini, Boccia. Sono tutti amici, ma sanno che se divento segretario cambiamo davvero” ha detto Bonaccini ieri sera a Porta a Porta. E comunque, “per me l’avversario è la destra e non certo Elly Schlein” ma ciò non toglie che, nel caso, “vorrei incontrare il Presidente del consiglio Giorgia Meloni per una necessaria interlocuzione”.
Lei invece era a Bologna, con l’ex sindaco Lepore, sono entrati in Parlamento insieme, “sinistra-sinistra” (adesso si dice così, e già questo è molto poco Pd) entrambi. “Credo che il voto per Elly sia un voto per il cambiamento, anzi per una precisa linea politica” ha detto l’ex sindaco. Cioè il claim della campagna di Elly Schlein, “la segretaria di un Pd ecologista, femminista e che combatte contro disuguaglianze e precarietà”. “Se sarò eletta contrasterò l’azione di questo governo che sta colpendo le fasce più deboli della nostra comunità” la promessa programmatica uscita ieri sera dall’incontro a Bologna.
Numeri e programmi
Mancano quattro giorni, finalmente. Il sito tiscali.it metterà on line nelle prossime ore il confronto con i due candidati nel format Duels. Domenica si voterà ai gazebo, gli organizzatori sperano nella clemenza del meteo per avere una buona affluenza che nessuno dei candidati si è azzardato a fissare. Diciamo 500 mila votanti è il minimo sindacale. 700-800 mila sarebbe un numero accettabile. Furono più di tre milioni nel 2007 (le prime, stravinte da Veltroni), ancora più di tre milioni nel 2009 quando vinse Bersani, tra i due e i tre milioni in quelle a doppio turno del 2012, la prima volta di Renzi (2013) l’affluenza resta sui tre milioni, comincia a scendere nel 2017, dopo il referendum costituzionale quando Renzi resta segretario ma a votare vanno un milione e 800 mila elettori. Nel marzo 2019, le ultime primarie, i votanti sono stati circa un milione e mezzo. E vinse Zingaretti. Gli avversari di Bonaccini dicono che “se vanno più persone, ne trae vantaggio la Schlein che è la vera novità”. Lui, oltre al fatto di ricordare che dietro di lei si sono mossi i capi corrente del Pd, replica serafico: “Decideranno gli elettori cosa fare. Loro devono sapere che io voglio ripartire dalle persone, serve un partito popolare che faccia politica tra le persone, capace di ascoltare e trovare risposte ai problemi”. In queste settimane hanno votato i circoli. Bonaccini ha chiuso in testa il girone con il 52,8% dei consensi, 18 punti di distacco, circa 27 mila voti, su Schlein che si è fermata al 34,8%. La partita ai gazebo è tutta un’altra storia. Ecco perchè è importante il numero dei partecipanti. Intanto ai seguenti link potete trovare le mozioni e i programmi dei due candidati. Sono documenti relativamente brevi (Bonaccini 44 pagine con sintesi di 12; Schlein) che vale la pane leggere per sapere un po’ di più e meglio dei programmi di entrambi. Che poi nella comunicazione giornaliera prevale il dibattito di giornata e il merito resta sempre un po’ in disparte.
Il ticket, ad esempio
La polemica di ieri ha riguardato l’ipotesi di un ticket Bonaccini-Schlein. Non è ben chiaro chi l’abbia messa in giro, forse una suggestione visto che nell’unico confronto diretto i duellanti (lunedì sera su Skytg24) sono stati molto corretti e non si sono azzannati. La suggestione è durata poche ore. Nessun ticket Bonaccini-Schlein: chi vince le primarie e guida il Partito democratico lo decidono gli elettori, votando ai gazebo. Lo stop all'ipotesi arriva dai due candidati alla segreteria. “Il ticket con Bonaccini non ha senso” ha detto Schlein per cui “è finito il tempo del partito patriarcale che vede le donne bene nei ruoli di vice. Io non ho offerto posti e neppure mi sono stati offerti”. La deputata sta puntando molto sul consenso dei delusi, “di quelli che si sono allontanati dal Pd e che stanno ritornando”. Altrettanto secca la risposta di Bonaccini: “Non pretendo che Elly Schlein debba fare ciò che dico io o decido io, sarebbe sintomo di arroganza. Chiederò invece a Elly di dare una mano e, poi, decideremo insieme quale sia la il modo migliore. L'importante è rafforzare il Pd non dividerlo”. Bonaccini è convinto che occorra una operazione di unità nel partito e per questo ha annunciato di voler chiedere, nel caso uscisse vincitore dalle primarie, “a Paola De Micheli, Gianni Cuperlo e anche ad Elly Schlein e la senatrice Segre di essere in squadra con lui”. In caso contrario “sarò io a mettermi a disposizione”. Da Paola De Micheli (ha ottenuto oltre sei mila voti, il 4,29%) arriva un endorsement atteso: “Sosterrò Bonaccini perchè le sue idee sono vicine alle nostre. Per rifondare il Pd il ruolo degli iscritti è fondamentale, la partecipazione deve diventare decisione”. Bonaccini accoglie con entusiasmo: “Grazie a Paola De Micheli. Il tuo sostegno è importante”. Chi “balla da solo” è Gianni Cuperlo che nel voto dei circoli ha ottenuto l’8% (12 mila voti). “Nessun apparentamento con i due candidati alle primarie. Ci sarà un dopo e questo significherà prima di ogni altra cosa, rilanciare il Partito Democratico. Per questo vi invitiamo tutti a partecipare domenica 26 alle Primarie” ha spiegato Cuperlo. Dalla sua anche un passaggio del regolamento che garantisce due delegati per ogni punto percentuale ottenuto “se rinunciano a dare l’appoggio ai duellanti finali”. La mozione Cuperlo potrebbe così avere alla fine sedici delegati in assemblea. Un buon gruzzoletto. E che la dice lunga sullo stato di salute delle correnti nel Pd.
Schlein: “Ho spazzato via le correnti”
I signori del Pd, da Franceschini a Orlando passando per Provenzano, Zingaretti, Bersani (Articolo 1 è tornato nel Pd prima delle primarie, non esattamente una cosa corretta) e Bettini, appoggiano Ella Schlein. L’hanno cioè indicata come loro candidata. Operazione gattopardesca? Cambiare tutto, in questo caso il volto della front-woman, per poi non cambiare nulla? Schlein si ribella a questa ricostruzione “Io non sono loro, anzi io ho spazzato via le correnti” ripete ogni volta.
I sondaggi che circolano danno Bonaccini avanti a Schlein, con cifre che ricalcano in un certo qual modo quelle usciti dai circoli. Ovvero, sessanta a quaranta per il presidente dell'Emilia-Romagna. Con lui si sono schierati i riformisti dell’ex ministro Guerini, i capigruppo, i governatori e i sindaci. Il sud sta con Bonaccini, Emiliano e De Luca, e Schlein ha subito lasciato correre il veleno di brogli e tessere gonfiate. Altro che fair play: se potessero i due se ne direbbero di santa ragione. Gli argomenti non mancano.
Banalizzando molto, si può dire che Bonaccini cerca di rispettare il mandato che fu di Veltroni, un partito progressista, a vocazione maggioritaria, che unisce, non dimentica gli ultimi, difende i più deboli ma favorisce chi vuole lavorare e crea lavoro. La sua regione, i risultati di pil e occupazione, sono la risposta migliore. Chiarito il merito, sulle alleanze Bonaccini dice di non avere preclusioni per nessuno se c’è accordo chiaro sui temi. La buona amministrazione come esempio e solo orizzonte possibile, con il carico di pragmatismo e di lontananza da discussioni identitarie. E’ chiaro che poi alla fine decide lui. Perchè così deve essere per far funzionare le cose.
Per Bonaccini parla il modello Emilia Romagna
Schlein non fa mistero di volere un partito molto a sinistra e poco al centro. No al job’act, no ai contratti precari, più Stato e meno impresa, sostegno all’Ucraina sì… ma anche, basta accordi con la Libia senza però dire una parola su come gestire il fenomeno migratorio e quello, conseguente, dei clandestini che restano sul nostro territorio.
Se poi dobbiamo immaginare cosa succederà sul fronte delle alleanze, Schlein cercherà subito un dialogo con i 5 Stelle (e Giuseppe Conte è già lì’ che si frega le mani) posto che la sinistra-sinistra l’ha già fatta rientrare Letta. E’ sicuro che non cercherà un dialogo con il Terzo Polo, Renzi e Calenda.
Una cosa si può dire: chiunque vinca, sarebbe meglio vincesse con un ampio distacco. Altrimenti il giorno dopo si ricomincia con i caminetti e le battaglie interne. Il gran ballo delle correnti che Schlein è convinta di aver “spazzato via”. E questo è certamente un grosso errore.