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Scostamento di bilancio - la lezione che viene dal Regno Unito

A chiedere lo scostamento a gran voce è la Lega, mentre più prudente è Forza Italia, e addirittura freddi a riguardo sono Fratelli d’Italia e la sua leader e futura Presidente del Consiglio Giorgia Meloni

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
Giorgia Meloni
Giorgia Meloni (Foto Ansa)

Scostamento di bilancio. Se n’è fatto un gran parlare in campagna elettorale come soluzione pronta e immediata per affrontare il caro-bollette. In sostanza, l’idea è quella che lo Stato si faccia carico in parte o in toto del rincaro di elettricità e gas, mettendo sul tavolo 30-40 miliardi di liquidità pronta cassa. Niente crediti d’imposta per intenderci. Poiché si tratta di spese impreviste e sostanziose per le quali attualmente non ci sono risorse disponibili nel bilancio dello Stato, l’unica è prevedere appunto uno scostamento e farsi prestare i soldi dal mercato aumentando ulteriormente il debito pubblico, attualmente di circa 2.800 miliardi di euro. A chiedere lo scostamento a gran voce è la Lega, mentre più prudente è Forza Italia, e addirittura freddi a riguardo sono Fratelli d’Italia e la sua leader e futura Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

I dubbi di Meloni

I dubbi che attraversano la dirigenza di Fratelli d’Italia riguardano sostanzialmente l’utilità della misura e i suoi effetti. Riguardo alla prima, il timore è che dare soldi a cittadini e imprese per pagare le bollette sia solo un rimedio temporaneo e una tantum che per un po’ abbassa la febbre, ma che nulla fa contro la malattia. Con l’aggravante, tra l’altro, che il tutto andrebbe a vantaggio delle società energetiche e di chi produce e vende gas. Ma c’è anche il timore degli effetti che lo scostamento sarebbe destinato a produrre. Come ha dichiarato la stessa Meloni in un’intervista a Formiche.net lo scorso 12 settembre: «Uno scostamento è pur sempre un debito. Dunque qualcosa che noi lasceremo in eredità ai nostri figli. E dal momento che questa eredità sta diventando sempre più pesante, non possiamo continuare a contrarre debito. Piuttosto occorre trovare risorse nelle pieghe del bilancio dello Stato, oppure dirottando su famiglie e imprese alcuni fondi del Pnrr». Inoltre, il provvedimento sarebbe un pessimo biglietto da visita in Europa dove se si vuole dare battaglia e ottenere qualcosa non basta sbattere i pugni sul tavolo, occorre essere credibili e dimostrare serietà. Infine, c’è il problema dei tanto vituperati mercati, che poi sono gli stessi ai quali si chiedono i soldi dello scostamento. Un governo che comincia abbandonando la disciplina di bilancio e aumentando il debito per finanziare interventi congiunturali non dà garanzie di grande affidabilità, con il probabile risultato di rendere i titoli di stato italiani meno appetibili. Risultato, il loro valore cala, i tassi da pagare crescono e lo spread s’allarga.

L’esempio del Regno Unito

A delineare quel che potrebbe accadere all’Italia è la tempesta che sta investendo il Regno Unito. A inizio settembre la guida del governo è cambiata di mano passando da Boris Johnson alla nuova leader dei conservatori, Liz Truss. Quest’ultima la scorsa settimana ha varato una riforma fiscale assai controversa che, oltre a privilegiare le classi più abbienti, sarà finanziata in deficit attraverso un aumento del debito. Costo previsto 45 miliardi di sterline (circa 50 miliardi di euro). Risultato? Crollo della sterlina, spread alle stelle e una assai inusitata reprimenda del Fondo Monetario Internazionale. Nel frattempo, sopraffatto dal caos sui tassi, Halifax, il maggiore istituto britannico di mutui per la casa, ha sospeso l’erogazione di prestiti a tasso fisso, e i fondi pensione britannici hanno preso a vendere titoli di stato a rotta di collo facendo crollare ulteriormente il loro valore. La tempesta ha assunto tali dimensioni che la Banca d’Inghilterra, paventando un «rischio concreto per la stabilità finanziaria del Regno Unito», ha annunciato che interverrà sui mercati comprando titoli di stato britannici per 5 miliardi di sterline al giorno per 13 giorni, per un totale di 65 miliardi. La cosa paradossale è che per combattere l’inflazione, la Banca d’Inghilterra finora stava facendo esattamente l’opposto, ovvero vendeva titoli di stato per assorbire moneta, come d’altronde prescrive il manuale del perfetto banchiere centrale. La brusca inversione di marcia avrà invece l’indesideratissimo effetto di alimentare la crescita dei prezzi. Danno doppio quindi.

Non cercare guai

A questo punto non è difficile immaginare quel che accadrebbe al settore finanziario italiano se si decidesse di varare uno scostamento di bilancio di qualche decina di miliardi, soprattutto se non concordato con la Commissione UE. Il tutto ricordando che il nostro debito è assai maggiore di quello britannico e che la BCE ha già reso noto in tutti i modi possibili che lo scudo salva spread non verrà usato per calmare tempeste create da provvedimenti posti in essere dagli stati membri. Tradotto: se i guai te li vai a cercare, poi te li risolvi da solo. La speranza è che invece di cercarli i guai si farà il possibile per evitarli e che Meloni e Fratelli d’Italia faranno valere il loro peso per contrastare le reiterate richieste di Salvini e della Lega privilegiando la ragion di stato a quelle della coalizione

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
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