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Giorgia Meloni: “Il premier? Non avevo mai fatto nemmeno la mamma ma poi ti viene naturale se ami”

Il confronto è stato inevitabile e la leader di Fdi a Genova ha fatto – nello stesso posto – almeno il doppio degli spettatori di Matteo Salvini. La platea che non ti aspetti

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Giorgia Meloni (Ansa)
Giorgia Meloni (Ansa)

A un certo punto, quasi per una sorta di galateo di coalizione, Fratelli d’Italia aveva deciso di spostare il comizio di Giorgia Meloni dall’inizialmente prevista Piazza delle Feste, una tensostruttura nel Porto Antico di Genova disegnata da Renzo Piano, dove nel resto dell’anno di fanno spettacoli, festival multietnici e pattinaggio sul ghiaccio, all’area del Mandraccio, sempre al Porto Antico. A meno di venti metri, più spaziosa e poi perfetta per evitare confronti con Matteo Salvini che sotto la tensostruttura c’è stato solo tre giorni prima, rimediando un numero di fans superiore solo a quelli di Enrico Letta. Ma, oggettivamente, per fare più spettatori del comizio di Letta al cinema ci voleva davvero poco.

Ma, alla fine, quasi per un’eterogenesi dei fini, sul centro-levante della Liguria è stata emanata un’allerta gialla per pioggia (fortunatamente rivelatasi eccessiva nelle sue prime ore, ma è sempre meglio un’allerta in più e un’alluvione in meno) e il comizio di Giorgia è tornato – suo malgrado – alla location inizialmente prevista, coperta.

Insomma, alla fine il confronto è stato inevitabile e Giorgia ha fatto – nello stesso posto – almeno il doppio (e sto basso, molto basso) degli spettatori di Matteo. E, stavolta, l’impressione è che non possa scattare nemmeno il classico “piazze piene, urne vuote”, perché c’è un altro elemento molto significativo: funzionari regionali, uomini delle partecipate nominati in tempi lontani in quota Pd, reduci burlandiani di un’altra era politica genovese e ligure, sono tutti neomeloniani e neomelodici di Giorgia, ma anche eccellenze imprenditoriali come Giancarlo Vinacci, l’uomo che ha inventato Chebanca!, ex di Forza Italia e oggi punta di diamante di Fratelli d’Italia, con un mix di vecchi e di nuovi sul palco che rende perfettamente l’immagine del partito, mai così unito, come uno spogliatoio rissoso ai tempi della bassa classifica improvvisamente compatto quando la propria squadra vince e l’allenatore è capace, non depresso o deprimente e non incapace di spiaccicare una parola in italiano.

Insomma, si sente aria di vittoria elettorale – a un certo punto una signora dal pubblico urla “trenta per cento” e Giorgia le manda un bacio – e c’è la corsa ai posti migliori, appannaggio del coordinatore regionale Matteo Rosso, coordinatore regionale del partito, ex azzurro che ha scommesso sul progetto di Fratelli d’Italia anni fa, quando il partito era al 3 per cento e oggi riscuote i frutti del suo grande lavoro, e di Gianni Berrino, assessore regionale della giunta Toti al Turismo, che ha portato a casa ottimi risultati amministrativi mettendo sempre l’istituzione rispetto all’appartenenza, come deve fare un amministratore degno di tal nome, e viene da una tradizione di destra-destra, partita dalla circoscrizione e destinata al Parlamento. E insieme a loro, come fossero presentatrici del Festival di Sanremo, due donne in posizione eleggibile: l’altra assessore regionale Simona Ferro, che in pochi mesi ha dimostrato ottime doti di governo, e la vicesindaco della Spezia Maria Grazia Frija, fuoriclasse della giunta di Pierluigi Peracchini.

La platea ex Pdl di Genova

Insomma, vecchi eredi missini e nuovi arrivi convivono gioiosamente, ed è quasi un’immagine del successo che attende Giorgia: il pubblico è composto in gran parte di ex elettori (e anche ex eletti) berlusconiani e forse l’unico che non c’entra niente è Roberto Menia, storico deputato della destra triestina, ex missino, ex di Alleanza Nazionale, ex del Pdl, ex finiano in Futuro e libertà, ex Azione Nazionale con Gianni Alemanno, ex del Movimento Nazionale per la Sovranità e oggi tornato “a casa” in Fratelli d’Italia, che è l’unico totalmente e integralmente paracadutato in Liguria fra tutti i partiti. Segno che Giorgia è talmente forte che oggi può permettersi cose che un tempo a queste latitudini facevano il Pd e Forza Italia quando erano il Pd e Forza Italia.

In più, una regia da kolossal con mezza dozzina, almeno di telecamere, e addirittura quella aerea. Roba di lusso. Con colonna sonora che va da Dargen D’Amico al classico Battisti, fino a “A mano a mano” di Rino Gaetano che è l’inno del tour di Giorgia, insieme – of course – a “Fratelli d’Italia”.

Ecco, questo è il contesto.

Il testo è quello di Giorgia, che racconta la sua gravidanza: “Per me governare l’Italia è come quando sono diventata mamma. Ovviamente, non l’avevo mai fatto prima, ma poi ti viene naturale farlo, perché quella diventa la tua priorità assoluta, il baricentro è il bambino. Qui il baricentro è l’Italia e lo farò con lo stesso sentimento”.

Eppure, non c’è baldanza eccessiva nelle parole della leader di Fratelli d’Italia che potrebbe diventare la prima presidente del Consiglio dei ministri donna della storia d’Italia: “Sarà difficilissimo, il momento è difficile come se fossimo nel dopoguerra. Ma in quegli anni, i nostri nonni, credendoci hanno fatto il boom economico. Dobbiamo prendere esempio da loro e ce la faremo”.

Arriva con un’ora e un minuto di ritardo Giorgia, a causa del solito traffico sulle autostrade liguri - che non riesce a domare nemmeno il suo “autista preferito”, Stefano Spinaci, che è un giovane luminare dell’oncologia dei tumori al seno, ma anche un pilota stile Formula Uno, con cui lei viaggia volentierissimo – e quindi stavolta prima di lei parla con un minuto solo Rosso. Nemmeno il sindaco Marco Bucci, che è un amuleto di tutti i partiti della sua giunta ed ha partecipato a iniziative della Lega, di Noi Moderati con Giovanni Toti e anche del Terzo Polo il giorno in cui Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno santificato la giornata del sì alle grandi opere insieme alla presidente della Commissione Trasporti di Montecitorio Raffaella Paita.

La metamorfosi in Giorgia di governo

Poi parte, l’”one woman show” di Giorgia in grandissima forma dialettica, anche se confessa la sua stanchezza: “Oggi so’ stanca, sono un essere umano anche io”. E, al di là della parte sull’immigrazione, forse troppo lunga e un po’ demagogica, troppo semplicistica, o a gol a porta vuota come i banchi a rotelle, il resto è una glorificazione del buonsenso applicato alla politica. Su tutti, due punti: “Chiederemo l’inversione dell’onere della prova sulle verifiche fiscali. E’ incredibile che il fisco venga a dirti che devi pagare migliaia di euro e poi, se non è così, sia tu che devi spiegare perchè non devi pagarli e non loro che te li hanno chiesti senza nessun diritto”.

Oppure, il racconto della multa al pescivendolo, sulla base di un regio decreto, perché non esponeva i nomi dei pesci scritti in latino. O, ancora, la religione del garantismo per chi viene sbattuto in carcere in attesa di giudizio e quindi presunto innocente, ma “inflessibile dopo la condanna”. E poi cuneo fiscale, “più assumi meno paghi”, no al reddito di cittadinanza ai giovani e forti, via l’Iva dagli aumenti in bollette (invocata dalla platea e lei ride: “Allora vedi che lo sai e nun te lo devo dì”), disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e voto favorevole domani in aula di Montecitorio al decreto Aiuti bis: “Ci sarò perché io sono all’opposizione del governo e non dell’Italia”. La metamorfosi di Giorgia di governo è completa.

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