Lazio e Lombardia al centrodestra, ma se non votano 2 cittadini su 3 c’è un problema

I due candidati del centrodestra, favoritissimi alle elezioni amministrative di Lazio e Lombardia, non hanno solo vinto. Hanno stravinto. Un risultato politico già annunciato, che si presta a diverse interpretazioni, a cominciare naturalmente alla debolezza delle opposizioni. Ma ogni appuntamento elettorale ha alla fine uno spazio vuoto, quello di chi non ha votato e che, chissà, avrebbe potuto contribuire a un risultato diverso. Ma l’astensione ha molti significati, e quando diventa maggioranza, ci si può chiedere il motivo — o i motivi – che spingono i cittadini a non votare. E non sono motivi rassicuranti
Il commento di FABIO MORABITO
I SONDAGGI HANNO sbagliato. Ma non nell’indicare i vincitori, che sono stati quelli previsti: Attilio Fontana in Lombardia, Francesco Rocca nel Lazio, entrambi indicati dalla coalizione del centrodestra. Ma nelle proporzioni del loro successo, che è stato superiore ad ogni aspettativa. Entrambi — nelle amministrative di Lombardia e Lazio, si è votato il 12 e 13 febbraio — hanno superato comodamente il 50% dei suffragi. In due regioni che sono governate, nel loro capoluogo, da esponenti del centrosinistra. A Roma Roberto Gualtieri, Pd, è stato eletto sindaco appena un anno e quattro mesi fa. Con malizia si potrebbe dire che è stato astuto il centrodestra a candidare per il Campidoglio Enrico Michetti, un avvocato recuperato tra i nomi delle radio romane, ma considerato di poca presa e quindi destinato alla sconfitta. Roma, infatti, è ingovernabile. E Gualtieri — con un eufemismo — non sembra suscitare entusiasmi.
Ma il dato più impressionante — che ragionevolmente può avere inciso ad amplificare i risultati finali a favore del centrodestra — è stato quello dell’astensione. In Lombardia ha votato il 41,67%, nel Lazio il 37,2%. Di gran lunga il peggior risultato di sempre in 53 anni (la prima volta per le regionali si votò nel 1970). Il confronto con il voto precedente non è pertinente: nel 2018 votò il 73,11% in Lombardia, il 66,55% nel Lazio, e in un giorno solo. Ma allora erano state indette contemporaneamente le elezioni politiche, che hanno fatto da traino. Si tratta però di numeri clamorosi — in negativo. Appena pochi giorni fa è stato approvato in Consiglio dei ministri lo schema del disegno di legge sull’autonomia differenziata, che potrebbe aprire la porta a un impressionante trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni.
Eppure a queste amministrative è prevalso il disinteresse. Nel Lazio ha votato poco più di un elettore su tre aventi diritto. La Storia della Repubblica è contraddistinta da una progressiva disaffezione al voto. All’inizio, l’Italia — uscita dal fascismo — era il Paese con più affluenza alle urne nell’Europa occidentale. Via via questo dato è sceso. Sembra il precipizio delle vendite dei giornali di carta: inarrestabile. Prima una discesa lenta, poi sempre più precipitosa.
Adesso il Paese è disamorato. Le conclusioni che si possono trarre sono complesse: è disamore verso i partiti, verso la politica o verso la democrazia? L’astensione è un dato statistico, che poi sfugge alle valutazioni, perché non si può interpretare con certezza dove avrebbe portato il voto che non c’è. Ma non è privo di significato. È una testimonianza anche l’astensione. Probabilmente di un malessere, non certo di partecipazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA