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Programmi a confronto: sui diritti civili, al Pd piace “vincere facile”. Le proposte e lo stallo in Parlamento

Stando così le cose, il rischio è di un Parlamento inerte. Il giudizio della professoressa di diritto costituzionale Carla Bassu

Ettore Maria Colombodi E. M. Colombo   

Partiamo da una considerazione di tipo generale, grazie al parere della professoressa Carla Bassu, costituzionalista all’Università di Sassari, tra le più giovani, più brave più avvertite, su tali temi (sua l’idea ispiratrice della legge sul ‘doppio cognome’), oggi candidata con il Pd nel collegio uninominale del Nord Sardegna (Sassari): “La brusca interruzione della legislatura ha bloccato una serie di provvedimenti orientati ad allineare la normativa sui diritti al dettato costituzionale, garantendo un trattamento coerente con il principio di uguaglianza. Parità di genere, ius scholae, fine vita, diritti delle persone LGBT: il rischio è quello di regredire, su questi temi, ma non bisogna cedere perché i diritti devono essere consolidati ed estesi, riconosciuti (non concessi) a chi è discriminato irragionevolmente”.

In effetti, è andata proprio così: ddl Zan ‘morto’ al Senato, dopo una faticosa approvazione alla Camera dei Deputati. Legge sul fine vita che, in aula della Camera, neppure è arrivata a esaurire la discussione generale. Ius scholae che è rimasto, addirittura, chiuso nei cassetti della commissione Affari costituzionali di Montecitorio. Cannabis (coltivazione a uso terapeutico) idem con patate che non ha fatto neppure un passo dentro l’Aula. Insomma, una legislatura a ‘somma zero’, sul piano dei diritti civili in quanto tali. I quali, dalla legislatura precedente a quella che sta terminando (2018-2022), non sono mai riusciti a procedere. Per ritrovare una legge paritaria ed egualitaria bisogna risalire a quando, nel 2015, il governo Renzi varò, e portò a casa, la legge sulle unioni civili. Legge che, peraltro, senza il consenso degli allora partiti centristi (Ncd e Ala) non avrebbe mai visto la luce. anche se, va detto, proprio Iv di Renzi ha, in buona sostanza, affossato il ddl Zan al Senato, in quest’ultima legislatura ormai finita. 

“Oggi, dal punto di vista del godimento dei diritti cittadini e non cittadini sono quasi del tutto assimilati: libertà civili e diritti sociali sono infatti prerogativa di tutte le persone. Solo i diritti politici sono ancora riservati ai cittadini, a prescindere che questi partecipino e contribuiscono attivamente alla vita della comunità e questo è davvero contraddittori”, prosegue il ragionamento la professoressa Bassu.

Il centrodestra, però, non ci pensa neppure

Certo è che, se le elezioni le vincerà, come è altamente probabile, il centrodestra, è assai difficile che, sul tema dei diritti civili, si registrano dei significativi avanzamenti, e su molti temi, dato che, dal ddl Zan al fine vita e molto altro, il centrodestra, in Parlamento, si è sempre opposto in modo strenuo a quelle leggi. Ma vediamo le posizioni dei tre principali partiti.

FRATELLI D’ITALIA. Nel programma di Fratelli d’Italia si parla di diritti lgbt+ nella sezione dedicata alle libertà (e non in quella sulle famiglie). Sarebbe un buon segno. FdI ha scritto, nero su bianco, che il partito si impegna al «contrasto a ogni discriminazione basata sulle scelte sessuali e sentimentali delle persone, mantenimento della legge sulle unioni civili, ribadendo il divieto di adozioni omogenitoriali e la lotta ad ogni forma di maternità surrogata, nell’interesse supremo del minore».

Ma Fratelli d’Italia si è sempre opposta alla legge contro l’omotransfobia, ha promosso mozioni parlamentari contro l’educazione sul genere e l’omoaffettività nelle scuole, dice no alle adozioni per le coppie lgbt+ e i single (posizione ribadita in campagna elettorale) e al riconoscimento dei figli delle coppie lesbiche e gay. La leader Meloni ha firmato una proposta di legge per perseguire penalmente i padri gay che hanno avuto figli all’estero con la maternità surrogata e si è scagliata pubblicamente contro la “lobby lgbt” e contro “l’ideologia del gender”.

FORZA ITALIA. Nel programma comune della coalizione di centrodestra, ripreso da Forza Italia sul suo sito, non c’è nessuno riferimento ai diritti. FI si è opposto al Ddl Zan sull’omotransfobia, accusandolo di essere una legge liberticida. Nel 2016 Berlusconi ha inizialmente osteggiato la legge sulle unioni civili, ma ha lasciato libertà di coscienza. La sua compagna di allora, Francesca Pascale, ha poi fatto gaming out (è lesbica) e si è sposata con la cantante Paola Turci, diventando una delle più strenue oppositrici del centrodestra.

LEGA. Nel programma della Lega c’è invece, scritta, la netta opposizione ai diritti lgbt+: «La famiglia va anche tutelata con politiche valoriali che ribadiscano il suo ruolo primario nella società. La famiglia è quella composta da una mamma e un papà e non da un “genitore 1 e 2”». Si impegna anche lo Stato a combattere «la decostruzione dell’identità sessuale», le «imposizioni ideologiche come l’indottrinamento gender sui minori e il cambiamento di sesso», a «condannare pratiche come la maternità surrogata, rendendola reato internazionale, proseguendo la strada tracciata da Matteo Salvini con la presentazione di un disegno di legge di iniziativa popolare in Cassazione» su tale tema.

La Lega promette: «Contrasteremo misure come il Ddl Zan per l’introduzione del concetto di “identità di genere” e la privazione delle libertà di opinione e di parola». Nel programma compaiono la «Difesa dei ruoli diversi ma complementari tra madre e padre, in contrapposizione alla cultura del “genitore 1 e 2”», il «contrasto all’ideologia di genere e alla fluidità in più settori della società (scuola, sport, carceri, documenti pubblici)» e la «tutela della donna, del suo ruolo e delle misure a suo favore rispetto alle prevaricazioni delle “teorie gender”», oltre alla premessa di «un’attenta opera di monitoraggio su: progetti didattici, percorsi di educazione civica, corsi per docenti, documenti ministeriali sensibili, fino alla recente diffusione della “carriera alias” procedura che introduce il concetto della fluidità di genere e determina una palese forzatura giuridica» contro quello definito «un tentativo di “colonizzazione ideologica” attraverso la cd. teoria gender».

La Lega si è opposto alla legge sulle unioni civili, al Ddl Zan e all’educazione di genere e all’affettività nelle scuole. Nelle file leghiste milita, tra l’altro, quello che è forse il politico più attivo sul fronte «no gender», il senatore Simone Pillon, leghista e cofondatore del Family Day.

Quando, al Pd, piace “vincere facile”

Ma nei programmi presentati dai vari partiti e coalizioni, e in particolare sul tema dei diritti civili (diritti delle persone Lgbtq+, immigrazione, ius soli e ius scholae, legge su eutanasia e fine vita, coltivazione, uso domestico, della cannabis), non c’è storia. Il programma presentato dal Pd è quello migliore, il più completo e articolato e, anche, ovviamente, quello più ‘innovativo’.

I tre pilastri del programma del Pd di Letta

Quando Enrico Letta ha presentato alla stampa il programma del Pd (estensore il professor Antonio Nicita), ribattezzato ‘manifesto’ per l’Italia del 2027, ha lanciato lo slogan: “Diritti. Ambiente. Lavoro. Tre pilastri che tengono dentro alcuni temi fondamentali per modernizzare il Paese”. Il programma elettorale del Pd punta sulla tutela dei diritti e contiene i principali cavalli di battaglia del centrosinistra: l'approvazione del ddl Zan e del matrimonio egualitario, la garanzia dell'applicazione della legge 194 sull'aborto, l'introduzione dello Ius scholae e della legge sul fine vita, la legalizzazione dell'autoproduzione di cannabis per consumo personale nell'ambito delle politiche di contrasto alle mafie. Perché – ha detto Letta – “se vincono queste destre saranno l'Italia e i diritti degli italiani ad andare indietro”.

Il Pd tiene alle sue battaglie storiche sui diritti

“Nel solco degli artt. 2 e 3 della Costituzione”, scrive il Pd nel suo programma, “dobbiamo superare la contrapposizione tra diritti civili e diritti sociali. La scelta è tra un'Italia ripiegata su sé stessa e un'Italia aperta alle differenze”. L'obiettivo, dunque, è dare al Paese “leggi di civiltà affinché siano riconosciuti e tutelati i diritti basilari di milioni di persone”. Come si è provato a fare, senza successo, nel corso della legislatura, quando il Pd, su tali temi, si è pure assai speso.

Il Pd si impegna a promuovere la piena eguaglianza delle persone LGBTQI+ attraverso il varo della legge contro i crimini d'odio (il cosiddetto Ddl Zan) e l'introduzione del matrimonio egualitario, ormai riconosciuto in 130 Paesi di cui 17 europei (in sostanza: le nozze gay). A portare a compimento la legge sul fine vita. E naturalmente ad approvare lo Ius Scholae per dare la cittadinanza ai figli degli immigrati che studiano in Italia da almeno cinque anni.

Va anche detto, però, che il programma elettorale del Pd non menziona esplicitamente il riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso, che in Europa è stato quasi sempre introdotto con l’approvazione del matrimonio egualitario, estendendo i diritti/doveri genitoriali, compresa l’adozione alle coppie dello stesso sesso. Le unioni civili si differenziano dal matrimonio egualitario proprio perché non li prevedono, oltre a voler rimarcare una differenza di status più generale (nel dibattito del 2016 sulla legge Cirinnà, parlamentari di varie forze politiche insistettero sulla volontà di non equiparare le coppie gay alla famiglia “tradizionale”). Nel 2016, il Pd seguì la linea del suo allora segretario Matteo Renzi che tolse l’adozione del figlio del partner dalla legge, ritenendola troppo divisiva. E se è vero che il Pd ha, come partito, promosso e sostenuto il Ddl Zan sull’omotransfobia non sono mancati ‘dissidenti’.

Una divisione che si ripropone, oggi, a proposito del riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso, delle adozioni gay, della semplificazione dell’iter per il cambiamento di genere sui documenti e delle terapie farmacologiche per gli adolescenti transgender che, infatti, non compaiono nel programma. E divisione che si riflette nelle candidature: a Padova, per esempio, sono candidati nel collegio plurinominale Alessandro Zan, promotore della legge contro l’omotransfobia e sostenitore del riconoscimento dei figli delle coppie gay e lesbiche, e in quello uninominale Giampiero Della Zuanna, che nel 2016 aveva proposto una versione della legge sulle unioni civili che escludeva esplicitamente la genitorialità e che intendeva punire con il carcere le coppie gay che avevano figli con la maternità surrogata. Le ‘solite’ contraddizioni tipiche del mondo dem…

I programmi di altri partiti di centrosinistra

Non troppo dissimili sono i programmi degli altri partiti della coalizione di centrosinistra, da IC (Impegno Civico) di Luigi Di Maio e Bruno Tabacci, partito moderato ma che ha, al suo interno, deputate – oggi ricandidate – come Caterina Licatini, in Sicilia, che molto si sono spese per l’approvazione della legge sulla cannabis a uso terapeutico (la ‘modica quantità’).

O come, ovviamente, +Europa, che vede nel deputato uscente Riccardo Magi uno degli alfieri sia della pdl sulla cannabis (a prima firma Magi-Licatini) sia di quella sul fine vita, battaglia che, fuori dal Parlamento, è stata a lungo impugnata dai Radicali, da cui Magi viene, e da associazioni come la ‘Luca Coscioni’, il cui portabandiera (politico) è l’ex deputato del Pr Marco Cappato. Per non dire, ovviamente, dell’ala sinistra della coalizione, i Verdi-SI di Bonelli e Fratoianni, che, su questi temi, si sentono ‘più avanti’ di tutti.

Il Terzo Polo sui diritti civili è intermittente

«È necessario approvare quanto prima una legge contro l’omotransfobia, istituire l’Autorità Nazionale Indipendente per la Tutela dei Diritti Umani, rafforzando contestualmente le politiche attive contro le discriminazioni in capo alla Presidenza del Consiglio, e adottare iniziative di prevenzione e contrasto di ogni linguaggio d’odio» è scritto nel programma dell’alleanza di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Il Terzo Polo dice, dunque, sì alla legge contro l’omotransfobia, ma non fa menzione del riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso, né del matrimonio egualitario o dei diritti delle persone transgender.

Renzi, quando era presidente del Consiglio e segretario del Pd, ha promosso la legge sulle unioni civili. Dopo essersi inizialmente detto a favore della stepchild adoption (una forma di riconoscimento limitato per i figli delle coppie dello stesso sesso), ha poi deciso di espungerla dalla legge, sostenendo che altrimenti sarebbe stato impossibile trovare i voti per approvare le unioni civili, il che era oggettivamente vero.

Italia Viva ha votato il Ddl Zan alla Camera, ma quando il ddl è arrivato al Senato ha sì cercato un compromesso con il centrodestra, ma di fatto interrompendo l’approvazione della legge. Il Ddl fu poi affossato a voto segreto con una quarantina di franchi tiratori del centrosinistra e reciproche accuse tra i partiti di tutto l’emiciclo.

Calenda ha espresso forti dubbi sul ddl Zan, sul riconoscimento dei figli dei padri gay e sulle richieste del movimento transgender di facilitare l’iter per il cambio di genere sui documenti (è vicino alle femministe si oppongono alla maternità surrogata e diritti delle persone trans). Ad Azione hanno aderito le due ministre di FI Mariastella Gelmini e Mara Carfagna: nel 2016, quando ancora militavano in Forza Italia, furono tra i 10 parlamentari del partito che votarono a favore della legge sulle Unioni Civili. Mara Carfagna in questa legislatura ha firmato una legge per rendere la maternità surrogata un reato universale: renderebbe perseguibili in Italia i padri gay che hanno figli con la gestazione per altri fatta nei Paesi dove è legale (Canada e Usa).

I 5Stelle ai diritti civili pensano assai poco, ma hanno sostenuto molte proposte in Parlamento

Nonostante il forte impegno di molti parlamentari (in testa a tutti il presidente della I commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati, Giuseppe Brescia, non ricandidato dai 5s perché ha raggiunto il tetto del limite dei due mandati), l’immagine dei 5Stelle di Giuseppe Conte non ha mai, storicamente, brillato sul tema diritti civili.

Eppure, nel programma dei 5Stelle, è proposto il “matrimonio egualitario e una legge contro l’omotransfobia. Educazione sessuale e affettiva nelle scuole”. Matrimonio egualitario sì, dunque, come quello del Pd, ma non si fa menzione del riconoscimento dei figli delle coppie gay e lesbiche né dei diritti delle persone transgender. Il Movimento ha sostenuto il Ddl Zan, mentre ha avuto una posizione più altalenante sulle unioni civili e sulla ‘genitorialità gay’ e lesbica.

Il matrimonio egualitario sta, peraltro, nel programma dei 5 stelle dal 2014, quando l’84 per cento degli iscritti votò a favore delle nozze gay in una consultazione online del Movimento. Ma di fronte alla possibilità di riconoscere i figli delle coppie gay e lesbiche, anche solo nella forma limitata della stepchild adoption, il partito lasciò «libertà di coscienza» ai suoi parlamentari, sostenendo di fatto lo stralcio della genitorialità dall’allora proposta di legge Cirinnà. Poi, nel 2016, al momento dell’approvazione definitiva, non ha votato la legge sulle unioni civili, disertando la seduta, ufficialmente per protestare contro la scelta di un maxiemendamento al testo.

Ettore Maria Colombodi E. M. Colombo   
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