[ll punto] L’Ue lancia il Recovery Fund, pioggia di soldi per l’Italia: dove e in quali settori spenderli
Arrivano 750 miliardi di euro, dovrebbero attrarre capitali privati per 1800 miliardi l'anno. Ma ora inizia una trattativa durissima con i Paesi "ribelli"

Avete presente i western di una volta? Be', il Fondo per la Ripresa Europea dopo l'epidemia, annunciato oggi, al Parlamento europeo, da Ursula von der Leyen suona come la tromba del Settimo Cavalleggeri che arrivano in soccorso. Merkel e Macron, una settimana fa, avevano promesso molto ai paesi più in difficoltà, come l'Italia. Ursula ha rilanciato: non 500, ma 750 miliardi di euro, fra prestiti e sovvenzioni a fondo perduto. Sufficienti, dicono gli esperti, a mobilitare nei prossimi due-tre anni, con il concorso dei capitali privati, investimenti per 1.800 miliardi di euro. Ora inizia una trattativa durissima con i governi, agganciata al negoziato sul nuovo bilancio Ue, che deve essere approvato all'unanimità da tutti i 27 paesi, compresi i più riottosi, come Olanda, Austria, Svezia e Danimarca, e quelli dell'Est, dalla Polonia all'Ungheria, che temono di vedere limati i programmi di sostegno che l'Europa riserva loro.
Ma la partita non è chiusa
Probabilmente, il negoziato non si concluderà neanche al prossimo summit dei leader del 18 giugno. Ma se la presidente della Commissione ha pensato di esporsi pubblicamente come oggi, è perché pensa di riuscire a condurre in porto la barca che ha preparato. I soldi, dicono a Bruxelles, cominceranno a fluire da settembre, in tempo per l'esaurirsi degli interventi-tampone di emergenza, messi in campo, nelle ultime settimane, da tutti i paesi europei.
Quanti soldi sono
Nel piano ci sono 500 miliardi che verranno erogati a fondo perduto e non peseranno sul debito. E' la grande novità del Fondo. A questi si aggiungono altri 250 miliardi che verranno erogati come prestiti. Anche se questi ultimi soldi non sono gratis, converrà indebitarsi, perché il tasso di interesse sarà vicino allo zero e il rimborso ai creditori avverrà ben dopo il 2050. Gli investimenti su cui confluiranno i fondi Ue dovrebbero suscitare l'interesse dei capitali privati. Quindi, gli esperti calcolano che la potenza di fuoco del Fondo, affiancata dagli investimenti dei privati, arriverà a 1.800 miliardi di euro. Una cifra enorme, ma, in realtà, appena adeguata alla sfida. Gli economisti calcolano che lo stimolo per la ripresa debba essere dello stesso ordine di grandezza del colpo che epidemia e quarantena hanno inferto all'economia.. Oggi, la Bce ha fatto sapere di prevedere che, nel 2020, l'economia europea crollerà fra l'8 e il 12 per cento. I 1.800 miliardi corrispondono, grosso modo, al 10 per cento dell'economia Ue.
Quanti ne arrivano in Italia
L'Italia vale il 10 per cento circa dell'economia dell'Unione, ma avrà più del 22 per cento dei soldi del Fondo, perché la Commissione la riconosce come il paese più colpito. Dovrebbero arrivare 81 miliardi di euro a fondo perduto e 90 miliardi, invece, come prestiti, ma a tassi stracciati e da restituire fra oltre 30 anni. Un totale di 172 miliardi, che corrisponde al doppio delle maximanovre che, finora, il governo italiano ha potuto mettere in campo con le limitate risorse a disposizione. Volendo fare un conto grossolano, se si sommano i 172 miliardi del Fondo per la Ripresa, i 20 del Sure (il fondo per la cassa integrazione), i 20 miliardi della Bei per le garanzie dei crediti alle imprese e i 36 miliardi disponibili per la sanità del Mes, si superano i 240 miliardi, cioè tre volte le manovre di Palazzo Chigi. Altrettanto arriverà quest'anno, ma per comprare i titoli del Tesoro e sostenere il debito pubblico, dalla Bce. Totale del conto grossolano: l'Europa arriva in nostro soccorso con 500 miliardi di euro. E' quasi un terzo del nostro Pil.
Dove spenderli
Con i soldi europei, il problema per l'Italia, è – non da oggi – riuscire a spenderli. Il governo di Roma, per attingere ai soldi del Fondo, dovrà presentare un programma di spesa, coerente con le raccomandazioni che la Commissione, ogni anno, rinnova all'Italia. I soldi, dunque, dovranno essere spesi soprattutto per gli investimenti ecologici del Green Deal (pannelli solari, auto elettriche, isolamento degli edifici, idrogeno, ma anche riconversione delle acciaierie come l'Ilva) e per il digitale, a partire dalla banda larga. Sono i due comparti su cui la Commissione punta per tutta l'Europa. Nel caso italiano c'è da sostenere i due settori più colpiti dall'epidemia: i trasporti e, soprattutto - vitale per il nostro paese - il turismo. Ci sono poi le tradizionali carenze dell'economia italiana, su cui la Commissione è tornata, ancora una volta, pochi giorni fa, nel nuovo giro di Raccomandazioni annuali: rilanciare scuola e università, consolidare la sanità, sveltire giustizia e burocrazia. Negli anni scorsi, la Commissione ha più volte sottolineato un problema fisco. Il ministro dell'Economia, Gualtieri, potrebbe trovare, nei fondi europei, uno zoccolo su cui poggiare la riforma da 10 miliardi di euro, a cui pensa per alleggerire l'Irpef.
Chi paga
Bruxelles non troverà i soldi per il Fondo né con eurobond, né con coronabond. Li raccoglierà emettendo titoli a 30 anni, da ripagare a partire dal 2058, ma questi titoli non prevedono la garanzia solidale dei diversi paesi (per cui tutti sono responsabili se qualcuno non paga), né una ripartizione pro quota dell'onere. Ma è una differenza sottile, che ha fatto dire a più d'uno che l'Europa “ha varcato il Rubicone”. Perché i titoli sono emessi a livello sovranazionale, a carico dell'Unione e del suo bilancio, a cui tutti i paesi concorrono. Non sono i primi titoli Ue che entrano in circolazione, ma questa vale dieci volte le emissioni già in corso. E, anche se il Fondo avrà una durata temporanea, questo è un precedente cruciale per il futuro processo di integrazione. Per rimborsare i creditori si aspetterà qualche decennio, ma, alla fine, l'Italia potrebbe essere chiamata a versare la sua parte: un centinaio di miliardi nel 2058, contro i 171 incassati ora. Ma non è detto. Perché nei piani della Commissione c'è l'idea di finanziare il Fondo con soldi propri, raccolti con tasse comunitarie. Quali? Di ipotesi ne circolano molte.
Più tasse per i giganti americani
Una imposta su Facebook e Google e i giganti del web potrebbe fornire 1,3 miliardi di euro l'anno. Una revisione del regolamento sui permessi di emettere CO2, altri 10 miliardi. Una tariffa sui prodotti importati dall'esterno della Ue da paesi che non regolamentano le emissioni (favorendo così le proprie industrie) fra i 5 e i 15 miliardi di euro, a seconda di come verrà congegnata. Una imposta sui rifiuti di plastica altri 7 miliardi. Le idee, insomma, non mancano e alcune circolano da tempo. Sarebbero più che sufficienti ad alimentare i finanziamenti del Fondo per la Ripresa, ma, in realtà, sono terreno di scontro fra i governi, alcuni dei quali (quelli dei paesi più inquinanti) sono contrari, altri preferiscono riservarsi il diritto di imporre queste tasse a beneficio dei bilanci nazionali. Le tasse Ue costituirebbero, infatti, il terzo strappo epocale che Ursula von der Leyen imporrebbero alla struttura attuale della Unione. Risorse proprie, alimentate da tasse proprie si aggiungerebbero, infatti, ai finanziamenti a fondi perduto (pagati da tutti, ma dati ad alcuni), all'emissione di titoli in proprio Ue e al fatto, non scontato in partenza, che la gestione di questa gigantesca operazione di stimolo è stata saldamente messa nelle mani della Commissione di Bruxelles, un organismo politicamente assai più sensibile dell'insieme dei governi nazionali, responsabili, ad esempio, del Mes.
Lo scontro futuro
Sulla prospettiva di chiudere in fretta la partita e avviare al più presto il Fondo pesa il difficile negoziato che occuperà le prossime settimane. Nonostante le dichiarazioni di facciata, con lo spostamento della Germania (e dell'intero establishment tedesco) a favore di una Ue che si indebita per finanziare il Fondo, lo scontro non sarà sui principi della mutualizzazione del debito o sul bilanciamento sovvenzioni-prestiti. Il nodo, invece, sarà, probabilmente, l'equilibrio interno al prossimo bilancio comunitario: per far salire a bordo i frugali del Nord e gli opportunisti dell'Est, Ursula von der Leyen dovrà trovare il modo di garantire loro gli stessi finanziamenti di cui hanno goduto nei bilanci precedenti.