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[L’analisi] Manovra, i ministri chiedono soldi ma Tria ordina tagli: “Signori non c’è una lira….”

Tutte le richieste, da Fontana alla Grillo. Bocciati i nuovi assunti in polizia e carabinieri. Salvini su tutte le furie: “C’è stato un errore”.Una manovra da 26 miliardi ma mancano le coperture

Giovanni Tria, ministro dell'Economia
Giovanni Tria, ministro dell'Economia

I compiti per le vacanze sono durissimi per tutti, per i singoli ministeri e per il ministero che tiene i cordoni della borsa e deve tenere i conti in ordine. Quanto meno nei limiti dei parametri europei, a cominciare da quel 3% famoso del rapporto deficit/pil che invece sia Di Maio che Salvini avrebbero tanto voglia di sforare una volta per tutte e  chi s’è visto s’è visto. Dagli appunti circolati a palazzo Chigi nell’ultimo giorno di “scuola” prima della pausa estiva, la sensazione forte è che il bocciato in autunno sarà proprio il ministro Giuseppe Tria.Che visto da Bruxelles, ma anche dai mercati, è invece forse l’unico ad avere le carte in regola per la promozione.

“Se Tria mangerà il panettone? Ma, vedremo…” diceva a mezza bocca l’altro giorno uno degli uomini più potenti della Lega prima di chiudere per la pausa ferragostana. E ieri il plenipotenziario Giancarlo Giorgetti, intervistato su Libero dal direttore Pietro Senaldi, ha voluto mettere  le mani avanti. “A fine agosto mi aspetto l’attacco di mercati e speculatori- ha detto. “Capitò già a Berlusconi nel 2011: i mercati puntano ad un Paese e lo assalgono. La verità è che le elite italiane ed europee vogliono far abortire questo governo”. In tutta l’intervista non si fa minimo cenno al fatto che le promesse della campagna elettorale – di Lega e M5s - sono state velleitarie e propagandistiche e che ora, semplicemente, i soldi non ci sono. Più comodo scaricare la colpa su speculatori, mercati ed elite.  Apparecchiare l’alibi anziché ammettere con i cittadini: “Non possiamo darvi quello che avete chiesto. Abbiano scherzato”.

Lo schema dei compiti per le vacanze 

Nell’ultima riunione di mercoledì scorso a palazzo Chigi, sono stati dati per somme linee i confini della manovra: circa 26 miliardi di cui 7/8 per avviare la flat tax per famiglie e imprese; un paio di miliardi per le riforma dei centri per l’impiego e dunque i primi passi del reddito di cittadinanza; un miliardo per la conferma dei super ed iper ammortamenti (misura dei governi Pd e che tanto bene ha fatto alle imprese che hanno saputo investire); altri 4 miliardi circa se ne dovrebbero andare per ritoccare le pensioni e portarle a quota 100 (la somma di età anagrafica e anni di contributi); un miliardo per incentivi e assunzioni stabili; 12, 4 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva. Le coperture, al momento, dovrebbero arrivare da più deficit (tra i 10 e gli 11 miliardi), dalla pace fiscale (3,5 miliardi), 1-2 dalla spending review nei vari ministeri, 7-8 miliardi dalla tax expenditures, il taglio delle agevolazioni fiscali. Ma è stato subito chiaro che anche così, i conti non tornano. Perché il taglio degli sgravi è da sempre qualcosa che porta in piazza le lobby più feroci e intere categorie ed è politicamente, se la politica è consenso, una delle cose più difficili da fare. Perché la pace fiscale è arduo che  possa dare un gettito di 3-4 miliardi e perchè 11 miliardi  lavorando sul deficit possono risultare indigeribili proprio per quei mercati e per quegli speculatori che osservano l’Italia da mesi.

Tutte le richieste dei singoli ministri 

Infine perché tirare fuori altre uno-due miliardi dalla spending review nei vari ministeri sembra veramente un’ipotesi del terzo tipo. I singoli ministri, infatti, hanno già preannunciato al ministro Tria che anche loro hanno la loro manovra da fare. Cioè altri soldi da chiedere per i rispettivi bilanci. Altro che spending review. La lista completa arriverà a settembre. Qualcosa è già filtrato. Il ministro Lorenzo Fontana, un fedelissimo che Salvini ha “sacrificato” al ministero della Famiglia che non ha portafoglio, ha già detto chiaro e tondo che o gli danno “il portafoglio” – i soldi – o lui “ne trarrà le conseguenze”. Soldi per la famiglia e i disabili. “O molti progetti – ha spiegato - le attese sono tante perché queste deleghe prima non c’erano mai state. Ma senza soldi non posso fare nulla”.  Salvini l’altro giorno gli ha dato una grossa mano annunciando entro la fine della legislatura l’introduzione del quoziente famigliare, sgravi e aiuti per chi ha più figli. Un’edizione più allargata del bonus bebè. La ministra della sanità Giulia Grillo, impegnata com’è, come dice lei, “a difendersi tra un complotto e l’altro” sul fronte caldissimo dei vaccini,  ha in animo di chiedere 600 milioni l’anno per  garantire una promessa già annunciata e ripetuta: rivedere, allargandoli, i nuovi LEA (livelli essenziali di assistenza) che erano stati rivisitati dall’ex ministro Lorenzin. Di Maio fa saltare il banco chiedendo addirittura 6 miliardi per garantire gli asili nido gratis come misura per favorire il lavoro femminile. Il ministro per l’Ambiente Sergio Costa è stato in parte già accontentato visto che ha preso la delega per il dissesto idrogeologico (sciolta l’unità di missione a palazzo Chigi) e anche il miliardo e 200 milioni già in portafoglio. Il ministro dell’Agricoltura Gian Marco centinaio ritiene indispensabili 200 milioni da investire in promozione in Cina, Russia, Stati Uniti e Canada su uno degli asset dell’azienda Italia che pure ha meno bisogno di essere promosso: l’alimentare e il made in Italy.  Del resto, visto che il governo ha dato la delega del Turismo all’Agricoltura (Centinaio) togliendola ai Beni culturali (segno che per il premier Conte il turismo in Italia va incentivato per il food e non per l’arte), è necessario adesso dare soldi al progetto. Altri soldi servono con massima urgenza al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che ha promesso – ci ha fatto la campagna elettorale – più personale nella categoria dei giudici di pace  e più personale amministrativo per velocizzare i tempi della giustizia. 

I primi no anche a Salvini e Buongiorno

A secco in questa fase rischiano di restano anche Matteo Salvini e Giulia Buongiorno, la ministra alla Funzione pubblica. Ereditando una misura e un piano già messi a punto dal governo Gentiloni per l’assunzione di 8 mila agenti (1953 in Pd, 2155 nei Cc, 1125 nella GdiF, 816 agenti penitenziari e 1330 vigili del fuoco), è di due giorni fa la brutta notizia che, nonostante l’efficienza del ministro Buongiorno nel predisporre la pratica, il ministro Tria non ha voluto firmare il documento “perché non ci sono le coperture finanziarie”. Del resto, i 4-5 miliardi in più di interessi che andiamo a pagare per lo spread a 265, il più alto dal 2011, da qualche parte devono saltare fuori. E più o meno quegli interessi in più che dobbiamo pagare sono la porta sbattuta in faccia ai desiderata ministeriali. Su questo punto ieri Salvini ha cercato di dire che è tutto falso e nulla vero. Originando l’ennesimo conflitto con il collega Tria. Poco prima delle 14 se n’è saltato fuori con un comunicato in cui il ministro dell’Interno ha fatto anche il ministro economico e ha spiegato lui come stanno le cose. “Si all’assunzione straordinaria e alla conferma del turn over tra le forze di polizia. La copertura finanziaria c’è e non c’è alcuno stop da parte del governo. Il Mef darà il via libera la prossima settimana”. Giusto il tempo di fare una “riscrittura formale”. Da qui all’autunno rischia di partire un incendio per ogni dossier che finirà sul tavolo di Tria.

Rastrellamento di soldi 

Avendo chiaro questo quadro si capisce molto meglio anche certe operazioni come il congelamento dei bandi per le periferie (un miliardo e 800 mila) che ha provocato la rivolta dei sindaci O il disegno di legge della Lega che propone il taglio delle pensioni superiori oltre i 4 mila euro netti. E’ una misura che riguarda 190 mila pensionati e che dovrebbe produrre 500 milioni di euro l’anno da destinare subito al Fondo per le pensioni minime che da 450 passerebbero a 780 euro mensili.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani, giornalista parlamentare   
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