"Sostenibilità: come può vivere un’impresa che distrugge la casa dove abita? Occorre ripensare i business"
Gabriele Gabrielli, Ceo dello Studio Gabrielli, socio fondatore di Sostenabitaly, imprenditore, coach e docente della Luiss Guido Carli non ha dubbi: "E' un'occasione unica per cambiare il modo di concepire e produrre beni e servizi. Ma anche per costruire un mondo migliore"
Nell’accezione più nobile per Sostenibilità si intende la “condizione di un modello di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”. Si tratta di un tema fondamentale e il discorso sulla sostenibilità ambientale richiama le sfide della transizione ecologica, del cambiamento del modello di sviluppo e dell'innovazione digitale. Ma cosa significa questo per il mondo imprenditoriale e quali ostacoli si pongono alla realizzabilità concreta?
Ne abbiamo parlato con Gabriele Gabrielli, Ceo dello Studio Gabrielli Associati, socio fondatore di Sostenabitaly (la prima piattaforma in Italia di informazione, formazione e consulenza esclusivamente dedicata alla sostenibilità), imprenditore, coach, consulente e docente alla Luiss Guido Carli.
Professor Gabrielli, cos’è e cosa può rappresentare la sostenibilità per le aziende?
"La sostenibilità è una straordinaria opportunità per ripensare il business e il modo attraverso cui concepire, produrre e distribuire beni e servizi. Una vera e propria trasformazione nel fare impresa ma anche nel fare management. E sta diventando la sfida più significativa perché le imprese, anche le piccole e medie, possano stare su un mercato che diventa più esigente e sensibile al benessere di tutti. Le più giovani generazioni ce lo stanno mostrando con coraggio e freschezza. Un’altra ragione per cambiare e in fretta".
È vero che possono generarsi importanti opportunità?
"Certo. Ogni trasformazione genera opportunità e oggi le si possono cogliere anche grazie ai benefici portati dalla digitalizzazione che sta trasformando ogni cosa. Non c’è settore, processo produttivo e supply chain, occupazione che non siano toccate profondamente da questo. Un’opportunità per ri-scrivere le regole in modo da disegnare un’impresa capace di creare valore condiviso con tutti i suoi stakeholder che diventano – se vogliamo dirlo in altro modo – protagonisti attivi dell’impresa stessa. Tutto questo però lo si può cogliere solo se imprenditori e manager si aprono davvero anche a un cambiamento di mentalità. È questa convinzione che ci ha spinto a ideare e realizzare Sostenabitaly che ha come scopo quello di contribuire ad alfabetizzare giovani e adulti al paradigma della sostenibilità e ai suoi benefici, a formare cittadini e soprattutto PMI, ad accompagnare queste ultime lungo la strada che le renderà protagoniste di questa trasformazione".
Cosa significa e quanto è fondamentale tener conto del paradigma socioculturale?
"Cogliere anche questo aspetto è decisivo perché la sostenibilità non è una tecnica e guai a impoverirla rendendola soltanto una applicazione smart utile per imbellire il posizionamento dell’impresa e per strizzare l’occhio ai più giovani e a consumatori maggiormente attenti alle sorti del Pianeta. Qui si nasconde una delle trappole più pericolose che va evitata con decisione. La sostenibilità, in poche parole, ha natura antropologica prima ancora che economica e di business o di rispetto dell’ambiente. Dalla nostra prospettiva insomma la sostenibilità non può essere fatta a pezzi e servita in più portate: o è integrale o non è sostenibile. Sarebbe zoppa, non potrebbe camminare con il passo che le sfide di questo secolo sta imponendo a livello globale. Le imprese che si accontentano di una sostenibilità accorciata resterebbero indietro: in chiave economica vuol dire che uscirebbero dal mercato. Stiamo cercando una maggiore consapevolezza su questa visione delle PMI che ci avvicinano e che ci auguriamo di conoscere, sempre più numerose, nei prossimi mesi".
Perché si sostiene che in tal modo si può contribuire a costruire una società migliore?
Semplicemente perché accogliere il paradigma della sostenibilità integrale vuol dire contribuire al bene comune. "Un esempio può aiutare. Pensare che l’impresa non sia un progetto individuale ma sociale vuol dire mettere il profitto al posto giusto e non farlo diventare l’ideologia che giustifica ogni cosa. Conseguenze? Sono numerose. Per esempio significherebbe non tagliare i costi destinati a migliorare la qualità di quello che si fa o alla sicurezza del lavoro per trasformarli in investimenti che nel medio periodo daranno valore al patrimonio. Pensiamo alle morti bianche di queste settimane. Sono inaccettabili. Maggiore sicurezza significa tanta sofferenza in meno e anche minori costi sociali. Sono investimenti ad alto impatto sociale. Pensare che l’impresa ha una ragione diversa da quella di fare arricchire i proprietari e i manager, uno scopo sociale (un purpose come oggi si usa dire), vuol dire trattare con rispetto le persone che ci collaborano, remunerarle con equità cercando di ampliare la possibilità di rispondere a bisogni personali, familiari, del territorio innovando ed estendendo le iniziative di welfare aziendale. Un rispetto e una giustizia che va indirizzata a tutte le persone, non solo ai dipendenti. Anche i fornitori vanno rispettati. Lo sanno bene le piccole imprese che ancora troppo spesso sono costrette ad accettare condizioni di pagamento improponibili. Lavorano, offrono servizi e incassano magari dopo tre o quattro mesi. Nel frattempo però devono farsi carico di costi e molte sono costrette ad andare in banca. Può essere sostenibile questo? Infine, pensare l’impresa come un soggetto di questa natura significa esaltarne il suo protagonismo anche nel campo del rispetto e salvaguardia dell’ambiente e del Pianeta. Come potrebbe vivere a lungo un’impresa che distrugge la casa dove abita? È solo un impegno integrale di questo segno che attribuirà all’impresa lo status di cittadino di un paese e del mondo. Pensiamo che questa immagine possa aiutare le imprese a visualizzare bene il loro ruolo".
Quanto la pandemia e l’impatto ambientale hanno scatenato l'esigenza in imprese ed individui di perseguire la sostenibilità?
"La pandemia ha aperto gli occhi a molti. Ha fatto capire – con la forza del dolore e dello smarrimento - che pensare di farcela da soli è l’errore più imperdonabile che si possa commettere. Il mondo, la società, l’economia sono intrecciate con lo stesso filo: quello dell’interdipendenza che vuol dire che siamo tutti sulla stessa barca. La pandemia ha illuminato questo molto bene. C’è un esempio potente al riguardo. Durante la pandemia e il periodo di lockdown ci siamo accorti che senza il sacrificio di tanti lavori ai margini – come braccianti, addetti alla logistica, persone addette ai servizi di cura – non ce l’avremmo fatta. Senza il lavoro degli ultimi saremmo ancor di più rimasti isolati e sperduti. L’esperienza fatta allora indica che la via della sostenibilità – intesa integralmente e non a pezzi – deve diventare il faro per guidare il cambiamento. Ci sono tante cose da mettere al posto giusto, la sostenibilità ci invita a indossare le lenti giuste anche per cambiare la gerarchia con cui abbiamo gestito gli affari sin qui. La sostenibilità indica la strada da seguire e le scorciatoie da evitare. Solidarietà, giustizia, rispetto, benessere sono alcune parole chiave della segnaletica che le imprese e le persone incontrano lungo questa strada e che fanno parte di quel lessico che Sostenabitaly, con i suoi autori e docenti, consulenti e coach, condivide con quanti stanno iniziando a conoscerla. D’altro canto anche le evidenze sempre più schiaccianti dei nostri comportamenti irrispettosi del Pianeta che abitiamo ci stanno facendo riconsiderare l’urgenza con cui dobbiamo agire. Ancora una volta non da soli ma insieme. Non abbiamo più tempo, dobbiamo agire oggi è il messaggio più forte che sta emergendo dai lavori preparatori di queste settimane della COP26 che si terrà a Glasgow a novembre. Le ambizioni delle generazioni più giovani devono diventare quelle di tutti a cominciare proprio dalle imprese".
Quanto è importante la formazione e l’assunzione di consapevolezza da parte dell’elemento umano?
"La formazione e più in generale l’educazione sono l’investimento più importante da fare. Ci siamo formati nei decenni scorsi in ambienti nei quali questa sensibilità umana, economica, ambientale - che è il fondamento della sostenibilità - è stata trascurata. Abbiamo pensato a produrre senza limiti, a scartare senza ritegno, a cercare il benessere materiale dimenticando che la pasta di cui siamo fatti è relazionale. Ci siamo isolati nascondendoci dietro la maschera delle numerose connessioni che esibiamo in una competizione effimera e senza volti. La pandemia però ci fa scoprire vulnerabili e fragili, mentre le diseguaglianze che crescono ci arrivano come altrettanti pugni nello stomaco. Questo è il tempo della consapevolezza. Ogni investimento in questa direzione crediamo sia buono. Perché solo dalla consapevolezza può nascere il cambiamento. Solo quando qualcuno ci aiuta ad aprire gli occhi impigriti possiamo trovare l’energia per cambiare verso. È questa la scommessa che stiamo facendo anche con Sostenabitaly".
Cosa significa essere nativi sostenibili nella nostra era?
"Significa che dobbiamo guardare alle giovani generazioni come testimoni di un approccio alla vita, all’economia, al lavoro diverso, da accogliere e valorizzare. Un approccio che mette al primo posto il benessere integrale della persona, che sottolinea l’importanza del condividere e dello stare insieme agli altri come un bisogno dell’umanità, che ci dice che non si può non voler bene al Pianeta e alle sue ragioni".
Lei ha fiducia nella affermazione della sostenibilità in un immediato futuro? Cosa ci stiamo giocando?
"Stiamo facendo passi nella direzione giusta, ma questa trasformazione culturale, sociale, economica ha bisogno di tempo per essere prima interiorizzata poi tradotta in decisioni e comportamenti coerenti. Sia a livello di individui sia a livello di imprese. C’è anche una sostenibilità temporale, alla quale però la retorica della velocità che è diventata fretta ci ha disabituato provando a darle un’accezione negativa. E questa è un’altra trappola in cui non cadere. Perché anche la sostenibilità va sostenuta, come ci piace dire. Va sostenuta e tutelata costruendole attorno un cordone sanitario che la salvaguardi da quanti – e sono molti – vogliono infettarla con i virus che già circolano in abbondanza. Sono virus che prendono diverse sembianze. Per esempio si vestono di operazioni di marketing per imbellettare scopi d’impresa e prodotti insostenibili; oppure di campagne pubblicitarie che proclamano il cambio di passo dell’impresa verso la sostenibilità quando la rete è piena di chat nelle quali i dipendenti si lamentano di come sono trattati e pagati; o di costose rivisitazioni di siti aziendali che riproducono i diciassette obiettivi di sostenibilità dell’agenda ONU. Per questo occorre severità di giudizio e invitare ad essere vigili perché non dobbiamo consentire uno slittamento di senso della sostenibilità. Ma la sostenibilità integrale non è un vestito di stagione che può essere dismesso. La sostenibilità in cui crediamo è un modo diverso di guardare la vita e il mondo. È un modo diverso di concepire e fare business che non può essere contraffatto. È un modo diverso di guardare al lavoro, di organizzarlo e di gestirlo. La sostenibilità o ri-genera l’impresa o non è sostenibilità. Una volta presa la decisione poi c’è da intraprendere il cammino, lungo una strada che ha bisogno di segnaletica adeguata, di cultura e formazione, di pratiche e comportamenti, di persone che sostengano la sostenibilità in questo percorso. È questa la filosofia in cui credo e che guida il lavoro quotidiano di Sostenabitaly".