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[Il punto] Salvini e Tria frenano sul reddito di cittadinanza ma Di Maio è pronto a dare battaglia: anche per riconquistare il Nord

Il leader del Carroccio sembra preoccupato principalmente di introdurre flat tax e quota 100 per le pensioni. Il ministro dell’Economia invece pensa a tutelare i conti pubblici. Il vice premier pentastellato a sua volta è deciso a concretizzare la misura che più gli preme anche a costo di aumentare il deficit. Intanto però c'è un fatto: il leader leghista si incontra con Berlusconi e Meloni

Ignazio Dessìdi I. Dessì   
Di Maio, Salvini e Tria
Di Maio, Salvini e Tria

Ci sono promesse elettorali da rispettare, difficoltà da superare e sguardi da volgere al futuro. Il momento per M5S e Lega è particolarmente delicato. Occorre concretizzare i punti programmatici inseriti nel contratto di governo e stabilire quanta è solida la fiducia reciproca tra i due schieramenti di  maggioranza.

Da una parte le ristrettezze derivanti dalla necessità di tutelare i conti pubblici, di cui si è inevitabilmente fatto alfiere il ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria, sollevano ostacoli impegnativi sulla via della realizzazione. Dall’altra il vertice di Centrodestra tra Berlusconi, Meloni e Salvini in vista delle prossime regionali propone interrogativi sul futuro dell’alleanza gialloverde e sulla sua capacità di durata. Anche se i leader di Lega e Movimento 5 Stelle dichiarano che l’alleanza è solida, prima o poi le diffidenze reciproche e la convenienza elettorale potrebbero consigliare, soprattutto al Carroccio che ha lucrato ultimamente succulenti consensi, di staccare la spina.

Le attese programmatiche

La situazione è legata inoltre alla realizzazione delle attese programmatiche di ciascun partito: in particolare flat tax e pensioni a quota 100 per i leghisti e reddito di cittadinanza e pensioni minime a 780 euro per i pentastellati. Più ci si avvicina alla esigenza di trovare le coperture, però, e più il problema si complica.

Ultimamente il Carroccio ha riunito i suoi sottosegretari per mettere nero su bianco le proposte per la “manovra” e tutto è parso incentrarsi su flat tax e quota 100, così i nervi dei cinquestelle sono apparsi tesi più del solito. Il poco interesse della sponda verde per il reddito di cittadinanza è sembrato palese. Ma l’introduzione della misura per Di Maio e i suoi è fondamentale: una questione vitale per la stessa credibilità del Movimento.

Lega in agitazione

Fatto sta che il ministro Tria i soldi per realizzarlo, in tutto o in parte, non li ha ancora elencati e la sua preoccupazione è prioritariamente volta a non squassare i conti dello Stato, sottolineando la necessità di introdurre le eventuali novità con gradualità ed equilibrio. Per altro la sua ultima uscita, quella per cui il beneficio dovrebbe andare in base a un originario progetto pentastellato anche agli stranieri,  ha ovviamente agitato gli animi leghisti.

L'uscita è stata considerata abbastanza singolare da molti esponenti del M5S, visto che “il riferimento è relativo a un progetto precedente (quello di 5 anni fa) e non a quello inserito nel contratto di governo”. E non sono mancati i nuovi pressanti “inviti” a Tria a trovare i soldi necessari per la manovra, lavorando “sui tagli agli sprechi al posto di fare soldi facili con tagli orizzontali e aumenti di tasse, perché ad aumentare le tasse saremmo bravi tutti”. Parole del sottosegretario Stefano Buffagni, pronunciate a StaseraItalia dopo aver ricordato che “il reddito di cittadinanza è per gli italiani ma all’interno di quanto previsto dalla Costituzione”.

Matteo Salvini e Claudio Borghi

Salvini, affiancato subito dal deputato Claudio Borghi, ha precisato immediatamente che una misura come quella del reddito di cittadinanza va ovviamente destinata solo agli italiani.  Un altro piccolo fronte su cui le posizioni degli alleati potrebbero in parte divergere? No perchè lo stesso Di Maio ha chiarito durante un’intervista a Radio Anch’io su Radio 1, che il provvedimento sarà rivoltò solo ai cittadini italiani. 

Di Maio alla riconquista del Nord

Il ministro del Lavoro annuncia però, come riporta il Corriere della Sera, di voler andare a riprendersi i consensi del Nord, e per questo avrebbe in serbo un tour tra aziende e imprenditori per riproporre, tra l’altro, i temi della semplificazione e del Daspo per i corrotti. Il tentativo dovrebbe essere recuperare il terreno sottratto al Movimento dagli alleati del Carroccio. Ma è solo un aspetto: il punto fondamentale è realizzare le riforme più importanti e per farlo – ad avviso del vicepremier pentastellato – si può anche aumentare il deficit, pur tenendosi sotto il famoso 3 per cento nel rapporto col Pil.

Il confronto con la Lega passa anche per altri punti del contratto di governo: per esempio sicurezza e migranti. Il M5S intenderebbe poi smontare un pacchetto di privilegi e situazioni particolari che coinvolgono gli affitti d’oro, i vitalizi dei consiglieri regionali e le spese militari. Realtà da cui attingere risorse da convogliare in primo luogo sul reddito di cittadinanza, situazioni sulle quali però Salvini e company potrebbero, ancora una volta e nonostante le buone intenzioni,  vederla diversamente.

La nota al Def

Ad apparire certa allora, allo stato attuale, è solo la posizione granitica del ministro dell’Economia che non vuole cedere e difende strenuamente la stabilità dei conti pubblici. Posizione che ha fatto dire ieri in tv a Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano: "Spero ritenesse quando ha accettato l'incarico che almeno un inizio delle clausole del contratto si sarebbe potuto realizzare”. Salvini e Di Maio dal canto loro non mollano e chiedono di poter realizzare i capisaldi dei rispettivi programmi. A questo apparente braccio di ferro, come si fa notare da tante parti, c’è tuttavia un limite: quello della nota di aggiornamento al Def, il documento di economia e finanza, che imporrà di scrivere in concreto e con i numeri cosa si vuole fare.

Il premier Conte con il ministro Tria

E si dovrà tener conto purtroppo – come nota oggi la stampa e in particolare il Corriere - di alcuni dati concreti: il Pil sembra non crescerà più dell’1,5%, l’economia frena e serve una maggior spesa per gli interessi sul debito (4 o 5 miliardi nel 2019) a causa dell’innalzamento dello spread. C’è poi la questione dell’inertizzazione delle clausole di salvaguardia con la spada di Damocle dell’aumento dell’Iva. Tutte vicende che spingono il deficit sopra il 2% per il prossimo anno. La posizione del ministro Tria sarebbe tuttavia orientata a contenerlo entro l’1,7% per garantire almeno un piccolo ridimensionamento del debito pubblico.

In soldoni ciò significa reperire circa 7 miliardi. Per far fronte alle “esigenze” di 5stelle e Lega bisognerà poi tirar fuori in qualche modo almeno altri 16 o 18 miliardi.

Le pensioni

Un aspetto particolare riguarda infine le pensioni. Il ministro dell’Economia e Finanze preferirebbe, a quanto sembra, mantenere il limite dei 67 anni di età così come prefissato dalla Legge Fornero a partire dal 2019 e introdurre l’ormai nota quota 100 solamente a vantaggio di talune  categorie svantaggiate. Per il resto utilizzare, incentivandoli, i fondi di categoria per mandare in prepensionamento i lavoratori in esubero. Ma occorre vedere se gli altri esponenti dell’esecutivo, e in particolare Salvini, la pensano così.

 

Ignazio Dessìdi I. Dessì   
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