Ondata di saldi o una corsa sfrenata dei prezzi: le due teorie per uscire dalla crisi economica. Come finirà?
Fra gli economisti di professione, il dibattito infuria, attizzato da una inevitabile carenza di dati e statistiche, azzoppate dalla quarantena. I pochi disponibili puntano in direzioni opposte

E adesso? Ora che stiamo per tornare a mettere il naso fuori casa, a ragionare sulle prossime vacanze, a fare la prova costume finalmente con il bikini 2020 dobbiamo aspettarci una corsa sfrenata dei prezzi per recuperare il tempo perduto? O un'ondata di saldi a tempo indefinito per allettare consumatori riottosi? Inflazione o deflazione? Fra gli economisti di professione, il dibattito infuria, attizzato da una inevitabile carenza di dati e statistiche, azzoppate dalla quarantena. I pochi disponibili puntano in direzioni opposte. Il mancato arrivo degli stagionali nei campi sta spingendo in su il prezzo del cibo: nell'ipotesi (improbabile) che i rialzi dei listini registrati nelle ultime settimane continuino allo stesso ritmo per tutto l'anno avremmo una inflazione alimentare a due cifre.
E Goldman Sachs, una delle più grandi banche di investimento al mondo, consiglia ai suoi clienti di comprare oro, il classico bene rifugio contro l'inflazione. Con il prezzo del petrolio a minimi record, però, forse Goldman Sachs è in minoranza fra i suoi stessi colleghi.
Valutando il prezzo di titoli appositamente pensati per consentire agli investitori di compensare il rischio di una ripresa dell'inflazione, gli esperti calcolano che l'inflazione attesa dai sofisticati operatori dei mercati finanziari sia meno 1 per cento nel 2021, 0 per cento nel 2022, 1,9 per cento fra 5 anni e 1,16 per cento fra 10 anni. Profumo di depressione, più che odore di bruciato da fiammate inflazionistiche.
E, in effetti, personaggi di peso, come il capo della Federal Reserve americana, Jay Powell, o l'ex capo economista del Fondo monetario internazionale, Olivier Blanchard, guardano da questa parte: l'economia è troppo debole. Sull'altra sponda, chi pensa che, invece, l'inflazione sia inevitabile, per motivi prima ancora politici che economici: la corsa dei prezzi conviene ai governi e ai sindacati. Ecco gli argomenti dei due schieramenti.
“L'inflazione ci travolgerà”
Le banche centrali stanno inondando di denaro facile le economie e i governi l'hanno moltiplicato e distribuito a pioggia. Il risultato è che gran parte dei redditi, nonostante chiusure e quarantene – sostengono gli economisti del partito dell'inflazione – hanno mantenuto il loro potere d'acquisto che adesso si scatenerà in una corsa a comprare cose che non ci sono, perché le fabbriche erano chiuse. Troppi soldi a caccia di troppo pochi beni è la classica leva dell'inflazione, che viaggia, però, anche su tendenze più profonde.
La probabile nuova ondata mondiale di tariffe protezionistiche spingerà in su i prezzi, mentre la deglobalizzazione in atto, riportando in patria le fabbriche, aumenterà il potere contrattuale dei lavoratori e le loro buste paga. L'aumento della disoccupazione non agirà da calmiere, perché, in realtà, la perdita di posti di lavoro è concentrata in settori specifici – come il turismo, i ristoranti, l'intrattenimento – e non sfocia nelle fabbriche.
Il risultato sarà una inflazione annuale - valuta un economista autorevole come Charles Goodhart - almeno del 5-10 per cento. E i governi si guarderanno bene dal tamponarla. Anzitutto, per motivi elettorali. Dopo aver distribuito a piene mani incentivi, sussidi, favori fiscali i governi troveranno molto difficile fare marcia indietro davanti ad elettori che si sono abituati al nuovo regime. Il debito pubblico, eccezionalmente gonfiato in questi mesi di stimoli fiscali a tutto raggio, diventerà dunque sempre più difficile da comprimere. Ma proprio una inflazione sostenuta consente di erodere il suo rapporto con il Pil, perché i prezzi gonfiano anche il Pil. D'altra parte, per frenare l'inflazione bisognerebbe alzare i tassi di interesse e quale governo sarà disposto a farlo a costo di strozzare anche la ripresa?
“No, ci affonderà la deflazione”
Questo scenario è largamente immaginario per chi, piuttosto che il fuoco di una economia surriscaldata dall'inflazione, teme il grande freddo di una deflazione. L'orgia di acquisti post quarantena? Improbabile. L'epidemia – dicono gli economisti su questa sponda - non è come una guerra, in cui si celebra in un giorno la vittoria, ma una lenta uscita dall'emergenza, segnata, probabilmente da blocchi e ricadute. La gente preferirà risparmiare in vista dell'incerto futuro.
Questa, in effetti, l'indicazione che viene da un sondaggio appena pubblicato sul sito de “lavoce.info”, da cui risulta una gran voglia di tornare nei parchi, sulle spiagge e dal parrucchiere, ma grande diffidenza verso palestre, piscine, bar e ristoranti. Solo un terzo degli intervistati programma di tornare a mangiar fuori, solo un quinto a dormire in albergo e non più del 36 per cento a rimetter piede in un centro commerciale.
La mancata ripartenza dei consumi è la preoccupazione che spinge economisti come Guido Tabellini a invocare misure eccezionali come una sospensione temporanea dell'Iva per invogliare gli italiani a spendere. Senza domanda, infatti, le imprese, già con debiti a livelli record prima dell'epidemia e ora ulteriormente appesantite dalla nuova ondata di prestiti, saranno spinte a rinviare gli investimenti almeno fino a che non arriva un vaccino. Significa che la recessione si prolunga e la disoccupazione, invece di ridursi, si stabilizza. Con tanti saluti agli aumenti salariali pronosticati dal partito dell'inflazione. Ma anche agli stimoli e agli incentivi di quest'anno alle famiglie: sono tutti temporanei e limitati a pochi mesi: nei fatti, nelle misure appena prese, è incorporato un controstimolo, a meno che la ripresa non arrivi rombando.
Un dibattito analogo ci fu dopo la crisi del 2008. Molti sostenevano che gli stimoli fiscali dei governi e l'allentamento monetario delle banche centrali avrebbero riacceso l'inflazione. Non è successo. Al contrario, le banche centrali tentano da dieci anni, senza riuscirci, di riportare l'inflazione al 2 per cento, segno che ci sono tendenze profonde nell'economia che limitano i prezzi. La discussione fra gli economisti – fra chi ritiene che si sia esagerato, fino a risvegliare l'inflazione e chi pensa che non si sia fatto abbastanza – non è, tuttavia, un confronto teorico. Anticipa, invece, il dibattito che ruberà la scena l'anno prossimo. Perché se il 2020 è stato l'anno dell'emergenza, il 2021 sarà quello in cui bisognerà decidere se – e quando – uscirne.