Riforma pensioni, arriva l’ipotesi dell’Ape sociale strutturale: ecco di cosa si tratta
La proposta riguarderebbe la possibilità di applicare il meccanismo dell’Ape in primo luogo ai lavoratori più svantaggiati. Se n’è parlato durante un workshop promosso presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL)

Mentre la riforma del sistema pensionistico diventa sempre più necessaria ed urgente, torna a galla l’esigenza di introdurre elementi di maggior flessibilità in uscita, per evitare di dover lasciare obbligatoriamente il lavoro alla soglia dei 70 anni. Si parla a questo proposito di rendere strutturale il meccanismo dell’Ape sociale dandogli certe connotazioni.
Se n’è parlato anche qualche settimana fa, durante il workshop promosso presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL). Secondo quanto emerso la misura sarebbe un adattamento del vigente Ape social che consente di uscire dal mondo del lavoro con i 63 anni di età (e 30 anni di contributi) a patto di appartenere a talune categorie come i disoccupati, i caregiver, invalidi e lavoratori che hanno svolto le attività gravose previste nell’apposito elenco.
Funzionerebbe insomma alla stregua di un trattamento di accompagnamento alla pensione vera e propria.
L’ipotesi Tridico
Tale ipotesi va dunque ad aggiungersi ad altre attualmente sul tavolo, come la cosiddetta proposta Tridico (attuale presidente Inps) basata sulla possibilità di accesso alla pensione al raggiungimento dei 64 anni. In una prima fase però, quella antecedente i 67 anni, si percepirebbe solo un assegno calcolato sui versamenti contributivi. Ovvero quelli relativi al periodo dal 1996 in poi. La seconda parte, quella relativa al sistema retributivo (contributi versati prima del 1996), invece, verrebbe corrisposta solo una volta compiuti i 67 anni. Questa soluzione garantirebbe la possibilità per i lavoratori che volessero farlo di anticipare il pensionamento, e allo stesso tempo quella di non pesare negativamente sulle casse dell’Inps.

L’Ape sociale strutturale
Ma torniamo alla ipotesi di Ape sociale strutturale. Come dovrebbe funzionare?
In sostanza, spiegano gli esperti, l’Ape diverrebbe una pensione contributiva di garanzia a carico dello stato. Lo scopo sarebbe prima di tutto di agevolare la flessibilità per il pensionamento ai lavoratori più svantaggiati. Un meccanismo ponte per appianare le differenze tra i vari tipi di categorie lavorative.
Un meccanismo da estendere
Un meccanismo da estendere, secondo l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, anche ai disoccupati che non hanno fruito degli ammortizzatori sociali, perché mancanti dei requisiti richiesti oppure perché rimasti senza lavoro a seguito della scadenza dei contratti a termine. In definitiva la posizione di Damiano sembra quella di voler garantire l’Ape a più persone possibile. Sarebbe necessario dunque avviare un confronto per allargare l’ambito a molte categorie di lavoratori attualmente esclusi.
L’estensione dell’Ape Social dovrebbe riguardare, per esempio - oltre ai lavoratori a tempo determinato - anche gli autonomi.