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Ex Ilva: ma il settore dell'acciaio va veramente così male? Ecco cosa abbiamo scoperto

Dopo il recesso di Arcelor Mittal, si è prospettato da più parti che tale decisione fosse fortemente condizionata dall’andamento negativo del mercato

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
Ex Ilva: ma il settore dell'acciaio va veramente così male? Ecco cosa abbiamo scoperto

Il 12 novembre Arcelor Mittal ha depositato presso il Tribunale di Milano l’atto di citazione per il recesso dal contratto di affitto dell’Ilva, formalizzando la volontà di abbandonare gli impianti italiani. Nei giorni scorsi si è prospettato da più parti che tale decisione fosse fortemente condizionata dall’andamento negativo del mercato dell’acciaio. E facilmente vien da chiedersi: ma l’acciaio va veramente tanto male?

Il mondo va, l’Europa recupera

Lo scorso 14 ottobre la World Steel Association, l’associazione mondiale dei produttori d’acciaio, i cui membri rappresentano circa l’85% della produzione mondiale, ha reso note le sue previsioni per il 2019-20. Secondo l’associazione, il 2019 dovrebbe chiudersi con una crescita della domanda mondiale del 3,9%, mentre il 2020 dovrebbe registrare un’ulteriore crescita dell’1,7%. A guidare l’aumento della domanda quest’anno è la Cina, il cui ruolo si indebolirà però il prossimo anno a favore di quello delle economie più dinamiche dell’Asia. I Paesi sviluppati soffrono un po’ quest’anno, ma dovrebbero registrare una leggera crescita nel 2020. Insomma il quadro generale, benché non tale da indurre a stappare lo spumante, non appare neanche così terribile e oscuro.
E l’Europa? Dipende. Le previsioni di cui sopra ipotizzano che il 2019 si chiuderà all’insegna di un leggero calo della domanda, cui dovrebbe però seguire l’anno prossimo una ripresa più o meno analoga. In pratica alla fine del 2020, la domanda dovrebbe essere circa la stessa della fine del 2018. E vale la pena notare che, dopo cinque anni di crescita ininterrotta, quello è stato l’anno in cui il mercato europeo dell’acciaio ha raggiunto il suo picco. L’Associazione Europea dei produttori di acciaio (Eurofer) è più pessimista. Almeno per quanto riguarda il 2019, per il quale prevede una contrazione più sensibile rispetto all’anno precedente. Concorda però sull’ipotesi di ripresa nel 2020 che si riporterebbe a livelli vicini all’anno record del 2018. Insomma, tra crisi dell’automobile, rallentamento della Germania, Brexit e dazi trumpiani, il 2019 è sicuramente stato un anno complicato per il mercato dell’acciaio in Europa, ma per il 2020 le cose si dovrebbero riassestare alquanto.

E l’Italia?

L’Italia è un grande produttore d’acciaio, almeno fino ad ora. Il decimo al mondo e il secondo in Europa, dopo la Germania. Che è anche il suo principale mercato di destinazione. Ma anche gli altri paesi della UE sono importanti: il 70% dell’acciaio prodotto in Italia viene esportato e il 60% delle esportazioni va verso otto paesi europei. In breve, se il mercato europeo va bene, la domanda di acciaio italiano va bene, e viceversa. Fino al 2018 era andata bene, è infatti anche per il nostro paese quello è stato un anno record per la produzione siderurgica. Nel 2019, è andata male, la Germania per dirne una, dovrebbe chiudere con un calo della domanda d’acciaio del 6%. Ma l’anno prossimo è opinione condivisa che le cose andranno meglio e il mercato europeo dovrebbe riprendere a crescere, seppur moderatamente.

C’è chi ce la fa e chi no

Naturalmente, maggior domanda non vuol dire automaticamente maggiori vendite e quindi maggiore produzione. Parte dell’industria siderurgica europea non è stata al passo coi tempi, mantenendo processi di produzione vecchi, adatti a un mondo che non esiste più, e oggi relativamente più costosi. Le ristrutturazioni e le cessioni di impianti sono frequenti, ultimo esempio quello della vendita della britannica British Steel alla cinese Jingye, avvenuta in questi giorni in un misto di sollievo e preoccupazione che anche qui le cose possano andare storte. Ma ci sono anche imprese che sono riuscite a cambiare, innovare e crescere. Ce ne sono in Europa e ce ne sono in Italia, come Marcegaglia e Arvedi, rispettivamente primo e terzo produttore del paese. Il secondo è, o forse era, Arcelor Mittal. Il primo gruppo al mondo. Un mondo la cui domanda d’acciaio l’anno prossimo crescerà.

 

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
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