Eppur si muove. La Commissione Ue mette per scritto quattro mosse per bloccare i prezzi
Oggi e domani il vertice informale di Praga, quindi senza decisioni ufficiali. Saranno però prese decisioni in vista del vertice del 20-21 ottobre. I tre diversi price cap du Ursula. E già soldi nel RePower Ue, il capitolo del Next generation Eu sull’energia.

La differenza è in una parola: non più “studiare” ma “agire”. E per la prima volta alla vigilia di un vertice Ue c’è ottimismo tra i tecnici italiani che seguono i dossier circa la possibilità che “finalmente saranno assunte decisioni per calmierare il prezzo del gas”. Dopo nove mesi di richieste e suggerimenti - la prima volta volta se ne parlò nell’ultimo consiglio Ue del 2021 - e rimbalzi al prezzo del gas che hanno raggiunto i 350 euro per chilowattora (da dieci giorni siamo intorno ai 160), essere “ottimisti” può sembrare poca cosa, se non un insulto rispetto all’emergenza in corso: 300 mila aziende a rischio chiusura entro la fine dell’anno; aumenti per famiglia fino a 2000 euro (stime Assoutenti); la rabbia sociale in piazza dove il movimento #iononpago organizza manifestazioni in tutta Italia per invitare a non pagare le bollette. Eppure stare attaccati a quella parola è la premessa di novità sostanziali.
A un passo dal caos europeo
La Ue dunque fa una prima, vera mossa sul tetto al prezzo del gas. Ad una manciata di ore dal vertice nel Castello di Praga. Con gli occhi di tutti puntati sul baratro del caos, rappresentato dalla frammentazione del mercato interno Ue certificato proprio dal cancelliere Scholtz che ha rotto ogni patto mettendo a disposizione dei tedeschi 200 miliardi. Una scelta che ha messo in forte imbarazzo Ursula von der Leyen e il suo stesso ruolo. Ne ha offuscato, potremmo dire, quanto fatto finora.
Nella lettera preparata prima del summit Ursula von der Leyen abbandona la parola “studiare” e la sostituisce con “agire”. Le direzioni indicate sono quattro e tre di queste contemplano una sorta di price cap. Nel primo caso si tratta di un tetto negoziato con i fornitori, nel secondo di una limitazione dei prezzi legati all'indice Ttf del mercato di Amsterdam, nel terzo di un cap al prezzo del gas che determina il costo, altissimo, dell’elettricità.
L'Ue quindi si muove ma non si devono alimentare illusioni: i tempi per vedere le conseguenze di queste decisioni sul valore delle bollette non saranno rapidissimi. Chi si aspetta conseguenze immediate resterà deluso. Si calcolano almeno due, tre mesi per vedere gli effetti sulle bollette. Tutto questo perché sul price cap l'Europa è ancora spaccata sostanzialmente in due fazioni. La prima sostiene di poter agire a livello nazionale sul prezzo, senza intaccare quelli di importazione in Ue. Si tratta, in sostanza, dei Paesi che hanno elevato spazio di bilancio, Germania in testa. Dall'altra parte c'è chi sostiene la messa a punto di un cap comune: sono i Paesi ad altro debito, che non possono certo mettere sul tavolo i duecento miliardi dello scudo tedesco. E che, nel caso il caro bollette non si fermi, rischiano danni alle loro industrie più energivore, con conseguenze che andrebbero ben oltre i confini nazionali.
Difficile quindi arrivare all’intesa a Praga, nonostante due videoconferenze dei ministri europei dell'Energia che hanno avuto luogo mercoledì. Potremmo dire che alle luce delle spaccature emerse e considerati i muri alzati ad ogni Consiglio Ue in questi mesi, Bruxelles tenta di procedere con il metodo a tappe: dopo una prima discussione al vertice dei leader di venerdì, Palazzo Berlaymont proverà a disegnare una proposta da portare al Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre.
Tre diversi price cap
Il vertice di Praga, è informale, non prevede decisioni ufficiali e neppure una dichiarazione finale su modello di quella che invece concluse il summit di Versailles a marzo: il tempo è poco e gli argomenti da affrontare sono troppo urgenti per negoziare su ogni parola da mettere in una dichiarazione ufficiale (che ha il peso dell’impegno ufficiale). A Praga all’ordine del giorno ci sono anche la guerra in Ucraina, il sostegno militare a Kiev e l’inflazione che sta mettendo in ginocchio l’Europa. E’ chiaro che tutta l’attenzione è sul gas e energia che pesano sull’inflazione almeno per la metà. Le parti in campo sono ormai note: Italia e Francia guidano una coalizione di 15 Stati membri e sono a favore di un tetto al prezzo di tutto il gas importato in Ue. Un intervento osteggiato invece da Paesi del peso politico della Germania e dei Paesi Bassi (ma anche della stessa Commissione europea) che temono rischi per l’approvvigionamento. La differenza, questa volta, è la lettera di Ursula von der Leyen ai leader dei 27 paesi.
Nella sostanza contiene una roadmap sulle iniziative da discutere e che l'Ue potrebbe adottare per far fronte all'aumento dei prezzi. Von der Leyen indica i negoziati con i partner affidabili dell'Ue (Norvegia e Usa) con cui dar vita a “corridoi” di prezzi per ridurre i costi delle forniture da parte di questi partner. Un’altra misura è la piattaforma per gli acquisti congiunti di energia per evitare ancora più frammentazione. Si ipotizzano anche ulteriori finanziamenti al piano 'RepowerEu' per l'indipendenza energetica dalla Russia, in pratica un nuovo capitolo del Next generation Eu aggiunto proprio mesi fa alla luce dell'emergenza energetica e il cui regolamento è stato approvato in questi giorni da Ecofin. Repower al momento ha 300 miliardi da dividere tra i 27. Troppo pochi, senza dubbio. Von der Leyen ipotizza infatti un maggior budget.
Nelle stessa lettera la presidente conferma il lavoro della Commissione su due diverse tipologie di tetto al prezzo del gas, che dovrebbero essere discusse dai leader: un tetto al prezzo del gas usato per la produzione di energia elettrica, dal momento che “i prezzi elevati del gas stanno determinando i prezzi elevati dell’elettricità” si legge nella lettera; e un tetto “temporaneo” al prezzo del gas scambiato dentro la Ue in relazione al mercato di riferimento (Ttf di Amsterdam) “in un modo che continui a garantire la fornitura di gas all'Europa e a tutti gli Stati membri e che dimostrerebbe che l'Ue non è pronta a pagare qualunque prezzo per il gas”. In pratica un tetto solo per il gas scambiato internamente all'Europa, non quello importato in Ue e soprattutto non solo quello russo. Quest'ultimo intervento dovrebbe essere temporaneo in attesa dell'introduzione di un nuovo parametro di riferimento complementare al Ttf che sia più rappresentativo del mercato energetico europeo di oggi, in cui sono aumentate le forniture di Gnl. Tutto questo, si precisa sempre nella lettera, anticiperà la riforma strutturale del mercato elettrico (che dovrebbe arrivare entro fine anno).
Stop alla borsa di Amsterdam
Nel mirino sembra destinato a finire anche l'indice Ttf. Von der Leven, nella lettera, afferma che “non è più rappresentativo e che l'Ue paga troppo il suo gas". Ecco che, in vista della non facile istituzione di un nuovo benchmark complementare, la Ue lavorerà “alla limitazione dei prezzi” legati al Ttf. Per l'Italia si tratta di un notevole passo avanti, sebbene un po’ tardivo. Meno soddisfacente, per Roma, è l'idea di un price cap solo al gas che ha un impatto sul prezzo dell'elettricità: si tratta, in sostanza, del modello di decoupling di Spagna e Portogallo. Con un'appendice: chi paga il differenziale tra il prezzo amministrato e quello di mercato? Complessa anche la messa a punto di un price cap solo agli scambi di gas interni all’Ue. Nel breve periodo, un tetto negoziato con i fornitori come Norvegia, Algeria e Usa potrebbe essere la mossa che dà conseguenze immediate. Sugli stock comuni, che dovrebbero passare da volontari a obbligatori, si osserva che “la misura attuale, su base volontaria, non essendo stata coordinata, potrebbe aver provocato un aumento dei prezzi. Serve, insomma, un serio coordinamento e guai a fare da soli. Come ha fatto proprio Berlino mettendo sul tavolo quei 200 miliardi. Da notare, incidentalmente, che domenica si vota in Bassa Sassonia. E’ un test fondamentale per la coalizione Spd-Verdi-liberali al governo. Difficile che Scholtz faccia o dica qualcosa di impopolare da qui a domenica.
La destra italiana fa mancare i voti in Europa
Questo il quadro della situazione a Praga avendo già gli occhi puntati a Bruxelles. Intanto però succedono sempre cose strane, diciamo così. Patrizia Toia, vicepresidente della Commissione Industria ed Energia al Parlamento Europeo e Brando Benifei, capodelegazione eurodeputati PD ieri hanno denunciato il voto contrario di Fratelli d’Italia e Lega su proposte di price cap. “Un chiaro tetto al prezzo del gas, il disaccoppiamento dei prezzi tra elettricità e gas e il blocco di azioni speculative sui prezzi. Queste erano le nostre proposte e su cui il Parlamento Europeo si è espresso con una risoluzione molto ambiziosa alla vigilia del Consiglio Europeo straordinario di Praga. Ma sull'urgente disaccoppiamento del prezzo dell'elettricità da quello del gas sono mancati i voti della destra italiana di Fratelli d'Italia e di Forza Italia”. Eppure Giorgia Meloni, che ieri ha accusato il governo Draghi di essere indietro sul Pnrr ma è stata smentita dati alla mano e soldi in cassa, da giorni ripete che abbassare il prezzo del gas è la priorità numero 1.