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Ecco i progetti di sviluppo che possono far risorgere le zone colpite dai terremoti

Nomisma ha presentato una serie di iniziative, per un costo complessivo di qualche decina di milioni di euro, che hanno il pregio di non tradire la vocazione economica dell’area

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
Ecco i progetti di sviluppo che possono far risorgere le zone colpite dai terremoti

Perché certe zone colpite da catastrofi naturali risorgono rapidamente e altre, invece, non riescono a scrollarsi di dosso l’etichetta di “area disastrata”? Non è un problema di tempi, non è un problema di soldi, non è un problema di impegno degli abitanti. O, almeno, non è solo questione di fondi, volontà, scadenze. Dalla gragnuola di terremoti che hanno colpito gli Appennini, fra Marche, Lazio, Abruzzo e Umbria  sono passati, ormai, quasi tre anni. Chi ha visto la devastazione, nell’estate del 2016, scommetteva che la gente avrebbe voltato le spalle alle proprie case in macerie e alle proprie radici sepolte, ma non è andata così: ad Amatrice, a Norcia, a Tolentino gli abitanti si aggrappano disperatamente alla propria storia. E le risorse messe in campo sono state ingenti: fra fondi italiani ed europei, circa 16 miliardi di euro. Ma la ricostruzione non decolla: solo per una casa su dieci, di quelle danneggiate, è in atto una richiesta di contributo di risanamento.

C’è qualcosa d’altro, a giustificare lo stallo, oltre agli impaludamenti della burocrazia? Secondo Nomisma, uno dei più importanti centri studi italiani, la causa principale della paralisi è in un altro terremoto: quello avvenuto, lentamente, prima del sisma del 2016. Un terremoto sociale ed economico che nei passati decenni ha investito un po’ tutte le aree, collinari e montagnose, dell’interno del paese: sempre più spopolate, con tassi di vecchiaia tra i più alti a livello mondiale e, nonostante la bellezza di monumenti e paesaggi, fuori dai flussi turistici principali. Chi ci passa racconta di una campagna ricca e promettente, ma le aziende sono frammentate, poco competitive, arretrate. Il requisito fondamentale per far ripartire le aree terremotate, insomma, non è rifarle come erano, ma, anzitutto, rivitalizzarle e ammodernarle.

Nomisma ha presentato una serie di progetti di sviluppo, per un costo complessivo di qualche decina di milioni di euro, che hanno il pregio di non tradire la vocazione economica dell’area – fra agricoltura, turismo e welfare -  e di essere ampiamente distribuiti su una ampia platea di soggetti. Ecco i principali.

LA CAPRA BIO. E’ l’agricoltura bio - al centro, oggi, della moda del cibo - la prima indicazione. Sono colline e montagne – queste, come in tante altre aree interne del paese -  adatte alle capre, produttrici di un latte supermagro e ricercato. Le aziende, spesso, ci sono già: si tratta di aiutarle a dotarsi di animali migliori, di riconvertirle dal tradizionale al biologico, di fornire uno scivolo e uno sbocco ai loro prodotti. Latte, yogurt, formaggi. L’idea è quella di creare una filiera che dall’allevamento alla lavorazione alla commercializzazione compatti e organizzi la produzione. Impiantarla significa investire meno di 1,3 milioni di euro in due anni, per creare quattro centri di lavorazione del latte (uno per ogni regione interessata) e di assistenza veterinaria.

2000 PROSCIUTTI. A Roma, ancora fino a qualche anno fa, i salumieri si chiamavano “norcino” perché vendevano i salumi che provenivano dall’area di Norcia. E, tuttora, il prosciutto di Norcia è il prodotto di eccellenza delle zone interessate dal sisma. Da solo, vale circa un sesto di tutta la produzione lorda vendibile dell’agricoltura locale. E il prosciutto illustra bene le debolezze dell’economia di quelle montagne: ci sono 190 mila maiali distribuiti su quasi 4 mila allevamenti, ma, per tre quarti, questi allevamenti non sono niente di più del maiale che si consuma in famiglia. Invece, il prosciutto di Norcia è un brand  con grandi potenzialità di sviluppo, anche all’estero. Anche qui, nel progetto di Nomisma, si tratta di creare una filiera industriale che vada dalla coltura dei foraggi all’allevamento, alla macellazione, alla lavorazione e alla commercializzazione. Lo studio calcola che occorra un investimento di 66 milioni di euro per crearla, moltiplicando la produzione dagli attuali 7-800 a 2 mila prosciutti a settimana.

COME AIRBNB. Il tesoro nascosto dei monti fra Amatrice e Tolentino sono le seconde case. Il turismo è già una realtà, in questa area degli Appennini. Si tratta di moltiplicarlo e distribuirlo fra i Monti della Laga, i Sibillini, il Terminillo e le seconde case sono la via più rapida ed efficiente. Nomisma calcola che, in molti Comuni, ci sia fino al 60 per cento di abitazioni disponibili. Si tratta, in buona sostanza, si metterle su Internet. Dovrebbero farlo quattro strutture (ancora ua volta, una per regione) che si occuperebbero di marketing, promozione, ma anche manutenzione e gestione delle seconde case messe a disposizione: accoglienza, assistenza, feedback per un turismo sempre più a caccia di nuove esperienze da esaurire in pochi giorni.

Nomisma calcola che, per partire, occorra mettere sul mercato almeno 1.900 case (il 2 per cento di quelle attualmente vuote): metà nelle Marche, 250 in Umbria, 350 in Abruzzo, 400 nel Lazio. Per lanciare il progetto servirebbe investire 3,8 milioni di euro il primo anno, 3,6 milioni il secondo. Ma, già dal secondo anno, il conto economico andrebbe in pareggio, grazie ad un fatturato annuo intorno ai 2,8 milioni di euro (da dividere due terzi al proprietario, che riuscirebbe a mettere a reddito la sua abitazione, un terzo alla struttura di gestione che creerebbe un centinaio di posti di lavoro).

LA COMUNE STILE NOMISMA. Il progetto più visionario, fra quelli prospettati da Nomisma, è, probabilmente, quelle delle “residenze multigenerazionali”. Nelle aree del sisma c’è il 3 per cento in più di over 65, rispetto alla media nazionale, e il 2 per cento di under 14 in meno. E’ uno squilibrio di fondo che va al di là anche delle 500 persone tuttora senza un tetto e collocate in albergo. L’idea, in questo caso, è di individuare immobili da risanare e ristrutturare specificamente per ospitare quello che il centro studi bolognese definisce “una popolazione eterogenea”: anziani almeno autosufficienti, famiglie con figli piccoli, studenti. Affitto dei singoli appartamenti fra i 200 e i 250 euro al mese e una convivenza all’insegna dello scambio: tipo la spesa quotidiana in cambio del babysitting o di un piatto di minestra. La comune stile Nomisma.

 

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
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