Tridico apre alle proposte del sindacato: “Sì al pensionamento dai 62 anni ma a una condizione”
Il presidente dell’Inps favorevole a una flessibilità più diffusa in uscita. La strada sembra tracciata in vista dell’incontro del 27 gennaio tra sindacati e governo. Le anticipazioni di Landini (Cgil), Furlan (Cisl) e Proietti (Uil) sul sistema pensionistico. Cosa fare per i giovani

Nel futuro pensionistico italiano c'è sicuramente più flessibilità in uscita. Per il presidente dell’Inps Pasquale Tridico è questa la strada da percorrere, a patto di effettuare il calcolo su base contributiva.
Già in una recente intervista a TiscaliNews il numero uno dell’Istituto previdenziale spiegava che una riforma del sistema dovrebbe affiancare alla quota stabilita la flessibilità necessaria a consentire l’uscita anticipata soprattutto di “chi fa certi lavori o si trova in talune condizioni”, magari applicando degli opportuni coefficienti di gravosità per stabilire la pensionabilità”.
Al presidente Inps non piace quindi la rigidità, e la flessibilità andrebbe, a suo avviso, garantita anche dopo il 2021, quando scadrà Quota 100 e si tornerà inevitabilmente ai requisiti previsti dalla Legge Fornero (67 anni per la vecchiaia e 42 anni e dieci mesi per l'anticipata).
L'apertura ai sindacati
Una chiara apertura alle richieste dei sindacati - che propongono i 62 anni come base di partenza per lasciare il lavoro - sia pur col tassello del calcolo sulla base dei contributi effettivamente versati.
Bisognerà vedere, a questo punto, quale mediazione uscirà fuori dall’incontro del 27 gennaio tra Cgil, Cisl e Uil e Governo, ma la strada sembra tuttavia tracciata.

La posizione di Cgil-Cisl e Uil
Per il segretario nazionale della Uil, Domenico Proietti - contrario come la maggioranza dei sindacalisti all’introduzione di una Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) - si può partire dai 62-63 anni per introdurre una flessibilità più diffusa. Si tratta infatti di una scelta comunemente praticata in Europa, dove la media d’accesso è 63 anni. E “ciò si può realizzare anche analizzando le diverse tipologie di lavoro – fa notare il leader sindacale - La flessibilità unita alla volontarietà è del resto lo strumento migliore, perché, come dimostrato da Quota 100, non tutte le persone che maturano il diritto scelgono di andare subito in pensione”.
Non si tratta comunque di focalizzarsi esclusivamente sui numeri. “In questi giorni si parla di Quota 100, 102 e così via – dice la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan – ma non va bene. Il tavolo con il governo deve essere serio. Se banalizziamo tutto dando solo un po’ di numeri, vuol dire che ancora una volta non abbiamo capito le priorità”.
La proposta Damiano
Vale la pena secondo alcuni di aprire a una maggior flessibilità recuperando anche proposte come quella dell’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, la n. 857 del 2013, che prevedeva l'anticipo di 4 anni rispetto all'età pensionabile. “All’epoca si andava in pensione a 66 anni e, dunque, si poteva anticipare a 62. Adesso si va a 67 e si potrebbe anticipare a 63. Ovviamente con una penalizzazione del 2% per ogni anno anticipato”, spiega l’esponente Pd ai nostri microfoni. Ferma restando la possibilità di accedere sempre al pensionamento quando si sono versati 41 anni di contributi, a prescindere dall’età.

Una spesa sostenibile
Per altro non è vero che la spesa per le pensioni in Italia è troppo alta. Infatti, come precisa Proietti, “è sotto il 12 per cento del Pil. Una percentuale perfettamente in media con quella di Francia, Germania e altri Paesi Ue. Quando si dice che noi spendiamo circa il 17 per cento si dimentica che si somma anche tutta l’assistenza che andrebbe tenuta da parte”.
Quella della flessibilità è comunque la via indicata da tutti i sindacati. Per Maurizio Landini si può pensare a una uscita già dai 62 anni, come prevede la piattaforma Cgil-Cisl-Uil, perché “è evidente che la legge Fornero ha aumentato le diseguaglianze e non ha risolto i problemi”. Il segretario generale della Cgil si dichiara però contrario all’anticipo del pensionamento all'insegna del “tutto contributivo” perché - come spiega in una intervista a La Stampa - sarebbe “molto penalizzante e un sistema pubblico deve contenere elementi solidali”.

Per il sindacato si tratta in definitiva di rimettere in piedi un "sistema pensionistico pubblico degno di questo nome". E per Landini lo si deve fare attraverso cinque passi indispensabili: "Primo - spiega nella sua intervista - accelerare la commissione su separazione tra spesa previdenziale e assistenziale e quella sui lavori gravosi. Secondo, pensione di garanzia per i giovani e per chi ha avuto lavori discontinui e precari. Terzo, riconoscere il lavoro di cura delle donne, che non si può trasformare in una tassa. Quarto, meccanismo di uscita flessibile. Quinto, rivalutazione delle pensioni e legge sulla non autosufficienza". Si tratta di "proposte praticabili. La verità - conclude il leader della Cgil - è che la riforma Fornero è stato un taglio drammatico per far quadrare i conti pubblici, non c’entrava con la previdenza. I soldi si possono andare a prendere altrove".
La pensione dei giovani e il fondo pubblico
Anche l'attenzione per i giovani è fondamentale, sottolineano i sindacati: occorre tutelarli con una “pensione di garanzia” coprendo i vuoti contributivi derivanti dal precariato.
Misura condivisa anche da Pasquale Tridico ("Se l’Inps amministra 800 miliardi, ne può aggiungere anche altri 20 o più"), che rilancia inoltre il fondo pubblico di previdenza integrativa. Proposta non gradita da tutti i sindacati, ma che ad avviso del presidente Inps consentirebbe di fare investimenti nel nostro Paese. “Le somme – dice al proposito Tridico - sarebbero investite da Cassa depositi e prestiti in Italia”.
Per l’economista al vertice dell’Istituto di previdenza, in ogni caso, la linea della flessibilità è quella giusta. “Si fissa una età per l’inizio dell’uscita, poi il lavoratore deve essere libero di scegliere quando andare in pensione″. In ogni caso “al presidente Inps spetta l’onere di fare proposte, le decisioni sono politiche”.
Tridico si augura infine che i risparmi derivanti da Quota 100 – 6,2 miliardi nel triennio 2019-2021 rispetto ai 18,6 stanziati – vengano utilizzati sempre per le pensioni. Auspica inoltre anche un “salario minimo per aiutare i working poor” e “un fondo che sostenga le pensioni del futuro”.
Si tratta di discuterne, ma per il sindacato l'atteggiamento di questo governo è apprezzabile. "Il sindacato non deve avere governi amici - afferma Maurizio Landini - ma al governo Conte due va riconosciuto di aver riaperto un confronto e una trattativa vera con le organizzazioni sindacali”.