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[Il punto] Pensioni d’oro, pronta la mannaia per gli assegni sopra i 4500 euro: ecco le nuove regole

Pronto un provvedimento per ridimensionare i trattamenti oltre un certo importo. Troppo complicato fare il ricalcolo contributo su tutta la carriera lavorativa. Si prevede così l’adozione di un particolare meccanismo che riguarda gli anni di anticipo rispetto all’età prevista dalla legge Fornero. Quanto risparmia lo Stato e quanto ci vorrebbe per portare tutte le pensioni a 780 euro.

Ignazio Dessìdi I. Dessì   
Pensionati
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Troppo complicato fare il ricalcolo su base contributiva di tutte le pensioni per ridimensionare quelle “d’oro” e soddisfare un criterio di equità. Il governo gialloverde cambia perciò percorso e tenta di recuperare dai 200 ai 300 milioni di euro con un singolare meccanismo che coinvolgerà circa 50mila pensionati. In pratica tutti quelli con un introito previdenziale superiore ai 4500 euro netti mensili, ovvero 90mila euro lordi all’anno.

Questi assegni  - come evidenzia oggi La Stampa - subiranno al lordo una percentuale di alleggerimento (probabilmente il 3 per cento medio) per ogni anno di anticipo del pensionamento di cui si tratta rispetto all’età prevista dalle norme attualmente vigenti. Quelli in sostanza della Legge Fornero.

Si calcola che la decurtazione al netto sarà, a seconda delle fattispecie, di un uno o due per cento su ogni anno di anticipazione, fermo restando che il trattamento pensionistico complessivo non potrà scendere sotto i 4500 euro netti al mese.

Risparmi ed equità

I risparmi che ne deriverebbero, come Tiscali ha più volte avuto modo di sottolineare, non sarebbero particolarmente alti, ma resta il significato dell’intervento in termini di principio. Soprattutto in relazione al perseguimento di una certa equità sociale in un momento in cui la maggior parte dei cittadini devono fare sacrifici di vario tipo e, nell’ambito previdenziale si finisce attualmente col dividere il mondo tra pensionati di serie A e pensionati di serie B. Non bisogna dimenticare inoltre che si parla comunque di assegni che spesso non risultano completamente giustificati da corrispondenti  versamenti contributivi.

I pensionati non sono tutti uguali

Come fa notare oggi il quotidiano di Torino che pubblica una interessante tabella esempio elaborata dalla società di consulenza Tabula, si tratta di una goccia nel mare, rispetto ai 4 miliardi che servirebbero per portare le pensioni sociali ai 780 euro considerati il minimo indispensabile per non cadere sotto la soglia di povertà. Da considerare che attualmente tali assegni corrispondono a 424 euro e riguardano circa 850mila anziani.

Portare a 780 euro tutti

Diverso il discorso qualora si discuta invece di portare tutti gli assegni pensionistici a questa cifra minima (780 euro). Si calcola in effetti che servirebbero in questo caso almeno 20 miliardi per cambiare la sorte dei  4,5 milioni dei percettori di pensioni al di sotto attualmente di tale minimo vitale.

Le posizioni di 5Stelle e Lega

Il testo di cui si discorre, quello improntato a ridimensionare le “pensioni d’oro”, sarebbe frutto del contemperamento delle posizioni abbastanza differenti di M5S e Lega: i primi volevano porre il limite per tali trattamenti a 4mila euro, gli altri avrebbero voluto fissarlo a 5mila euro. Posizioni giustificabili anche da un punto di vista del tornaconto elettorale, visto che molti dei trattamenti pensionistici “notevoli” si trovano al Nord, mentre al Sud si guarda con maggior interesse al reddito di cittadinanza.

Certo, in definitiva, sarebbe stato più equa l’adozione del  ricalcolo contributivo, ovvero della ri-misurazione dell’ammontare pensionistico sulla base dei contributi realmente versati, durante tutta la carriera di lavoro (com'è prassi ormai per tutti i cittadini), anziché basarsi, come si vuol fare, sulla sola differenza tra l’età anagrafica a cui si è andati in pensione e l’età di pensionamento introdotta con la Fornero. La penalizzazione dell’uno o due per cento sul netto per ogni anno di anticipo comporta comunque tagli che fanno male. Nella tabella pubblicata da La Stampa si fa l’esempio di un lavoratore che accederà al pensionamento nel 2019: questo pensionando, a seconda degli anni di anticipo, potrebbe perdere dal 2 al 14 per cento. Ed è solo un esempio.

Eccezioni e conferme

Ci saranno tuttavia delle eccezioni, come nel caso delle pensioni di reversibilità e invalidità, oppure in quello degli assegni per le vittime del terrorismo o del dovere.

Il meccanismo dovrebbe colpire  invece inesorabilmente anche tutti gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, come per esempio Camera e Senato. Dovrebbe infine essere introdotta anche una norma per eliminare alcuni privilegi dei sindacalisti, che attualmente possono aumentare l’entità della loro pensione versando una quota di contribuzione aggiuntiva poco prima di lasciare il lavoro, e incrementando in taluni casi l’assegno anche del 60 per cento rispetto al trattamento che sarebbe spettato in via ordinaria.

Sarà interessante vedere come si procederà e come si scanseranno gli ostacoli politici e di altra natura che potrebbero sorgere lungo il cammino.

Ignazio Dessìdi I. Dessì   
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