In piazza per le pensioni, eppure loro vanno a 62 anni: ecco com’è il sistema in Francia
Le manifestazioni e gli scioperi dei lavoratori hanno costretto il governo d’Oltralpe a una brusca frenata. A che età si può lasciare il lavoro e come si calcola l’assegno. Il parere dell'economista Fitoussi

Dopo quelle dei gilet gialli le proteste per le pensioni hanno scosso la Francia. Il governo transalpino vuole introdurre un sistema a punti, accumulabili nel corso degli anni di carriera ai fini del trattamento pensionistico. Lo scopo è ufficialmente quello di uniformare le 42 casse esistenti, ma le proteste dei lavoratori l'hanno costretto a una drastica frenata.
Come funziona il sistema delle pensioni d'Oltralpe?
In sostanza c’è un sistema a ripartizione. I lavoratori e i datori finanziano cioè le casse degli enti pensionistici e le somme messe in comune vengono destinate a pagare le pensioni. Queste non vengono dunque alimentate con le somme specifiche versate dall’interessato ma prelevate dal "salvadanaio" comune.
Le casse francesi più importanti - come ricorda l'Agi in un suo approfondimento - sono tre: il Regime generale dei dipendenti privati, che riunisce l’80 per cento circa dei pensionati, la Mutua agricola e i Regimi speciali (dipendenti pubblici e autonomi).
I lavoratori francesi versano anche per la previdenza complementare, da cui ricevono un trattamento aggiuntivo. Ogni cassa funziona in quest'ambito con regole proprie e nella maggioranza dei casi, sono basate su punteggi poi convertiti in denaro.
Età pensionabile
L’età pensionabile è 62 anni ma esistono diversi criteri. In linea generale chi ha svolto lavori molto usuranti può lasciare l’occupazione anche a 60 anni. Addirittura gli esponenti dell’esercito, della polizia, le guardie carcerarie e i vigili del fuoco possono ritirarsi a 57 anni e, in casi particolari, anche prima.
E' possibile andare in pensione anticipatamente senza vedersi applicare il coefficiente di minorazione, in alcuni casi particolari: per gravosità del lavoro, che permette di anticipare il pensionamento fino a un massimo di due anni rispetto all'età pensionabile (ovvero 60 anni appunto invece di 62); per lunga carriera (a 60 anni o prima a condizione di aver maturato un'anzianità minima e contributiva e di aver iniziato a lavorare molto giovani); per handicap, che consente di andare in pensione tra i 55 e i 59 anni, in caso di incapacità di almeno il 50% o di essere riconosciuto lavoratore disabile prima del 31 dicembre 2015.

Decurtazione
E’ contemplata la possibilità inoltre di una pensione ad aliquota minorata (decurtazione) per chi chiede la liquidazione del trattamento di vecchiaia senza aver maturato la necessaria anzianità per l'ottenimento dell’assegno ad aliquota piena. In questo caso viene applicata appunto una decurtazione o aliquota minorata.
La maggiorazione
I lavoratori che vantano la durata assicurativa richiesta per la liquidazione ad aliquota piena e vogliono continuare a lavorare una volta maturata l’età pensionabile è prevista una maggiorazione.
I 41 anni e 9 mesi
Per avere diritto al massimo livello pensionistico comunque, a chi è nato dopo il 1958, viene richiesto il versamento di almeno 41 anni e 9 mesi di contributi. Invece, per i nati dopo il 1973, il minimo previsto è 43 anni. Per i nati dopo il 1955 la pensione con l’assegno massimo scatta a 67 anni. La riforma proposta prevede che l’età legale resti a 62 anni, per aver diritto però al massimo livello di retribuzione bisognerà aspettare i 64 anni (per chi è nato dopo il 1963). E tale età si modificherà poi in base all’aspettativa di vita. C'è poi la questione dei punti.
Il calcolo dell’assegno
Per arrivare a determinare l’importo pensionistico vengono considerati diversi parametri. Tra tali elementi vi sono la durata dell’attività, che si calcola trimestralmente, e il livello di reddito nei 25 migliori anni della carriera o degli ultimi 6 mesi antecedenti il pensionamento per quanto riguarda i pubblici dipendenti e i regimi speciali.
Maggiorazione per figli
I genitori che hanno tre figli hanno poi diritto a vedersi maggiorato del 10 per cento l’importo mensile. La misura si applica ovviamente ad ambedue gli interessati.
Più trattamenti
Se il lavoratore ha versato a più casse, quelle base e le complementari, percepirà più trattamenti. In pratica in Francia ogni pensionato può avere più trattamenti pensionistici che si cumulano tra loro. A guadagnare di più sono i funzionari civili dello Stato e i militari, oppure chi è collegato a regimi speciali come per esempio quello delle ferrovie o delle professioni autonome. Trattamenti più bassi percepiscono i lavoratori agricoli, gli artigiani e i negozianti.
Macron chiede una tregua
Il presidente francese Macron ha chiesto una tregua ai manifestanti. "E' giusto saper fare una tregua", ha affermato, esortando gli oppositori della riforma "allo spirito di responsabilità" ed auspicando il "trionfo dell'intelligenza collettiva".

Il parere di Fitoussi
Al sistema pensionistico vigente i francesi non vogliono però rinunciare, e le imponenti manifestazioni e gli scioperi di cui i media hanno parlato e continuano a parlare ne sono la prova. Sono “la risposta alla paura di perdere diritti storici, ma anche una contestazione nei confronti di un governo nel quale non hanno fiducia per attuare una riforma così cruciale”, ha detto Jean-Paul Fitoussi, analizzando le implicazioni della riforma proposta da Macron. In sostanza “è in atto — spiega il prestigioso economista e docente universitario francese — un braccio di ferro tra l’esigenza dello Stato di ridurre la spesa pubblica, tagliando le pensioni che costano troppo, e dall’altra la reazione della gente che si vede impoverita, con a disposizione meno mezzi rispetto a 50 anni fa, e per giunta senza aver capito con chiarezza cosa prevede la riforma, altro fattore che genera paura”.