In pensione a 64 e anche a 62 anni: la rivoluzionaria proposta del presidente dell’Inps Tridico
Bastano 20 anni di contributi. Nel secondo caso possibile una maggiore flessibilità ma con l'assegno calcolato, all'inizio, solo sulla parte contributiva. Il numero uno dell'Inps ha parlato poi di lavori usuranti, opzione donna, tutela di chi perde il lavoro dopo i 60 anni e pensione di garanzia per i giovani. Tutte le novità

“La riforma Fornero delle pensioni ha raggiunto la sostenibilità economica per il sistema previdenziale ma ha mancato la sostenibilità sociale”, afferma Pasquale Tridico nel presentare la relazione annuale dell’Inps. Per questo sfodera una sua proposta per rivoluzionare l’attuale sistema pensionistico, capace di superare Quota 100, col trascorrere del dicembre 2021. Si tratta di un meccanismo interessante, introducibile comunque già nel prossimo anno, che comporterebbe un nuovo assetto strutturale e consentirebbe l’uscita anticipata dal mondo del lavoro, attraverso una maggiore flessibilità e libertà di scelta.
In pensione a 64 o 62 anni
In primo luogo il presidente dell’Istituto previdenziale propone l’opzione generalizzata della possibilità di pensionamento con 64 anni di età, a patto di aver versato almeno 20 anni di contributi. A questo potrebbe affiancarsi poi un’altra opzione: in sostanza consentire l’uscita dall’attività lavorativa anche con 62 anni di età e 20 di contributi ma con un importo limite senza integrazioni, una sorta di anticipo calcolato, in un primo tempo, solo sulla parte contributiva. La parte retributiva verrebbe invece integrata al momento del raggiungimento dei 67 anni di età.
Altra opzione ancora
Con un’altra opzione ancora: quella di poter andare a riposo, alle stesse condizioni, percependo la parte contributiva più un anticipo sulla retributiva. Anticipo da rendere successivamente, scalandolo man mano dalla pensione, una volta raggiunti i 67 anni. “Un'ulteriore ipotesi di flessibilità, opzionale, potrebbe consistere – osserva Tridico - in un modello che divida la quota di pensione in una parte retributiva e una contributiva. A 62 anni, con 20 anni di contributi e un importo soglia che non comporti integrazioni, si potrebbe ottenere un anticipo pensionistico calcolato soltanto sulla parte contributiva. La parte retributiva, invece, potrebbe rendersi accessibile a partire dai 67 anni di età (con la possibilità di prevedere finanche una anticipazione della parte retributiva, "da scontare successivamente sulla pensione piena)".

Lavori gravosi e usuranti
Inoltre Tridico pensa all'attribuzione di un coefficiente più favorevole per i lavoratori impegnati in talune attività, e a tutelare alcune situazioni particolari. Si propone infatti di "rendere strutturale la flessibilità in uscita per i lavori usuranti e gravosi, e di potenziare Ape social e pensione anticipata per i lavoratori precoci. Tutti interventi per altro importanti per gli ultrasessantenni disoccupati, che difficilmente riescono a trovare un nuovo posto di lavoro.
Lavoratrici madri e aspettativa di vita individuale
Altre misure rilevanti: quella per le lavoratrici madri e quella della revisione dei coefficienti di trasformazione dei montanti contributivi in rendita. Per il numero uno dell’Inps, infatti, bisognerebbe distinguere tra i diversi percorsi lavorativi nell'accesso al pensionamento, perché i coefficienti non riflettono l’aspettativa di vita individuale “che può essere, ad esempio, minore per quei lavoratori che compiono lavori particolarmente impegnativi dal punto di vista fisico”.

“All'interno del sistema contributivo si potrebbero rendere più generosi - sottolinea ancora Tridico - gli sconti contributivi previsti per le lavoratrici madri, anche al fine di incentivare la natalità. Il sistema in questione potrebbe, altresì, prevedere un set di coefficienti di trasformazione fissato al conseguimento dei sessanta anni di età".
Trattamento più equo
Lo sforzo del presidente dell’ente previdenziale sembra anche quello di rendere più equo il trattamento delle nuove generazioni. "Se da una parte è comprensibile l'obiezione, prevalentemente sindacale, contro l'applicazione a tutti, fin da subito, del sistema di calcolo contributivo, compresi i misti, sull'assunto che ciò genererebbe in molti casi pensioni povere e tagli importanti, dall'altra è difficilmente accettabile, sul piano dell'equità intergenerazionale, acconsentire che tale taglio gravi sui giovani che avranno pensioni calcolate con il sistema contributivo puro - osserva - per questo motivo si dovrebbe operare, all'interno di un regime contributivo per tutti, alla tutela dei lavoratori impegnati nei lavori usuranti e di quelli che perdono il lavoro dopo i 60 anni, nonché all'implementazione di una pensione di garanzia per i giovani”.
"La sostenibilità sociale"
Da questo punto di vista “la Riforma Fornero – fa notare l'attuale presidente Inps - ha raggiunto la sostenibilità economica per il sistema previdenziale ma ha mancato la sostenibilità sociale. In un sistema contributivo tali problemi tendono ad aggravarsi laddove il tasso di crescita dell'economia non risulti particolarmente elevato. Il montante contributivo, infatti, è rivalutato secondo l'andamento quinquennale del Pil".