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Da Codogno alla Cina: come il Coronavirus rischia di mettere in ginocchio le grandi case automobilistiche

Il blocco della MTA di Codogno, tuttavia, potrebbe avere effetti a catena con conseguenze molto più rilevanti: potrebbe determinare a breve la sospensione di alcune delle linee di produzione dei clienti italiani ed europei dell’azienda e in particolare di FCA, Sevel, Renault, BMW e Peugeot

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
Da Codogno alla Cina: come il Coronavirus rischia di mettere in ginocchio le grandi case...

Lo scorso lunedì 24 febbraio MTA, azienda specializzata nello sviluppo e nella produzione di componenti elettromeccanici ed elettronici per le principali case automobilistiche del continente, ha chiuso il suo stabilimento di Codogno. La chiusura è avvenuta in ottemperanza alle disposizioni che hanno istituito la “zona rossa” del lodigiano. Circa 600 lavoratori sono dovuti rimanere a casa, la produzione ferma, le consegne bloccate. Gli effetti collaterali del Coronavirus, o meglio dell’istituzione delle zone rosse. 

Effetti a catena

Il blocco della MTA di Codogno, tuttavia, potrebbe avere effetti a catena con conseguenze molto più rilevanti: la chiusura temporanea dello stabilimento potrebbe determinare a breve la sospensione di alcune delle linee di produzione dei clienti italiani ed europei dell’azienda e in particolare di FCA, Sevel, Renault, BMW e Peugeot. Conseguenze vi potrebbero forse essere anche per Jaguar Land Rover, Iveco, CNH e Same.

 Le prime ripercussioni vi sarebbero potute essere già lo scorso 26 febbraio con il blocco delle tre linee di produzione FCA a Mirafiori, Cassino e Melfi e di quella della Sevel ad Atessa. Il blocco è stato scongiurato in extremis da un provvedimento del prefetto di Lodi che ha autorizzato l’ingresso di un Tir all’interno della zona rossa per effettuare un carico per FCA.

E la prossima settimana?

Il provvedimento ha risolto l’emergenza di questa settimana, ma non il problema del prossimo futuro. A tal fine la MTA ha chiesto al prefetto di consentire a 60 propri addetti di poter tornare al lavoro. Il rientro avverrebbe con tutte le precauzioni del caso, in un’area coperta di 40mila metri quadrati e previa verifica quotidiana dello stato di salute di ogni lavoratore. 

La parziale ripresa dell’attività permetterebbe di effettuare le consegne già programmate nei tempi previsti evitando il blocco delle linee di produzione delle diverse case automobilistiche clienti, scenario altrimenti prospettato dalla MTA come inevitabile.

30-50mila

Come chiarito in un’intervista a Automoto.it da Antonio Falchetti, Direttore Generale della MTA: “Le 60 persone che chiediamo non sono solo per svuotare il magazzino, ovviamente. Quello potrebbe bastare per alcuni giorni, poi va rifornito. A Codogno forniamo sia le case automobilistiche sia altri nostri stabilimenti, come il nostro in Slovacchia, dove lavorano 450 persone e quello in Marocco. Certi componenti realizzati all’estero a loro volta dipendono dall’Italia, per dei semilavorati”. E quindi “si fermerebbero 650+700 persone anche in altri stabilimenti e a catena le linee di produzione delle case automobilistiche servite. Forse anche 30/50mila persone nell’insieme. Non si parla solo di Italia."

La prefettura sta valutando la richiesta ed è possibile che alla fine la autorizzi, anche in considerazione delle crescenti spinte a passare da una gestione emergenziale a una gestione di medio periodo che possa alleviare le ripercussioni dal punto di vista economico. La cosa interessante è che è la seconda volta che MTA si trova a dover affrontare e gestire l’emergenza Coronavirus. Prima dello stabilimento di Codogno, infatti a essere coinvolto era stato quello cinese di Shanghai.

I problemi arrivano ora

Nel frattempo è ripresa la produzione nello stabilimento serbo della FCA di Kragujevac, dove le attività erano state sospese per la carenza di componenti provenienti dalla Cina. E sono proprio le conseguenze del blocco in Cina a preoccupare le case automobilistiche adesso. Finora, infatti, dal punto di vista della catena produttiva le ripercussioni sono state minime, da un lato grazie alle scorte di magazzino, e dall’altro perché i container impiegano quattro o cinque settimane ad arrivare e quindi per tutto il mese di febbraio sono arrivati i carichi partiti prima dell’esplodere della crisi a Wuhan.

Grazie sia alla riorganizzazione delle linee produttive che all’attenuarsi della crisi la produzione in Cina sta riprendendo, ma la ripartenza sta avvenendo lentamente e ci vorrà del tempo prima che si possa ritornare ai ritmi pre-Coronavirus. Nel frattempo vi sarà un buco di almeno un mese nelle forniture di componenti che si inizierà ad avvertire solo ora e che andrà gestito.

Se il virus attacca un paziente già malato

C’è poi il lato delle vendite. Come ha dichiarato al Finacial Times Herbert Diess, chief executive di Volkswagen, il maggior produttore straniero in Cina, “fondamentalmente febbraio è andato perso”. Il tutto avviene dopo due anni di sofferenza per le case automobilistiche europee, con ordini e produzione in calo, e in particolare per la Volskwagen. Un po’ come avviene per i pazienti che già soffrono di altre patologie, le conseguenze del Coronavirus per l’industria europea dell’automotive potrebbero essere assai serie.

 

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