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[Il punto] In Manovra pochi soldi per l’innovazione e la web tax crea ingiustizie e proteste

La correzione imposta da Bruxelles non ha cambiato l’impostazione di fondo della legge di Bilancio che aumenta le spese correnti e dedica poche risorse per favorire l’innovazione tecnologica e dunque la crescita economica. La web tax scatena la protesta degli editori che saranno colpiti due volte dalla scure fiscale

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
[Il punto] In Manovra pochi soldi per l’innovazione e la web tax crea ingiustizie e proteste

La Legge di Bilancio corretta in extremis per evitare la procedura di infrazione dell’Unione Europea alla fine sta scontentando tutti. Agli osservatori più attenti è ormai chiaro che il costo del reddito di cittadinanza e di quota 100 (le 2 misure simbolo del governo M5s-Lega) sarà ripartito tra tutti: imprese che avranno meno agevolazioni fiscali e più tasse, pensionati a cui non sarà rivalutato l’assegno, aspiranti statali che pagheranno lo slittamento delle assunzioni nella Pa, enti no profit che saranno colpiti da una Ires più alta e, infine, consumatori che nel triennio 2019/2021 difficilmente potranno evitare la super stangata dell’Iva, con clausole di salvaguardia che sono salite a 52 miliardi, di cui 23 nel solo 2020.

Abbassate le stime sulla crescita 

E secondo molti economisti tutto questo potrebbe essere solo l’antipasto perché la Manovra del Popolo avrà un impatto modesto sulla crescita economica, dato che le misure più importanti sono redistributive e non investimenti ad elevato moltiplicatore. Lo stesso esecutivo ne ha preso atto abbassando le stime sul Pil, che il prossimo anno è visto in rialzo dell’1% e non più dell’1,5% (irrealistico) inserito precedentemente. Ma considerando il generale rallentamento dell’economia europea anche l’obiettivo dell’1% potrebbe essere irraggiungibile. E questo farebbe ulteriormente lievitare il costo a carico di cittadini e imprese per tenere i conti pubblici a posto. La Manovra del Popolo rischia dunque di essere niente più che l’ennesimo salasso a carico degli italiani e l’ennesima occasione persa.

Risorse minime a favore dell'innovazione

Perché una occasione persa? Perché ancora una volta non sono state destinate risorse sufficienti a finanziare quello che ovunque nel mondo è visto come il principale motore dello sviluppo: l’innovazione tecnologica. La legge di Bilancio prevede solo 1 miliardo di euro per finanziarie e far crescere le startup innovative. Giusto per fare un paragone, in Francia il governo di Macron di miliardi ne ha previsto 10. Eppure è noto da tempo a tutti che il problema principale dell’ecosistema dell’innovazione italiano è proprio la mancanza di risorse finanziarie. Le idee, il know how e le capacità imprenditoriali non mancano ma non ci sono i soldi necessari per sostenere e far decollare  le startup. 

Il pasticcio della web tax 

Il governo gialloverde non si è però dimenticato delle nuove tecnologie. Nella correzione della legge di Bilancio è infatti stato inserito un nuovo paragrafo dedicato al mondo digitale con l’introduzione della web tax. Un balzello del 3% che colpirà le aziende con ricavi pari o superiori a 750 milioni di euro. I tecnici del Mef prevedono a regime (dal 2020) un gettito di 600 milioni di euro. A protestare contro la misura non sono stati però i grandi colossi del web americani (Google, Amazon, Facebook) ma gli editori italiani. “La web tax dovrebbe far pagare le tasse a chi oggi non le paga in Italia ma il governo colpisce anche le aziende italiane già soggette al prelievo ordinario” ha spiegato il presidente della Fieg (Federazione italiana degli editori), Andrea Riffeser Monti. I leader politici di questo esecutivo hanno sempre rassicurato cittadini e imprese che non ci sarebbero stare nuove tasse. Probabilmente non si riferivano agli editori.

 

 

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
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