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Il governo tradisce le promesse fatte ai maestri diplomati: contratto solo a uno su cinque, agli altri solo supplenze brevi

È la rivista Tuttoscuola a lanciare l’allarme dopo avere esaminato la «parte scolastica» del Decreto Dignità. Dei cinquantamila diplomati abilitati e tenuti in sospeso per anni da sentenze ballerine, avranno il contratto solo 10mila

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Manifestazioni di precari della scuola (Ansa)
Manifestazioni di precari della scuola (Ansa)

Se c’è una cosa alla quale siamo vaccinati sono le promesse elettorali non mantenute. Non ci stupisce quindi che il salvataggio assicurato, prima del voto, da Lega e M5s a tutti i maestri diplomati anni fa e poi esclusi per l’obbligo della laurea, non ci sarà. Come spiega Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, “tra quanti sognavano il posto fisso meno di uno su 5, a settembre, avrà un contratto. Non annuale: 10 mesi”. Gli altri dovranno accontentarsi al massimo di occasionali supplenze brevi in attesa d’un concorso che, alla faccia della meritocrazia, non prevede un punteggio minimo. Tutti promossi, anche se per entrare in ruolo potrebbero servire 29 anni.

Il dramma dei precari della scuola

È la rivista Tuttoscuola a lanciare l’allarme dopo avere esaminato la «parte scolastica» del Decreto Dignità. Il problema sarebbe nato con le modifiche introdotte dal Parlamento che «hanno radicalmente cambiato il testo iniziale che», in attesa di trovare una soluzione, «si limitava a sospendere per quattro mesi l’applicazione della sentenza del Consiglio di Stato». La tanto vituperata sentenza, emessa alla vigilia di Natale dell’anno scorso, dopo diversi verdetti contrastanti, aveva deciso che l’ammissione provvisoria alle Gae (le graduatorie ad esaurimento per le assunzioni) dei diplomati magistrali abilitati a insegnare prima che diventasse obbligatoria la laurea, andava respinta. Risultato: esclusione di tanti precari (ormai quasi esclusivamente donne) che avevano insegnato per anni. Ma anche di molte aspiranti maestre che, preso il diploma, avevano fatto altri mestieri senza insegnare un solo giorno. Lo stesso Corsera aveva trovato una casalinga palermitana di 57 anni, diplomata nel lontano 1978, che non aveva fatto neppure una supplenza ma, vista l’occasione, aveva fatto ricorso pure lei per avere una cattedra. Esperienza? «Ho cresciuto quattro figli».

Le promesse fatte in campagna elettorale

Ovviamente in quei cinquantamila (quattro volte i dipendenti dell’Ilva di Taranto) diplomati abilitati e tenuti in sospeso per anni da sentenze ballerine, ci sono fior di insegnanti e con loro sia Lega che M5s si erano impegnati. «Non permetteremo che la vita lavorativa di oltre 50 mila insegnanti precari venga spezzata da una sentenza ingiusta», aveva detto Matteo Salvini, «Da papà, prima che da politico, io sto con le maestre azzerate da Renzi e dal Pd. Alla faccia della “buona scuola”». «Chi ha dedicato decenni della propria vita alla scuola non può essere sbattuto fuori con un “grazie e arrivederci”», aveva aggiunto Luigi di Maio, «La politica deve farsi carico di questa questione».

La cruda realtà

Invece, spiega Tuttoscuola, il governo giallo-verde è destinato a tradire le promesso perché, a conti fatti i conti, “dei 6.669 contratti a tempo indeterminato firmati nel 2017-18 grazie all’ammissione provvisoria alle graduatorie, non se ne salverebbe uno e delle circa 2600 supplenze annuali neppure”. Al loro posto soltanto 9300 supplenze fino al 30 giugno 2019. Gli altri 41.000 precari, che rappresentano l’81% del totale avranno solo supplenze brevi.

Il concorso straordinario

Ma veniamo al il «concorso straordinario», quello riservato ai maestri abilitati con la laurea «in scienze della formazione primaria» necessaria dal 2002 e ai diplomati magistrali senza quella laurea ma «abilitati entro l’anno scolastico 2001/2002». Un concorso che tradirebbe però il principio della meritocrazia tanto sbandierato dai due partiti di governo. perché mediare fra l’esigenza di garantire sì a tutti uno stipendio dignitoso e quello di dare lo stipendio dignitoso a chi so lo merita, non è facile. E poi c’è da pensare che bravi insegnanti dovrebbe significare studenti meglio istruiti. Già, perché ogni tanto ce lo dimentichiamo che la scuola sarebbe fatta per istruire i giovani e loro dovrebbero essere i primi destinatari delle attenzioni di tutti.

Meritocrazia addio

Una novità c’è però: alla selezione possono partecipare, sia tra i laureati sia tra i vecchi diplomati, solo coloro che «abbiano svolto, nel corso degli ultimi otto anni scolastici, almeno due annualità di servizio specifico, anche non continuative, su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni scolastiche statali». Il problema è che questo concorso straordinario per maestri, accusa il giornale di Vinciguerra, «non prevede la prova scritta, ma solo una prova orale didattico-metodologica. E mentre da anni nei concorsi per docenti si accertano anche competenze linguistiche e informatiche», in questo concorso non sono previste. Un assurdo ritorno all’antico. E per aggiungere peggio al peggio: il peso di questa unica prova orale «è meno della metà di quello assegnato ai titoli: 30 a 70 con l’esplicita intenzione di contenere la valutazione della prova. Il candidato potrebbe anche fare scena muta o affermare che Maria Montessori è stata ministro dell’istruzione: non verrebbe bocciato e risulterebbe vincitore ugualmente».

Quali insegnanti per i nostri figli?

E ancora: «I titoli culturali, la laurea, la specializzazione professionale, i corsi d’aggiornamento valgono meno della metà dei titoli di servizio: massimo 20 punti contro 50». Quindi: «Questi criteri favoriscono coloro che, con un’età più avanzata, sono da molti anni nella scuola, mentre penalizzano i giovani laureati che non possono aver prestato numerosi anni di servizio». Poi ci lamentiamo di un sistema scolastico in cui l’età media degli insegnanti è di 53 anni nella scuola primaria e addirittura 54 in quella dell’infanzia.

I numeri

I candidati per questo concorso potrebbero essere da 86 a 92 mila. Per il 67% nati al Sud, dove però ci sono solo il 36% delle cattedre disponibili. Ma quanti sono i posti realmente disponibili? «Negli ultimi anni nella scuola dell’infanzia si sono resi disponibili mediamente ogni anno 3.600 posti comuni e 1.160 di sostegno; si può stimare che nei prossimi anni sia ancora questo il trend ». Visto che «le norme attuali per le immissioni in ruolo prevedono il 50% a favore degli iscritti GAE e per il restante 50% degli iscritti nelle graduatorie di merito, i candidati del “concorso straordinario” per l’infanzia avranno a disposizione 1800 posti comuni e 580 di sostegno per complessivi 2.380 posti». Se partecipassero «70 mila candidati, occorreranno quindi 29 anni per esaurirle». Per la primaria i posti a disposizione saranno 6.250, quindi per smaltire tutti ne basteranno undici ma nel frattempo in tanti saranno già in età da pensione.

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