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La ricerca italiana per lo sviluppo alimentare sostenibile in Africa Subsahariana

di Adnkronos   
La ricerca italiana per lo sviluppo alimentare sostenibile in Africa Subsahariana

Roma, 15 giu. - (AdnKronos) - Favorire lo sviluppo di sistemi alimentari e agricoli sostenibili in Africa mediante strategie di innovazione scientifica e socio-economica e attraverso la collaborazione con istituzioni e governi locali. È l’obiettivo del progetto Sass (Sistemi Alimentari e Sviluppo Sostenibile) avviato da un consorzio guidato dall’Università di Milano-Bicocca al quale partecipano Università Cattolica, Università di Pavia, Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e European Centre for Development Policy Management di Maastricht. Il consorzio si avvarrà anche della collaborazione di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Milan Center for Food Policy and Law. Saranno inoltre coinvolti Fao, Bioversity International e istituzioni locali in Kenya e Tanzania come Naivasha Basin Sustainability Initiative, Oikos, la Nelson Mandela University insieme alle strutture di governo locali. Il progetto è finanziato per 3 milioni di euro dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca attraverso il Fondo integrativo speciale per la ricerca (Fisr). Il progetto 'Sass' declina la sostenibilità in tre direzioni principali: ambientale, economica e sociale con obiettivi specifici nei diversi ambiti.

Nel contesto dei sistemi agricoli l’obiettivo è lavorare partendo dalla biodiversità locale, ovvero da quelle specie marginali ma che vengono comunque consumate nelle diete locali perché ricche di nutrienti. Il lavoro sarà rivolto alla scoperta di queste "Neglected and Underutilized Species" ('Nus') e alla definizione di sistemi agricoli produttivi sostenibili, capaci di preservare suolo e risorse e al tempo stesso di produrre cibo e ricchezza. Un team interdisciplinare si occuperà non solo degli aspetti agrobiologici ma anche di quelli sociali, economici, ambientali e politici. La caratterizzazione molecolare delle specie/cultivar locali permetterà di dare valore alle Nus e di realizzare un “passaporto biologico” univoco. Questo aspetto è di particolare rilievo per la valorizzazione dell’agrobiodiversità e della ricchezza vegetale già conosciuta e sfruttata (bioprospecting), ma anche al fine di prevenire fenomeni quali la biopirateria. Si individueranno inoltre modelli di gestione del sistema alimentare considerando le differenze e le specificità di contesti socio-economici a diverso grado di sviluppo. Si proporranno strategie per ottimizzare le filiere, creare ricchezza e salvaguardare la tipicità e l’identità del territorio. Il progetto punta anche a promuovere il rafforzamento dei processi Africani e Ue-Africa, con focus sul “Caadp”, il processo dell’Unione Africana che coordina investimenti, politiche pubbliche e aiuti per l’agricoltura anche attraverso la collaborazione con le Agenzie Onu a Roma, il “Committee on World Food Security” e la “Global Alliance on Climate-Smart Agriculture”. "Sass mapperà e analizzerà i sistemi alimentari locali in tre diversi contesti dei Paesi africani: aree naturali, aree agricole e contesti urbani e periurbani. Condivideremo e discuteremo obiettivi e azioni della ricerca con gli stakeholders locali per capire insieme quali sono le strategie migliori da adottare per rendere gli attuali sistemi agricoli e di produzione alimentare più sostenibili ed efficienti in vista delle sfide sociali future ma anche dei cambiamenti climatici in atto", spiega Massimo Labra, docente di Biologia Vegetale e coordinatore del progetto presso l’Università Bicocca. Il progetto Sass interpreta le linee guida sviluppate grazie al confronto internazionale realizzato durante Expo 2015 ed è in linea con le strategie Horizon 2020 in quanto la ricerca viene vista con un processo di innovazione responsabile condivisa con gli stakeholder. Le azioni di Sass saranno inoltre di raccordo con le sfide di Human Technopole 2040 in cui la sicurezza alimentare e la qualità della vita sono elementi centrali su cui la ricerca tecnologica dovrà operare e dove l’ateneo di Milano-Bicocca ha già previsto lo sviluppo di laboratori condivisi. .

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