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Perché l’inflazione è come una tassa perversa: ecco le categorie più colpite

Una tassa che pagano i single più delle famiglie, gli anziani più dei giovani, i poveri più dei ricchi. A livello europeo, la Bce calcola che ci siano 2,2 punti di differenza

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
Foto Ansa
Foto Ansa

L’inflazione? E’ roba da poveri. I superesperti di economia assicurano che l’inflazione è arrivata al suo massimo e che, entro fine anno, comincerà, finalmente a scendere. Ma ha già fatto danni pesanti, arrivando a succhiare fra 175 e 335 euro al mese, quest’anno, dai bilanci delle famiglie italiane. Alcune più di altre, infatti. Perché l’inflazione non è uguale per tutti. E’, anzi, una tassa perversa, che colpisce i poveri più dei ricchi, i single più delle famiglie, gli anziani più dei giovani.

Sono 2,2 punti in più per i poveri

Il punto chiave è chi spende per cosa. A livello europeo, la Bce calcola che ci siano 2,2 punti di differenza fra l’inflazione subita dai più poveri, rispetto a quella dei ricchi. Il 20 per cento di europei benestanti sconta una inflazione dell’11 per cento, ma, per il 20 per cento di europei più poveri, l’inflazione è di oltre il 13 per cento. E le differenze sono molto più vistose se si scende più a fondo nella distinzione fra varie categorie di consumatori.

Quant’è l’inflazione in Italia?

Fra gennaio e ottobre l’indice dei prezzi è salito del 10,2 per cento, dice l’Istat. Ma questa è una media. Anzi, una doppia media: fra diversi consumatori e diversi consumi: i prezzi del cibo, ad esempio, sono cresciuti dell’11,2 per cento, ma quelli dei vestiti solo del 2,8 per cento. Quello che conta, allora, è per cosa spendete i vostri soldi. Nelle medie dell’Istat, la spesa per l’abitazione incide per l’11 per cento della spesa mensile, il cibo per il 18 per cento. Ma, in casa di un disoccupato, dove la spesa è concentrata sui beni essenziali, comprare da mangiare costituisce il 31 per cento della spesa mensile, la casa (fra affitto e bollette) il 23 per cento.

Spesa per bollette

E, allora, quando, come è successo quest’anno, la spesa per le bollette di gas e luce è esplosa del 52,4 per cento e quella per mangiare dell’11,8 per cento, famiglie come quelle dei disoccupati, dove queste due voci assorbono, da sole, oltre metà della spesa mensile hanno visto l’inflazione ruggire. Moneyfarm, una società per la consulenza ai risparmiatori, ha provato a calcolare l’inflazione percepita da diverse categorie di consumatori, a seconda del loro stile di vita, del loro mix di consumi, della spesa media mensile.

Un incubo per i disoccupati

Ne risulta che un disoccupato, con una spesa media mensile di 1.319 euro ha dovuto sborsare 226 euro al mese in più, rispetto al 2021, soprattutto per far fronte a consumi irrinunciabili (luce, gas, cibo). La sua inflazione effettiva, dunque, non è del 10, ma del 17,1 per cento.

Sfamarsi o pagare le bollette?

Anche per un lavoratore dipendente,  che destina a cibo e bollette il 35 per cento della sua spesa mensile (sempre più del 29 per cento preso in considerazione dal paniere medio dell’Istat) l’inflazione percepita è del 12,1 per cento, due punti in più di quella registrata nel dato medio nazionale Istat, con una spesa aggiuntiva, rispetto a quella del 2021, di 285 euro al mese.

Single e mazziati

Una coppia con due figli si è trovata a spendere 298 euro in più, rispetto all’anno scorso: la loro inflazione è stata pari al 12 cento. Sta andando peggio ai single. In termini assoluti, l’aumento di spesa è inferiore (195 euro al mese), ma visto che anche la spesa media mensile è inferiore, l’aggravio dell’inflazione per loro è pari al 15,7 per cento. E, se hanno superato i 65 anni, questi single hanno una delle inflazioni più pesanti: il 16,4 per cento.

Il caro energia

E’ il risultato di un’inflazione - quella che stiamo vivendo - molto particolare, spinta quasi esclusivamente dai prezzi dell’energia, che vanno ad impattare direttamente le bollette e, indirettamente, l’agricoltura, i prodotti alimentari e poco altro. Rispetto a quella media nazionale del 10,2 per cento, infatti, solo le spese relative all’abitazione (più 52,4 per cento) e agli alimentari (più 11.8 per cento) risultano superiori alla media. I prezzi relativi ad altre spese sono tutti al di sotto: ristoranti (più 8,4), mobili (più 6,5), trasporti (più 6,1), vestiti (più 2,8), fino alle comunicazioni che tengono conto del calo delle tariffe telefoniche, sottoposte ad una concorrenza spietata, e del costo dei cellulari. E’ l’unica voce in calo: meno 0,1 per cento.
Ecco perché l’inflazione, per le famiglie più benestanti che, in proporzione, dedicano a queste altre spese una quota maggiore del loro bilancio mensile, finisce per essere inferiore alla media nazionale.

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci   
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