Crescita quasi inesistente e incertezza nel governo: alla fine ci supera anche la Grecia
Per la prima volta dal 2008, per una parte della giornata, i tassi d’interesse sui titoli di stato ellenici sono scesi sotto il livello di quelli italiani. Il debito di Atene ha un rating di quattro gradini inferiore al nostro.
Giovedì 7 novembre, per la prima volta dal 2008, per una parte della giornata i tassi d’interesse sui titoli di stato greci sono scesi sotto il livello di quelli italiani. Il sorpasso è avvenuto sul mercato secondario, dove vengono negoziati e scambiati i titoli tra gli investitori, e su varie scadenze, 5, 7, 10 e 15 anni. L’allungo greco è durato poco, ma i due titoli sono ormai praticamente allineati: oggi la differenza sui titoli a 10 anni è di solo 4 punti base a favore del nostro Paese. Nel 2016 era di quasi 1.000 punti base e solo a inizio anno era di 170 punti base. Il tutto considerando che il debito greco ha un rating di quattro gradini inferiore al nostro.
Caccia ai titoli che offrano rendimenti migliori anche se rischiosi
A influire su questo andamento sono fattori diversi, sul versante internazionale, su quello greco e su quello italiano. Lo scenario di fondo è quello di un mercato di titoli e obbligazioni con rendimenti prossimi allo zero se non negativi. Gli investitori hanno quindi cominciato a muoversi a caccia di titoli che offrano rendimenti migliori anche se connessi a un rischio maggiore. In questo contesto la Grecia ha dapprima sostanzialmente portato a compimento il suo processo di risanamento, rendendo così i suoi titoli nuovamente appetibili, e poi avviato una nuova e diversa fase politica con le elezioni dello scorso luglio che hanno portato al governo il centrodestra di Kyriakos Mitsotakis e segnato la sconfitta del governo di Alexis Tsipras, che pure aveva rimesso il paese sui binari. Il nuovo governo è vissuto, almeno per ora, assai positivamente dai mercati che ne apprezzano le aspirazioni neoliberiste. Il che spiega la discesa dei rendimenti greci.
Prospettive incerte in Italia
Lo stesso non si può dire per il nostro Paese, le cui prospettive appaiono assai incerte. Il deciso mutamento di atteggiamento avutosi con il cambio di governo, dopo le intemperanze del 2018-19, è stato vissuto assai positivamente, prova ne è stata il forte calo dello spread. Una visione più prudente sul versante delle politiche di bilancio e la maggiore collaborazione con le istituzioni europee hanno influito positivamente stabilizzando la situazione e contribuendo a un clima di attesa moderatamente ottimista. Ma ora i primi dubbi cominciano a serpeggiare.
Crescita debole o quasi inesistente
Una crescita che si prevede rimanga debole, se non quasi inesistente, come certificato ieri dalla Commissione Europea nelle sue previsioni d’autunno. Lo scenario internazionale assai incerto a causa della guerra dei dazi, della Brexit, della crisi dell’auto e del rallentamento tedesco. Una manovra di bilancio incerta, che ha sì bloccato l’aumento dell’IVA, ma non ha saputo offrire una visione strategica. Sono tutti fattori che inducono a una rinnovata cautela.
La crescente incertezza politica del governo Conte
Ma a pesare è anche, e forse soprattutto, la crescente incertezza politica, con un governo che sembra agire in ordine sparso, senza una direttrice univoca e basato su di un’alleanza forzata e priva di qualunque amalgama. La somma di tali fattori ha conseguenze sulla percezione delle prospettive dell’Italia e a cascata sull’andamento dei tassi e dello spread, che infatti ha cominciato a risalire. I valori di quest’ultimo sono ancora lontani da quelli della scorsa estate, ma se la situazione politica dovesse ingarbugliarsi ulteriormente, il rendimento pagato sui titoli italiani sarebbe destinato a salire e oltre che di spread con i bund tedeschi o con i bonos spagnoli (che nonostante tutto veleggiano 90 punti base sotto i titoli italiani) potremmo presto doverci abituare a sentir parlare anche di spread con i titoli greci.