Fuga dall’Italia e crollo delle nascite: i dati Istat rivelano una crisi demografica in atto
Nel 2024 sono emigrati 156mila italiani, mentre le nascite toccano il minimo storico. A frenare il crollo demografico sono solo i flussi migratori in entrata

La crisi demografica colpisce ufficialmente l’Italia. Il Belpaese, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat e analizzati da Luca Aterini per GreenReport.it, continua a perdere abitanti. Al 31 dicembre 2024, i residenti nel Paese erano 58.934.000, 37mila in meno rispetto all’anno precedente. La diminuzione demografica prosegue dal 2014, accentuando le disuguaglianze territoriali: a svuotarsi sono soprattutto il Mezzogiorno e le aree interne. A pesare su questo trend è sia il crollo delle nascite - appena 370mila nel 2024, con un calo del 2,6% rispetto al 2023 - sia il forte incremento delle emigrazioni, che nell’ultimo anno hanno coinvolto 191mila persone. Di queste, 156mila sono cittadini italiani: un +36,5% in un solo anno.
I giovani lasciano l’Italia, mentre i migranti tengono a galla la popolazione
La situazione economica contribuisce al malessere: quasi un italiano su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale. In questo contesto, costruire un futuro – o una famiglia – appare sempre più difficile. Di conseguenza, molti scelgono di espatriare in cerca di migliori condizioni di vita. Allo stesso tempo, il nostro Paese non è più attrattivo come in passato: nel 2024 sono arrivati 435mila migranti, circa 5mila in meno rispetto all’anno precedente. Tuttavia, “il saldo migratorio netto con l’estero resta positivo, a quota +244mila unità”, si legge nell’analisi di Aterini. È proprio questo apporto che, almeno in parte, frena il declino demografico e sostiene il sistema socio-economico.
Un modello economico che non funziona più
L’attuale crisi demografica - e la fuga dei giovani - sono un sintomo di un problema strutturale più ampio. “È l’ennesima dimostrazione del fallimento dell’attuale modello di sviluppo”, scrive Aterini, sottolineando come il nostro sistema sia ancora incentrato su combustibili fossili e crescenti disuguaglianze. Per cambiare rotta, occorre affrontare entrambi i nodi. L’Italia, sottolinea l’articolo, dovrebbe ispirarsi a Paesi come Spagna e Germania, dove la transizione energetica procede spedita e porta benefici sociali ed economici tangibili.
La proposta: riforma fiscale e investimenti per la transizione verde
Una possibile soluzione arriva da un recente studio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e della LMU di Monaco, che propone una riforma fiscale progressiva capace di raccogliere fino a 26 miliardi di euro tassando l’1% più ricco della popolazione. Queste risorse potrebbero finanziare la transizione ecologica in modo più equo, rendendola anche più accettabile socialmente. “Si tratta di due aspetti tra loro connessi”, osserva Aterini: solo redistribuendo le risorse sarà possibile rafforzare il welfare e creare le condizioni per una società più giusta e sostenibile.
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