[Il punto] La maggioranza la difende ma così com’è non piace: ecco come gli italiani vorrebbero l’Europa
Qual è il vero sentimento dei nostri cittadini verso la Ue? L’immagine è appannata ma solo una minoranza rinuncerebbe al processo di integrazione. Ecco però le 4 cose da fare per riportare l’Europa a far sognare i cittadini

Le elezioni europee si avvicinano e la campagna elettorale in sostanza è già in atto. Quando gli elettori si recheranno nelle cabine dovranno eleggere il nuovo Parlamento della Ue e subito dopo verrà rinnovata la Commissione. Ma cosa si aspettano in definitiva gli italiani dalle istituzioni europee? Si è molto parlato negli ultimi anni di marcato sentimento antieuropeista, di spinte all’uscita dall’euro considerato fautore di tanti mali per il nostro Paese e di sfiducia verso i burocrati della Unione e le loro politiche basate solo sull’austerity. Ma qual è il vero sentiment dei cittadini italiani?
L'analisi
E’ davvero interessante sull’argomento l’analisi offerta sul Sole 24 Ore da Andrea Montanino e Ferdinando Pagnoncelli, rispettivamente capo economista di Confindustria e sondaggista ad di Ipsos Italia.
A loro avviso l’immagine dell’Europa è un po’ appannata, esiste una buona dose di euroscetticismo diffuso, ma questo non si traduce necessariamente in un rigetto del processo di integrazione. A guardare i dati infatti il 60 per cento dei nostri connazionali sarebbe favorevole alla moneta unica e soltanto un quarto pronto ad esprimersi a favore dell’uscita dall’euro in caso di referendum.

In linea generale insomma sarebbero tante le riserve in merito, ma alla fine prevarrebbe nelle decisioni la paura delle conseguenze di certe decisioni. Molti italiani avrebbero in definitiva il timore che lontano dalla Ue l’Italia sarebbe un Paese meno influente, più arretrato, più povero e meno sicuro.
Sfiducia su come la Ue è adesso
La conclusione che se ne ricava allora è la seguente: gli italiani valutano positivamente il processo di integrazione guardando al lungo periodo ma – sotto un altro punto di vista – nutrono sfiducia nelle istituzioni europee per come sono adesso. E l’Italia viene vista attualmente come titolare di un ruolo in Europa non proprio proficuo.
Secondo i due studiosi dunque bisogna tener conto di questo iato tra il concetto di integrazione e la realtà odierna della Unione per comprendere cosa serve per far sì che ci si innamori nuovamente dell’idea di Europa, per elaborare insomma i criteri di ricostruzione della fiducia e perfino “un nuovo mito fondativo”.
Cosa si chiede
Stando a quanto si legge sul quotidiano economico i sondaggi sull’argomento dimostrano essenzialmente come si chieda all’Europa “maggior protezione dalla disoccupazione, più crescita e prosperità e più politiche comuni”.
Ed allora si possono concentrare le linee per questo recupero di fiducia dei cittadini verso l’Europa essenzialmente in 4 punti.
Primo: servono strumenti di stabilizzazione del ciclo economico che proteggano dalla disoccupazione e che migliorino la capacità di assorbimento degli shock economici dell’Eurozona. In questo momento la capacità di reazione è lasciata ai singoli stati, così c’è chi ha una finanza pubblica in grado di consentire margini ampi di protezione, ed altri (come l’Italia) vincolati da alti debiti pubblici e costantemente costretti ad attuare politiche “procicliche” e peggiorare ulteriormente in tal modo la condizione dei propri cittadini.

Sarebbe indispensabile quindi la creazione di uno strumento europeo complementare a quelli nazionali per rispondere agli shock dei singoli paesi membri.
Secondo: completare il mercato interno in particolare su energia, capitali e digitale - spiegano ancora gli esperti - Si possono così, tra le altre cose, rendere meno onerose le risorse per finanziare la crescita e più protetti cittadini e aziende da attacchi cibernetici.
Terzo: occorrono strumenti per sostenere la crescita economica con un riscontro diretto nei confronti dei cittadini. Negli ultimi anni da questo punto di vista gli italiani hanno visto l’Europa come una sorta di matrigna cattiva, solerte nell’imporre austerità ma poco propensa a creare crescita, sicurezza economica e lavoro per i propri figli.
Inevitabile allora auspicare la capacità delle istituzioni europee di determinare maggiori investimenti. Alla fin fine “si tratterebbe – fanno notare i due esperti – di autorizzare una emissione di debito pubblico sovranazionale (Eurobond)” fino a un 3% del Pil dell’Eurozona con una scadenza di 10-15 anni.
Quarto: serve una politica industriale europea che - come si legge sul Sole - “sia protettiva e offensiva”. Protettiva verso certe potenze economiche che usano la “mano pubblica per conquistare fette di mercato mondiale”. Offensiva per creare le condizioni per trascinare le piccole e medie imprese europee verso l’affermazione "nell’innovazione e nella competitività manifatturiera”.
Una riflessione interessante. Solo in questa maniera si potrà probabilmente recuperare la fiducia degli italiani nella Europa Unita che tanti entusiasmi aveva scatenato all’atto della elaborazione della sua previsione e tante delusioni ha prodotto all’atto della realizzazione concreta.