I dazi a caso di Trump: cosa c’è davvero dietro la guerra commerciale fra Usa e Europa – Il retroscena
Queste tariffe possono dare inizio ad una guerra commerciale fra Usa e Europa che, in aggiunta a quella già in atto fra Usa e Cina, diventa devastante per l’intera economia mondiale

Si è salvata la dieta mediterranea. Gli americani potranno continuare a consumare, senza sovrapprezzo, pasta, olio d’oliva, conserva di pomodoro, innaffiando gli spaghetti con una bottiglia di Chianti o di Aglianico. E, poi, una mozzarella di bufala, senza i pomodori della caprese, ma con qualche fetta di prosciutto dop, Carpegna o S.Daniele. Per il resto, la raffica di dazi al 25 per cento che gli Stati Uniti applicheranno, fra quindici giorni, su molte esportazioni europee ha l’aria di una decimazione del tutto casuale. O, in alternativa, la lista è un sofisticato esercizio di selezione di prodotti da colpire, studiato per attizzare contrasti, rancori e invidie fra gli europei: nella lista di proscrizione dei prodotti che rincareranno del 25 per cento, ad esempio, c’è la grappa, ma non il cognac, il whiskey scozzese, ma non quello irlandese, Martini, Campari e spumante, ma non Pernod, champagne e prosecco, Borgogna e Chablis, ma non Barolo e Verdicchio.
I dazi voluti da Trump
Secondo la Coldiretti, l’inasprimento dei dazi colpirà esportazioni italiane che valgono mezzo miliardo di euro. In particolare, parmigiano e grana (150 milioni di euro l’export), il pecorino (65 milioni) e quasi tutti i formaggi e i salumi (tranne, appunto, il prosciutto di alta qualità). In realtà, non è affatto scontato, alla faccia di Trump, che il rincaro delle tariffe si traduca in una diminuzione delle vendite. Finora, le tariffe assai più pesanti applicate alle esportazioni cinesi – dice una analisi condotta dal Fondo monetario internazionale – non si sono trasferite sui prezzi al consumo, ma sono state assorbite dagli importatori, che hanno preferito ridurre i ricavi, ma salvare le vendite. Tuttavia, la raffica di dazi sta comunque creando confusione e incertezza, anche perché mette nel mirino esportazioni, in ordine sparso, per 7 miliardi di euro, complessivamente, in Europa: al di là dei prodotti italiani, il cashmere inglese, i vini e formaggi francesi, lo yogurt greco, la coltelleria tedesca.
Guerra commerciale fra Usa e Europa
Queste tariffe, che dovrebbero entrare in vigore a partire dal 18 ottobre, possono dare inizio ad una guerra commerciale fra Usa e Europa che, in aggiunta a quella già in atto fra Usa e Cina, diventa imprevedibile e potenzialmente devastante per l’intera economia mondiale. Lo scontro in sé, fra Washington e Bruxelles, sta ribollendo, in realtà, da mesi. Ma ci si aspettava che il momento della verità arrivasse a metà novembre, quando Washington aveva annunciato una decisione su dazi – potenzialmente molto più dannosi di quelli in arrivo – su un’industria chiave come quella dell’auto. Invece, l’alfiere del protezionismo, Trump, si ritrova fra le mani questo anticipo di guerra in modo del tutto inaspettato e solo per eredità. Ma tutto, in questo vicenda, è paradossale. Abbiamo contato cinque paradossi. Eccoli.
Trump contro il Wto
1 - Da anni, Trump tuona contro il Wto, l’Organizzazione mondiale per il commercio, accusandolo di penalizzare gli Stati Uniti e muovendosi concretamente per svuotarlo, aggirarlo, delegittimarlo. Invece, questa guerra del pecorino è il risultato di una pronuncia del tanto vituperato Wto, che ha dato ragione agli Usa nella controversia sui sussidi all’Airbus. Anzi, secondo il Wto i dazi americani potevano essere del 100 per cento. Trump ha scelto una linea morbida limitandoli al 25 per cento (e al 10 per cento – guarda un po’ – sull’importazione degli stessi Airbus), anche se la stangata autorizzata su 7 miliardi di export è, in termini quantitativi, la più alta mai prevista dal tribunale internazionale del commercio. In ogni caso, il protezionista Trump, sordo ad ogni richiamo alle regole internazionali, si muove, con questi dazi, con la benedizione delle norme giuridiche mondiali. Le tariffe di Washington sono assolutamente legittime
Il dossier anti-Boeing
2 – Questo non significa che abbiano senso. La controversia nasce ai tempi di Bush, 15 anni fa. Gli Usa sostengono che l’Airbus (il gigante europeo degli aerei, cui l’Italia contribuisce con una serie di componenti) gode di sussidi pubblici, che gli consentono di tenere più bassi i prezzi. Fin dall’inizio, l’Europa ha replicato che il grande concorrente dell’Airbus, l’americana Boeing, ha anch’essa sussidi pubblici, in particolare sotto la forma di commesse militari. Il dossier anti-Boeing va avanti da anni parallelamente a quello Airbus. Arriverà a sentenza fra pochi mesi e quasi tutti sono convinti che, come è avvenuto per l’Airbus, Washington sarà condannata per i sussidi alla Boeing. A quel punto, il Wto autorizzerà gli europei ad applicare dazi punitivi contro le esportazioni americane, in perfetta simmetria con quello che sta avvenendo in questi giorni. Bourbon, Coca cola, chewing gum, a Bruxelles la lista delle ritorsioni è già pronta. Anche i dazi europei saranno perfettamente legittimi.
Dazio contro dazio
3 – In altri tempi, in una situazione in cui si confrontano due contendenti che hanno tutt’e due ragione, si sarebbe cercato un compromesso, un accordo, una via d’uscita, perché le guerre commerciali – dazio contro dazio – non le vince nessuno. Ma Trump, in materia di tariffe, ha il grilletto facile e difficilmente si convincerà a chiudere questa partita senza chiamare in causa tutto l’insieme del rapporto commerciale Usa-Europa. E’ possibile, dunque, che lo scontro non si esaurisca su 7 miliardi di euro di export europeo e 7 miliardi di export americano.
Le conseguenze
4 – L’impatto rischia di investire l’intera economia mondiale. Nel maggio 2018, si prevedeva uno sviluppo dell’economia mondiale del 4 per cento nel 2019. Gli investimenti crescevano del 5 per cento, il volume degli scambi commerciali del 4 per cento. Oggi, gli esperti calcolano che l’economia mondiale non crescerà, quest’anno, più del 3 per cento, gli investimenti son bruscamente rallentati all’1 per cento, il commercio, fra marzo e giugno, si è addirittura ristretto. All’Ocse – l’organizzazione che raggruppa i paesi industrializzati – sono convinti che questa frenata sia effetto diretto delle incertezze create dalle guerre commerciali, a cominciare da quella fra Washington e Pechino. L’apertura di un altro fronte, questa volta con l’Europa, il terzo grande protagonista dell’economia globale, può avere un effetto dirompente. Per il momento, dicono i dati e gli umori di mercati e imprenditori, sta già erodendo la salute dell’economia americana. L’industria manifatturiera degli Stati Uniti, in effetti, è in recessione e, alla lunga, questo rischia di trascinare l’intera economia. Il paradosso è che questa recessione affonderebbe, probabilmente, le speranze di rielezione di Trump. Il problema, o se volete, il paradosso in più è che Trump, in realtà, è convinto che i dazi rilancino l’economia.