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[Il punto] L’economia italiana mostra segnali preoccupanti di rallentamento: cresce il rischio recessione

La crescita del Pil nel terzo trimestre è stata nulla. Ma questo è solo il primo di una serie di indicatori economici che gettano ombre sull’andamento della nostra economia nei prossimi mesi. Dietro la frenata fattori riconducibili alla congiuntura internazionale, ma anche il clima di incertezza generato dal governo del Cambiamento

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
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Sul fronte dei rapporti tra il governo italiano e l’Unione europea arrivano segnali che invitano all’ottimismo. I toni si sono abbassati e dai leader della maggioranza sono giunti timidi segnali di apertura su possibili modifiche alla legge di Bilancio. Anche il presidente della Bce, Mario Draghi, ha detto di essere fiducioso sul fatto che si trovi un accordo tra l’Italia e Bruxelles. Tutto questo fa bene allo spread che si è riportato sotto quota 300 punti, ridimensionandosi quindi dai massimi di periodo oltre 330 punti. Tuttavia dall’economia reale stanno arrivando segnali che alcuni economisti e centri studi leggono in maniera allarmistica. Il nostro Paese potrebbe presto dover affrontare una recessione o, se va bene, una stagnazione.

Pil fermo nel terzo trimestre 

Il primo segnale in questa direzione è stato l’andamento del Pil nel terzo trimestre che è rimasto invariato rispetto ai tre mesi precedenti. Debole anche la produzione industriale che a ottobre, secondo alcune stime, dovrebbe crescere solo dello 0,1%. Segnali preoccupanti arrivano poi dalla fiducia delle imprese, in particolare nel settore manifatturiero e della domanda interna di consumi che resta fiacca. Nessun aiuto, infine, può arrivare dall’export, che sta pagando il calo della domanda internazionale. 

L'andamento del Pil

 

La fiducia delle imprese 

 

La previsione di Tabellini 

Secondo uno degli economisti italiani più autorevoli, l’ex rettore della Bocconi, Guido Tabellini, il rischio di una recessione per l’Italia potrebbe concretizzarsi tra la fine di quest’anno e il primo trimestre del 2019. Diversi centri studi internazionali stanno ulteriormente rivedendo al ribasso le previsioni. Goldman Sachs e Oxford Economics per il 2019 prevedono un Pil italiano in crescita di solo 0,4-0,5 punti percentuali. La metà esatta dello 0,9%-1% pronosticato dalla maggior parte degli economisti fino a qualche settimana fa. Addirittura un terzo della previsione dell’1,5% inserita nella legge di Bilancio dall’esecutivo.

Le cause del rallentamento

Quali le cause della frenata in corso? Principalmente sono tre. La prima è da ricondurre alla congiuntura internazionale in contrazione. La Commissione europea recentemente ha ridotto anche le stime di crescita per il 2019 della Germania, la locomotiva dell'Eurozona, che analogamente all'Italia basa la sua ricchezza sull'export. Le altre due cause sono invece imputabili a fattori interni e in particolare alle politiche economiche del governo del Cambiamento. Il rialzo dello spread (avvenuto a causa di una manovra finanziaria fortemente in deficit) sta già producendo i primi effetti sull'economia reale. Pochi giorni fa Bankitalia ha lanciato un allarme sul rischio di un aumento significativo del costo dei prestiti alle aziende e alla famiglie.

L'incertezza politica 

L’ultima causa è infine un evidente aumento dell’incertezza politica (fino a che punto il governo si spingerà nello scontro con l’Europa?) che inevitabilmente condiziona i comportamenti degli imprenditori e delle famiglie. La linea dura seguita fino ad ora da Salvini e Di Maio potrebbe diventare un boomerang perché con una ripresa azzoppata tutto l’impianto della Manovra del popolo viene a crollare. Un aumento delle spese correnti in deficit è sostenibile solo con maggiore crescita economica. Senza crescita l’impatto sui conti pubblici sarebbe ancora più devastante e quindi insostenibile.

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
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