Presto si tornerà al lavoro, ecco come dovranno essere gli uffici post-coronavirus

L'Inail ha pubblicato il documento tecnico sulla fase due con le misure di contenimento e prevenzione nei luoghi di lavoro. La pubblicazione, approvata dal Comitato Tecnico Scientifico istituito presso la Protezione Civile sottolinea che "vanno mappate tutte le attività, prevedendo di norma, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l'utilizzo di una mascherina chirurgica"

(foto web)
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Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, una successione di quattro attacchi suicidi e coordinati compiuti contro obiettivi civili e militari degli Stati Uniti d'America da un gruppo di terroristi aderenti ad al-Qaeda, l’accesso nelle aree più vulnerabili degli aeroporti è cambiato. Il coronavirus produrrà effetti simili in tantissime attività umane. Per esempio, potrebbero esserci rilievi periodici della temperatura e tamponi, o la disponibilità di un passaporto Covid.

Il successo del ‘lavoro agile’

Presto chi non ha lavorato o lo ha fatto da casa in regime di ‘lavoro agile’, dovrà tornare in sede: nessuno stato può permettersi un ‘fermo biologico’ più lungo. È dunque necessario tornare nei posti di produzione, anche se la pandemia ha messo in evidenza che molti lavori possono essere svolti in ambiente domestico. E questa potrebbe essere, se si terrà conto dei risultati, una bella notizia per tutto il sistema Terra: meno inquinamento, meno traffico, un diverso approccio al tempo libero e una più spinta ricerca nell’ambito della energia pulita. Però c’è chi deve necessariamente tornare nelle cattedre, nei banchi di scuola, negli uffici, nelle fabbriche, nelle sedi dove si svolgono i servizi essenziali. E c’è anche chi deve o vuole (il turismo è una voce importante della nostra economia) tornare a viaggiare nonostante il Covid-19.

Nulla sarà mai come prima

I governi hanno subito capito, nonostante le mille critiche, che nulla sarà come prima. Per tutti questi motivi stanno pensando a un’uscita dai ‘domiciliari’ graduale e senza traumi. “L’epidemia presenta – hanno spiegato Gemma D'Auria, Aaron De Smet su McKinsey, una società nata per aiutare i clienti a conseguire miglioramenti nelle loro performance - tutte le caratteristiche di una crisi su vasta scala: un evento inaspettato o una serie di eventi di enorme portata e straordinaria velocità, che comporta un elevato grado di incertezza in grado di provocare disorientamento, una sensazione di perdita del controllo e forti disturbi emotivi”. Occorre insomma affrontare il problema.

La ricerca della McKinsey

Una ricerca della McKinsey sulla crisi del 2008, ha messo in evidenza che le compagnie che hanno cercato di adattarsi alla situazione di difficoltà economica, nel 2009 erano riuscite a crescere del 10 per cento, mentre quelle che avevano aspettato senza fare nulla sono calate del 15 per cento. “Ecco perché la Toyota sta progettando di far ripartire le linee di produzione con una velocità inferiore, in modo da mantenere le distanze tra i lavoratori. Starbuck ha riaperto il 95 per cento dei negozi in Cina, con orari ridotti, meno posti a sedere, una pulizia accurata delle superfici, un servizio di consegna fuori dal locale e sta utilizzando queste procedure anche in altri Paesi”, ha fatto notare Businessinsider

Le possibili innovazioni

La ristorazione sta già reagendo. L'americana Texas Roadhouse ha ridotto i posti a tavola e inserito divisori di plastica tra un tavolo e l’altro, domandando a chi è in coda di aspettare ‘cortesemente’ fuori dal negozio. In Italia, i ristoratori hanno deciso di portare le ordinazioni sino all’abitazione dei clienti. In aereo, la presenza nei corridoi delle hostess sarà ridotta. La Cushman & Wakefield ha creato una task force “per supportare i clienti nella preparazione per riprendere le operazioni dopo la fine dell'epidemia di COVID-19 e riportare i dipendenti a lavorare; ha inoltre lanciato il sito SixFeetOffice.com, dove presenta le possibili innovazioni nella progettazione dell'ufficio, tenendo conto delle regole della distanza sociale". 

La collaborazione dei sindacati italiani

Il gruppo baserà le sue reazioni al covid sulle esperienze maturate da Cushman & Wakefield in Cina, dove, nell'ambito di una joint venture con Vanke Service, supporta già 10.000 aziende che impiegano quasi un milione di dipendenti. A questo proposito in Italia i sindacati hanno firmato un protocollo con il Ministero della salute basato su dieci punti che prevedono, mutuiamo da Businessinsider: 

il rilievo delle temperature all’ingresso;

la sanificazione dei locali;

i dispositivi di protezione individuali;

la rimodulazione dell’organizzazione del lavoro e degli uffici per permettere di ridurre la presenza del personale e dell’utenza;

la gestione delle entrate e delle uscite;

gli spostamenti all’interno delle aziende;

la preferenza del lavoro da remoto o in appuntamenti cadenzati in sede ma solo con personale dotato dei dispositivi di protezione personale;

la gestione del personale ammalato;

la sorveglianza sanitaria.

In ogni azienda dovrebbe poi essere costituito un comitato per l’applicazione delle regole.

Tornando a Cushman & Wakefield, l’azienda ha ideato il 6 Feet office, l’ufficio da 1,8 metri, un concetto di riprogettazione dell’area in cui ogni lavoratore si verrà a trovare. 

Si basa su sei elementi: 

un’analisi dell’ambiente,

delle regole di condotta,

degli indicatori visuali che permettono percorsi sicuri,

una postazione pulita e protetta,

un controllo visivo effettuato da un apposito addetto,

un certificato che conferma che sono state seguite regole sicure.

Le altre pratiche utili

“In pratica – ha rilevato Businessinsider - ci saranno postazioni spaziate, sulle quali andrà messo un foglio di carta pulita, da cambiare ogni giorno, indicazioni per terra che mostrano le distanze e i percorsi e i punti in cui si può sostare. Le persone dovranno inoltre camminare tutte in direzione oraria, per evitare di incrociarsi. Il tutto si basa sull’idea di mantenere la distanza sociale di quasi due metri, qualsiasi operazione si compia”. Occorrerà anche mettere mano alla ventilazione e alla filtrazione dell’aria, da sempre un problema per ogni ufficio, che ora dovranno essere riprogettati non come casermoni chiusi ma con finestre da cui sia possibile respirare un po’ d’aria fresca.

La nuova guida dell'Inail

L'Inail ha pubblicato il documento tecnico sulla fase due con le misure di contenimento e prevenzione nei luoghi di lavoro. La pubblicazione, approvata dal Comitato Tecnico Scientifico istituito presso la Protezione Civile sottolinea che "vanno mappate tutte le attività, prevedendo di norma, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l'utilizzo di una mascherina chirurgica". La mascherina è "raccomandata" in ogni caso anche all'interno dei mezzi pubblici oltre al distanziamento sociale. "L'attuale emergenza sanitaria correlata alla pandemia da SARS-CoV-2 - si legge nella prefazione firmata dal direttore generale, Giuseppe Lucibello e dal presidente, Franco Bettoni - oltre ad aver determinato una perdita insanabile di vite umane, rappresenta una situazione di emergenza globale, sociale e del lavoro ... ". La seconda parte si è focalizzata sull'adozione di misure organizzative, di prevenzione e protezione, nonché di lotta all'insorgenza di focolai epidemici, anche in considerazione di quanto già contenuto nel Protocollo stipulato tra Governo e Parti sociali il 14 marzo.

La proposta delle scuole paritarie

Le scuole paritarie si stanno organizzando, perché potrebbero rappresentare una risorsa preziosa in più proprio quando si paventa un mancato ritorno nelle classi a settembre: «Per realizzare quel distanziamento sociale che si renderà necessario, abbiamo offerto al Governo – ha spiegato l'esperta di politiche scolastiche suor Anna Monia Alfieri – la possibilità di utilizzare, previo accordo, parte degli edifici degli Istituti delle scuole pubbliche paritarie, in una sorta di “patto educativo e civico”, perché crediamo che la riapertura delle scuole a settembre segnerà la effettiva rinascita del nostro Paese». Il problema va affrontato. L'impoverimento delle famiglie – ha sostenuto la suora - mette a rischio le rette e con esse la sopravvivenza del 30% degli Istituti. Se chiudessero, 350 mila studenti dovrebbero essere ricollocati nelle statali, che già patiscono per le cosiddette “classi pollaio”.

La nascita di molte nuove professioni

La crisi - ha spiegato Montser - porterà senza dubbio alla nascita di molte nuove professioni. Per evitare l’insorgere di altre pandemie, o crisi di simile portata, ci sono buone probabilità che da parte di governi e organizzazioni saranno messi in atto protocolli e disposizioni che porteranno inevitabilmente alla comparsa di nuove figure professionali.