[Il punto] Il decreto salva Carige è copia incolla di quello Mps. Ma Di Maio può ancora dimostrare che il M5s è diverso
Lega e Cinquestelle (in particolare quest’ultimi) sono stati travolti dalle polemiche. Dopo aver criticato per anni gli aiuti ai banchieri hanno messo a disposizione 1,3 miliardi di soldi pubblici per mettere in sicurezza l'istituto genovese. Ma il capo politico del M5s ha ancora una carta da giocare per marcare le differenze con gli altri partiti
La notizia ormai è nota: il governo del Cambiamento (quello che non avrebbe mai speso un euro dei cittadini per salvare le banche) ha varato, in tutta fretta, un decreto per mettere in sicurezza Carige con un provvedimento copia e incolla di quello varato dal governo Gentiloni per salvare Monte dei Paschi. Dal testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale sono emersi i particolari che consentono di quantificare l’esborso (potenziale) per le casse pubbliche. Per il 2019 la dotazione finanziaria messa a disposizione è di 1,3 miliardi di euro. Soldi già stanziati e messi a disposizione dal Tesoro. Per cosa serviranno? Sostanzialmente per due cose. Per garantire fino a tre miliardi di nuove obbligazioni che la banca ligure emetterà nelle prossime settimane e per sottoscrivere fino a 1 miliardo di nuove azioni nel caso in cui Carige dovesse ricorrere allo Stato per ricapitalizzarsi.
Governo piegato dalla ragione di Stato
La decisione del governo è stata applaudita da tutti. Il fallimento di una banca come Carige avrebbe ripercussioni su tutto il sistema finanziario italiano, sui risparmiatori e sui lavoratori dell’istituto. Tuttavia non è mancata la polemica politica. Lega e M5s sono finiti sotto attacco perché hanno fatto l’esatto contrario di quanto sbandierato in campagna elettorale. Per anni, dai banchi dall’opposizione, hanno attaccato i governi precedenti (Renzi e Gentiloni) per gli aiuti alle banche ma alla fine la ragion di Stato, la realpolitik ha piegato anche loro.
Il M5s può dimostrare di essere diverso
Per alcuni questa vicenda sancisce definitivamente la fine dell’età dei Cinquestelle, già provati dai dietrofront sull’Ilva, sul Tap, sulle trivelle e sulla Tav (anche se quest’ultima vicenda è ancora in bilico). Un conto è fare propaganda elettorale, un altro è governare. Eppure il M5s ha ancora l’occasione di dimostrare di essere diverso da chi l’ha preceduto. Come? Facendo partire una commissione di inchiesta sulla vicenda per accertare le responsabilità. Lo scandalo delle banche italiane non è tanto che sono state salvate dallo Stato (purtroppo male necessario) ma che i responsabili siano di fatto rimasti impuniti. E non si tratta solo di manager ma anche (e soprattutto di politici).
Gli obiettivi di una eventuale inchiesta
All’origine della crisi di Carige (ma in generale di tutte le banche in crisi) ci sono i crediti deteriorati ovvero i debitori che non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto quanto ricevuto. L’istituto genovese (per restare all’attualità) per non affondare dovrebbe cederne almeno 1,5 miliardi su un totale di 2,8 miliardi. Cosa dovrebbe accertare una eventuale commissione di inchiesta? Molto semplice: come sono stati concessioni questi prestiti? Ci sono responsabilità del management? Ci sono state pressioni del mondo politico per favorire soggetti a rischio ma utili al consenso elettorale? Gli istituti di vigilanza hanno operato correttamente? Domande non banali dato che su tutti questi punti sono già emerse criticità nel caso di tutte le altre banche finite in crisi e salvate dallo Stato.
L'ipotesi avanzata da Di Maio
Il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, travolto dagli attacchi delle opposizioni ha evocato l’ipotesi di una commissione di inchiesta. Se vuole dimostrare che il suo Movimento è davvero diverso allora deve avere il coraggio e la forza di andare avanti ed evitare che sia l’ennesima boutade politica.
Il confronto tra il decreto salva Carige e quello salva Mps