[L’intervista] A Landini piace il decreto Dignità del ministro Di Maio. “Ma ci sono due nodi da sciogliere subito”
Il sindacalista di spicco della Cgil spiega gli aspetti positivi del decreto sul lavoro voluto dai Cinque Stelle. “Ma ci sono due temi che non vengono affrontati. Uno riguarda gli ammortizzatori sociali. L’altro è che utilizzo fare dei denari che le imprese che delocalizzano devono restituire allo stato”

Landini, il Decreto “Dignità” combatte davvero il precariato, come dice il ministro Di Maio?
“Il decreto dignità dà un primo segnale positivo. Naturalmente non sufficiente perché la precarietà si combatte riscrivendo tutte le leggi sbagliate che sono state fatte in questi anni sia nel Job Act sia prima. Allo stesso tempo il precariato si combatte anche attraverso una politica industriale che faccia ripartire gli investimenti e crei lavoro. Mancano segnali sia sugli ammortizzatori sociali sia per quanto riguarda la reintegra in caso di licenziamento illegittimo. E poi c’è un problema di arrivare a un nuovo statuto che tuteli sia i lavoratori dipendenti classici che le nuove forme di lavoro autonomo.
C’è una contrazione del tempo determinato, da 36 mesi a due anni, con la possibilità di non più di 4 rinnovi nel periodo considerato e con aggravio degli oneri contributivi e con la reintroduzione della causale. Questi provvedimenti vengono molto criticati soprattutto dal PD e da una parte del mondo imprenditoriale: si tratterebbe di un freno alle nuove assunzioni, che non aiuta nemmeno a stabilizzare i lavoratori.
“Io credo che la cosa più importante sui contratti a termine sia stata proprio il ripristino della causale. Perché –lo si è visto dai numeri-se tu rendi liberi i contratti a termine quella forma di assunzione, poi sostituisce le altre. Non a caso nell’ultimo anno c’è stato un crollo delle assunzioni a tempo indeterminato e c’è stato un boom dei contratti a termine usati per qualsiasi ragione. Con la causale il contratto a termine non è libero ma è legato a determinate condizioni. Meglio ancora se la causale fosse stata reintrodotta anche per i primi 12 mesi. Le imprese esagerano: la finalità di queste misure non è impedire il contratto a termine ma evitarne un uso distorto e sostitutivo del contratto a tempo indeterminato. Io credo quindi che si vada in una direzione utile, non in una direzione sbagliata.
In queste ore si sta parlando molto della reintroduzione dei voucher: dentro la maggioranza è uscito allo scoperto il ministro dell’Agricoltura Centinaio, mentre Salvini dal palco del Festival del lavoro di Milano ha ricordato al collega Di Maio che i voucher si trovano a pagina 29 del contratto di governo. Se ne parlerà nei prossimi giorni in Parlamento.
Se qualcuno pensa che nella discussione parlamentare occorra ripristinare i voucher sarebbe una sciocchezza senza precedenti ed un regalo a chi la precarietà non la vuol combattere e addirittura vuole abbassare i diritti e i salari delle persone che lavorano.
Sulle causali: a chi dice che aumenterà il contenzioso cosa risponde?
"Il contenzioso esiste se uno fa il furbo, Questo spauracchio delle causali che addirittura spingerebbero al lavoro nero a me sembra qualcosa che non torna. Esiste piuttosto un tema di qualità delle nostre imprese".
A proposito di impresa, il decreto affronta anche il tema delle delocalizzazioni con un vincolo di permanenza a 5 anni per le imprese che abbiano ricevuto fondi pubblici.
“Come è noto il problema delle delocalizzazioni non nasce adesso, ma dura da vent’anni ed ha riguardato i grandi gruppi come le piccole e medie imprese. L’idea che un’azienda che decide di delocalizzare debba restituire i soldi pubblici che ha preso in Italia è concettualmente giusta . Allo stesso tempo ci sono imprese che hanno delocalizzato o che potrebbero delocalizzare anche quando soldi pubblici non ne hanno preso. Quindi c’è da chiarire cosa significhi “soldi pubblici”: perché tali non sono solo quelli che sono serviti ad aiutare gli investimenti. Sono soldi pubblici anche quando ti do la defiscalizzazione, gli sgravi, le agevolazioni. Ci sono due temi che non vengono affrontati. Uno riguarda gli ammortizzatori sociali: prima del Job Act se un’azienda abbassava le saracinesche i lavoratori avevano diritto ad almeno 2 anni di cassa integrazione per cessata attività. Questo periodo poteva essere utilizzato per garantire un reddito al lavoratore ma anche per avere il tempo di costruire le condizioni per altre produzioni, investimenti e reindustrializzazioni. Ora questa cassa andrebbe ripristinata. Il secondo tema è che utilizzo fare dei denari che le imprese che delocalizzano devono restituire allo stato: avrebbe senso costituire un Fondo nazionale dove queste risorse vengono utilizzate per fare investimenti e gestire processi di riorganizzazione al fine di evitare i licenziamenti”.