[L’analisi] Lo smartworking continua a crescere: ecco quanti sono i lavoratori italiani agili e come si sentono
Il fenomeno si sta diffondendo in particolar modo tra le grandi aziende. In ritardo Pmi e Pubblica amministrazione
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Seppur lentamente anche in Italia cresce lo smartworking, ovvero il lavoro agile, come denominato nella legge 81 del 2017 che lo ha ufficialmente introdotto e disciplinato nel nostro ordinamento giuridico. Uno studio del Politecnico di Milano ha fatto il punto su questa nuova pratica organizzativa sempre più diffusa anche nelle aziende italiane .
Una rivoluzione culturale
Cosa è lo smartworking? In modo superficiale si potrebbe pensare che non sia nient’altro che il vecchio telelavoro con il nome in inglese, perché fa più moderno. Non è esattamente così. E’ vero che la modalità di esecuzione è la stessa (a distanza, da casa o da altro luogo grazie alle moderne tecnologie di telecomunicazione) ma prima di tutto è una rivoluzione culturale che coinvolge sia le aziende che i lavoratori.
Autonomia, flessibilità, responsabilizzazione, risultati
Una definizione efficace l’ha data Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano: “Lavoro agile significa ripensare il telelavoro in un’ottica intelligente, mettere in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario, lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Autonomia, ma anche flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio”.
Boom nelle grandi aziende, in ritardo Pmi e Pa
Che lo smartworking sia una questione fondamentalmente culturale lo dimostrano anche i dati sulla diffusione nel nostro Paese. I lavoratori agili in Italia sono 480 mila ma mentre il modello è adottato dal 56% delle grandi aziende solamente l’8% delle Pmi (piccole medie imprese) lo ha fatto. Cifra analoga (8%) anche per gli enti della Pubblica amministrazione. Nel tessuto economico produttivo più conservatore e meno propenso all’innovazione lo smartworking stenta a decollare.
I benefici sono evidenti
Eppure i dati del Politecnico di Milano parlano chiaro: i benefici dello smartworking sono evidenti. I lavoratori agili soddisfatti dell’organizzazione del proprio lavoro sono il 39%, contro il 18% degli altri lavoratori. E questo si riflette nella produttività che aumenta del 15%. In calo (del 20%) anche l’assenteismo.
Il caso di Mars Italia
Tra i casi più celebri e raccontati nel nostro Paese c’è quello di Mars Italia. La direttrice delle risorse umane ha spiegato che l’ispirazione è arrivata dalla filiale statunitense. I lavoratori (che vengono chiamati associati e non dipendenti) oltre che beneficiare di ingressi con orario flessibile hanno la possibilità di lavorare dove preferiscono e hanno sempre a disposizione gli strumenti digitali che consentono la cooperazione di gruppo.
Addio alle postazioni fisse
L’elenco delle aziende che hanno introdotto il lavoro agile è lungo e contiene big di tutti i settori produttivi. Solo per citarne qualcuno, Ferrero, Generali, Sky, Fastweb, Axa che ha eliminato le postazioni di lavoro fisse. Così come ha fatto Microsoft Italia nella sua nuova sede italiana inaugurata a Milano nel 2017 dove le postazioni fisse sono state sostituite da aree di lavoro divise in base alla destinazione d'uso: quelle dedicate al team working e quelle per il lavoro in solitaria.
Modello positivo anche per la collettività
I benefici per le aziende non si limitano solo al miglioramento della produttività e alla riduzione dell’assenteismo ma anche alla riduzione dei costi per gli spazi fisici, che sono più piccoli rispetto al passato. A guadagnarci infine è anche l’ambiente e dunque la collettività. Sempre secondo il Politecnico di Milano su oltre 12 mila ore lavorate in modalità agile dai dipendenti di Ferrero, ne sono state risparmiate circa 5000 di viaggio. Quanti autoveicoli in giro in meno? Quanti emissioni di CO2 in meno nell’atmosfera.
L'azienda senza sede
Le rivoluzioni tecnologiche hanno sempre portato a dei cambiamenti nei modelli organizzativi del lavoro. La concentrazione dei lavoratori in singoli edifici è frutto della rivoluzione industriale a cavallo del 1700 e del 1800. La rivoluzione tecnologica in corso, ovvero gli enormi progressi nel campo delle telecomunicazioni, può riportare le cose indietro a dove stavano prima e liberare l’uomo (e la società) dalla necessità di far spostare ogni giorno milioni di persone solo per recarsi al lavoro. Un esempio emblematico è l’azienda americana di software In Vision, che ha 700 dipendenti ma non una sede ufficiale per ospitarli tutti. “I nostri dipendenti – ha spiegato a Business Insider il responsabile delle risorse umane – lavorano da ogni angolo del mondo. Ognuno lavora da dove vuole. L’importante è ciò che produci e non da dove”.
Fenomeno irreversibile
Lo smartworking, nonostante i progressi, non è ancora la modalità organizzativa dominante. Anche le più grandi e innovative aziende del mondo come Apple o Amazon continuano a spendere milioni e milioni di dollari per costruire le nuove e avveniristiche sedi. Ma ormai è evidente che il fenomeno è irreversibile e destinato ad avere un sempre maggiore spazio nella vita dei lavoratori. Anche nella nostra Italia, poca attenta e propensa ai cambiamenti.