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Ricercatrice italiana che ha fatto una scoperta mondiale prende l'assegno di disoccupazione in Spagna

Solo un mese fa Federica Bertocchini, 49 anni, era salita alla ribalta scoprendo il bruco “mangia plastica”. Spera di stare nel paese iberico

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Federica Bertocchini, 49 anni, ha scoperto il bruco “mangia plastica”
Federica Bertocchini, 49 anni, ha scoperto il bruco “mangia plastica”

Capita anche in Spagna, una ricercatrice italiana fa la super scoperta, ma rimane senza lavoro e ora vive con l’assegno di disoccupazione iberico. Federica Bertocchini, 49 anni, aveva accarezzato le luci della ribalta solo un mese fa scoprendo il bruco “mangia plastica”, una scoperta che l’ha resa famosa nel mondo.

Degrada il polietilene

Un bruco comunemente usato come esca dai pescatori riesce a mangiare e a degradare il polietilene, ossia una delle plastiche più utilizzate e diffuse anche nelle buste shopper. E' la larva della tarma della cera (Galleria mellonella), un parassita degli alveari, e la sua nuova identità di 'mangia-plastica' è descritta per la prima volta nella rivista Current Biology in una ricerca coordinata dall'università britannica di Cambridge e condotta in collaborazione con l'Istituto spagnolo di Biomedicina e Biotecnologia della Cantabria (Csic).

Una busta piena di buchi

La scoperta è avvenuta per caso grazie a un'osservazione della biologa e apicultrice Federica Bertocchini, dello Csic. Mentre stava rimuovendo i parassiti dalle sue arnie, li aveva messi temporaneamente in una busta di plastica, che in poco tempo si è riempita di buchi. Così la ricercatrice si è messa in contatto con Paolo Bombelli e Christopher Howe, del dipartimento di Biochimica dell'università di Cambridge e insieme hanno programmato un esperimento.

L'esperimento è riuscito

Un centinaio di larve dono state poste vicino a una busta di plastica nella quale, già a distanza di 40 minuti, sono comparsi i primi buchi. Dopo 12 ore la massa della busta si era ridotta di 92 milligrammi: un tasso di degradazione che i ricercatori hanno giudicato estremamente rapido, rispetto a quello finora osservato in altri microrganismi capaci di digerire la plastica, come alcune specie di batteri che nell'arco di una giornata riescono a degradare 0,13 milligrammi.

Uno strumento importante

"Se alla base di questo processo chimico ci fosse un unico enzima, la sua riproduzione su larga scala utilizzando le biotecnologie sarebbe possibile", ha osservato Bombelli. "La scoperta - ha aggiunto - potrebbe essere uno strumento importante per liberare acque e suoli dalla grandissima quantità di buste di plastica finora accumulata".

Una scoperta rivoluzionaria

La scoperta della Bertocchini è potenzialmente rivoluzionaria. “Il baco che “mangia” la plastica – ha spiegato il Tirreno - infatti, è in grado di scindere il legame chimico che forma il polietilene, il materiale che popola ogni discarica e il Pacific Trash Vortex, il più grande accumulo di spazzatura galleggiante presente nei mari. Flaconi, giocattoli, pellicole da cucina. Ma anche palloni, tubi e tappi di bottiglia. Il polietilene è negli oggetti che usiamo ogni giorno e smaltirlo, per l’ambiente, è un problema. A maggior ragione se viene fatto in modo illegale”.

Nonostante tutto è tranquilla

Nonostante il mancato rinnovo del contratto, la ricercatrice appare tranquilla, continua a frequentare l’Istituto di biomedicina e biotecnologia ed elogia comunque gli ammortizzatori sociali spagnoli. “Basta compilare dei fogli – ha detto al Tirreno - e scatta subito il sussidio. Spero comunque di trovare altro, magari fra sei mesi esce un concorso e riesco a vincerlo. Chissà...”. E chissà se qualche impresa del nostro Paese ha il “coraggio” di assumerla. Sarebbe davvero bello.

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