[L’analisi] Le 4 minacce che potrebbero mandare a picco l’economia globale
Il premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, ha fatto il punto sui problemi delle principali aree geografiche del pianeta
L’Italia è tecnicamente in recessione ma, almeno per il momento, questo rischio non sembra esserci per l’economia mondiale che continua a crescere di oltre il 3%. Tuttavia uno dei più autorevoli economisti al mondo, il premio Nobel Paul Krugman, ha lanciato un allarme: esistono quattro minacce che potrebbero cambiare le carte in tavola.
Per lo studioso americano non sempre le crisi sono causate da un singolo fenomeno, come lo scoppio di una bolla finanziaria o azionaria, come accaduto nel 2008 e nel 2001. La recessione potrebbe essere il risultato di una serie di cause. L’esempio storico più vicino a noi è la crisi del 1990-91. Per Krugman in questo momento sono almeno quattro i fenomeni da tenere d’occhio con molta attenzione.
Scoppio di una crisi in Cina
“Molte persone pronosticano da tempo una crisi della Cina. Fino ad ora non si è mai materializzata ma l’economia cinese è affetta da profondi squilibri” come “un eccesso di investimenti e una carenza di spesa per i consumi” ha spiegato il premio Nobel. “Il governo è sempre riuscito a sterzare prima del baratro però gli ultimi dati sulla produzione manifatturiera sono poco incoraggianti”. “Problemi in Cina – ha aggiunto – avrebbero ripercussioni mondiali”.
La debolezza dell’Europa
“Per alcuni anni la debolezza di fondo dell’Europa, dovuta all’invecchiamento della popolazione e all’ossessione della Germania per gli attivi di bilancio, è stata mascherata dalla ripresa seguita alla crisi dell’euro. Ma questa striscia fortunata sembra avviata a finire”. “L’incertezza legata alla Brexit e la crisi al rallentatore dell’Italia minano la fiducia e i recenti dati economici non sono buoni” ha scritto Krugman nella sua analisi.
La guerra commerciale
Sul fronte del commercio internazionale per il noto economista la minaccia principale è Donald Trump. Il presidente degli Stati “non ha solamente imposto dazi elevati ma anche dimostrato una disponibilità a violare lo spirito degli accordi commerciali esistenti”. “Non c’è bisogno di essere dei liberoscambisti dogmatici per ritenere che questo avrà necessariamente un effetto depressivo sull’economia”.
Lo shutdown americano
L’ultima minaccia per lo studioso arriva ancora dagli Stati Uniti. “Le stime convenzionali sul costo dello shutdown federale americano sono quasi sicuramente troppo basse, perché non tengono conto degli sconvolgimenti che impone in ogni aspetto della vita uno Stato che non funziona” ha spiegato parlando della più importante economia del pianeta da cui ovviamente dipende il destino di tutte le altre.
L’entità di una eventuale crisi
Nell’analisi pessimistica di Krugman ci sono comunque anche due barlumi di speranza. Il primo è “che la recessione non è necessariamente dietro l’angolo anche se i rischi sono in aumento”. Il secondo è che se anche dovesse arrivare l’impatto delle quattro minacce descritte sopra dovrebbe essere inferiore a quello avuto dalla crisi finanziaria del 2008. Un nuova “grande recessione” non dovrebbe perciò ripetersi.