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L'Italia è d ricostruire ma il Paese è diverso da quello uscito dalla seconda guerra mondiale

Nel 1945 gli italiani erano davvero stremati: alle sofferenze patite si sommava la distruzione

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
L'Italia è d ricostruire ma il Paese è diverso da quello uscito dalla seconda guerra mondiale

Da più parti viene evocato il parallelo tra l’attuale fase di uscita dalla pandemia e quella successiva alla seconda guerra mondiale. L’Italia di oggi sarebbe un po’ come quella del 1945, un paese stremato dopo la catastrofe che rimboccandosi le maniche tuttavia può non solo risollevarsi, ma scrivere una pagina nuova della sua storia. Immagine suggestiva, spesso rilanciata per infondere ottimismo e spronare la ripartenza, “ora come allora!”. Ma è solo questo, una suggestione.

L’Italia uscita dalla seconda guerra mondiale era, quella sì, veramente stremata. Era un paese che aveva visto morire 450mila persone, un terzo delle quali civili, che per quasi due anni era stato teatro di combattimenti e bombardamenti e la cui popolazione aveva subito rastrellamenti, deportazioni, eccidi, stragi. Il ghetto di Roma, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine. E poi le centomila gavette di ghiaccio, Anzio, Cassino, la Linea Gotica, la Resistenza, la Repubblica di Salò. La fame, quella vera, la borsa nera, la mancanza di elettricità, benzina, acqua. Gli orfani, i mutilati, i prigionieri di guerra, i rifugiati.

Alle sofferenze patite si sommava la distruzione. Alla fine della guerra i raccolti erano dimezzati, la flotta mercantile era meno di un quinto di quella di prima della guerra, i treni passeggeri e merci la metà, circa un terzo delle strade e delle ferrovie era inutilizzabile, quattro milioni di abitazioni erano state distrutte o gravemente danneggiate, molte fabbriche erano state colpite o private dei loro macchinari. Il Pil pro-capite del 1945 era circa la metà di quello di prima della guerra.

«Se gli alleati non ci manderanno venti milioni di quintali di grano rischiamo di crepare di fame», aveva detto il 2 luglio 1945 l’allora capo del governo Ferruccio Parri durante un radio-discorso. Dopo un anno e mezzo, il 3 gennaio 1947, Alcide de Gasperi, in partenza per gli Stati Uniti con il famoso cappotto liso di cui tanto si è scritto, ancora dichiarava: «La situazione alimentare è migliorata, nel senso che siamo usciti dall’angosciosa situazione di non sapere come fronteggiarla oltre le ventiquattro ore, ma non siamo ancora fuori del pericolo». Questa era l’Italia che usciva dalla guerra. L’Italia che andava ricostruita. E per fortuna ora non è come allora.

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
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