Stati Generali, la proposta del Fmi che toccherebbe le tasche degli italiani (e non poco)
Alla serie di incontri organizzati dal premier Conte ha partecipato anche l’organizzazione internazionale nota per le sue posizioni ultra liberiste e per essere uno dei membri della Troika
Senza timore di essere smentiti si può affermare che la Troika in Italia non goda di buona fama, soprattutto dopo quanto fatto in Grecia durante la drammatica crisi dei debiti sovrani del 2011. Del terzetto oltre a Bce e Commissione Europea fa parte il Fondo monetario internazionale che il premier Conte ha appena convocato agli Stati Generali dell’Economia italiana. Kermesse attraverso la quale il governo punta a trovare idee su come affrontare la crisi post Covid.
Le 5 raccomandazioni del Fmi all'Italia
E come sua abitudine il Fondo monetario internazionale (ora guidato dalla bulgara Kristalina Gheorghieva) di consigli ne ha dispensati diversi. "Ci sono cinque aree che l'Italia dovrebbe affrontare e credo che lo farà in modo efficiente" ha affermato la Gheorghieva prima di snocciolare la lista dei compiti a casa: riduzione della burocrazia nella pubblica amministrazione, efficienza negli investimenti, riforma delle tasse e della loro riscossione per una ripresa più inclusiva ed equa, allentamento delle regole per migliorare la concorrenza, riduzione delle disparità regionali. "Queste sfide sono ben note e questo momento dovrebbe essere colto come un'opportunità per affrontarle e andare avanti" ha aggiunto il numero 1 del Fmi.
Quattro misure su cinque ineccepibili
A ben vedere poca cosa per il premier Conte alla disperata ricerca di idee per rilanciare la sua azione di governo che incomincia ad evidenziare preoccupanti segnali di stanchezza. Delle 5 proposte ben 4 (riduzione della burocrazia, efficienza negli investimenti, miglioramento della concorrenza, riduzione delle disparità regionali) sono talmente ovvie e scontate che probabilmente non esiste italiano che non sia d’accordo.
La mina della riforma fiscale
L’unica che invece potrebbe spaccare l’opinione pubblica è la riduzione delle tasse. I modi per farla sono diversi e anche gli effetti. Per capire cosa il Fondo monetario internazionale ha in mente per l’Italia è sufficiente tornare indietro all’inizio del 2020, poco prima dell’emergenza Covid quando le indicazioni dell’organizzazione al nostro Paese furono meno generiche di quelle comunicate alla stampa dall’attuale direttrice al termine degli Stati Generali dell’Economia che (è importante ricordarlo) si svolgono a porte chiuse ovvero senza la presenza dei giornalisti.
Riduzione del cuneo fiscale del 2%
Le indicazioni fornite dal Fmi ad inizio anno (al termine della prima missione in Italia della neo direttrice Gheorghieva) riguardavano una riforma fiscale da collegare a quella del mercato del lavoro. Il primo suggerimento dell’organizzazione era un drastico taglio del cuneo fiscale, pari almeno al 2% del Pil. Molto di più quindi della limatura dello 0,2/0,3% prevista dall’esecutivo per il biennio 2020-2021.
Introduzione delle gabbie salariali
Ma (e questo è il nocciolo della questione) per la nota organizzazione in Italia i salari sono troppi alti rispetto alla produttività. Dunque che fare? La risposta per il Fmi è la decentralizzazione della contrattazione salariale ovvero l’introduzione delle cosiddette gabbie salariali. Le aziende a più alta produttività potrebbero aumentare gli stipendi e (scenario decisamente più probabile e realistico) quelle a bassa produttività potrebbero ridurli rispetto alla media generale stabilita dai contratti di lavoro nazionali. Le conseguenze sono facili da immaginare. Introdurre le gabbie salariali significa consentire la riduzione del costo del lavoro nella maggior parte delle aziende italiane (in particolare al Sud) e non è un caso che i sindacati abbiano accolto con asprezza la stessa proposta di gabbie salariali fatta dal neo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, a fine maggio.
La ricetta è sempre quella liberista
Gira e rigira la ricetta del Fondo Monetario Internazionale è dunque sempre la stessa: il liberismo. La visione dell’economia e del mondo ruota sempre attorno agli stessi concetti: liberalizzazione dei mercati, produttività. Se poi questo effettivamente si traduce anche in un miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini è cosa di secondaria importanza. La priorità è far crescere il Pil. Non c’è spazio per immaginare nuove forme e modelli di organizzazione economica e sociale. Tutto l’opposto di quanto auspicato da tanti intellettuali (di tutto il mondo) che nello scoppio della pandemia hanno visto anche l’occasione per ripensare il mondo in cui viviamo. Evidentemente al Fmi questi appelli non li hanno letti (o se lo hanno fatto non li hanno presi in considerazione).