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[Il punto] Italiani stakanovisti d’Europa: ecco perché è giusto ridurre l’orario di lavoro

I dati Ocse parlano chiaro: nel nostro Paese si lavora un giorno in più alla settimana rispetto alla Germania. Ciò che fa la differenza è la produttività

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
[Il punto] Italiani stakanovisti d’Europa: ecco perché è giusto ridurre l’orario di lavoro

La presa di posizione del presidente dell’Inps, Pasquale Tradico, sulla necessità di ridurre l’orario di lavoro in Italia ha avuto il merito di far capire all’opinione pubblica che non si tratta di una boutade ma di una proposta serie da valutare attentamente. Durante una lezione all'università La Sapienza dal titolo “Le diseguaglianze nel capitalismo finanziario” Tradico ha spiegato che in Italia “siamo fermi  all'ultima riduzione dell'orario dal 1969”. “Non ci sono riduzioni da 50 anni – ha proseguito – e andrebbe fatta. Gli aumenti di produttività vanno distribuiti o con salario o con un aumento del tempo libero. Con questa riduzione aumenterebbe l’occupazione".

Pasquale Tradico

Di Maio: tema merita approfondimenti 

La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario diventerebbe dunque una leva  per ridistribuire la ricchezza e aumentare l’occupazione. L’idea non è sfuggita a Luigi Di Maio. "Questo tema merita degli approfondimenti e massima discussione con le imprese e con i rappresentanti dei lavoratori. Conosco bene Tridico, che porta avanti questa tesi da anni. Non è escluso che a livello europeo possa essere una soluzione" ha affermato il capo politico del M5s e vicepremier.

I dati Ocse sul lavoro in Europa 

A supportare la tesi del presidente dell’Inps ci sono anche i dati Ocse sul numero di ore passate al lavoro nei singoli paesi europei. In questa classifica i lavoratori italiani sono ai vertici, confermando quindi di essere un popolo di stakanovisti. Come numero di ore pro capite annue siamo al quinto posto. Più di noi fanno solamente greci, estoni, irlandesi e portoghesi. Tutti gli altri sono dietro. Il numero di ore lavorate in Italia è nettamente superiore alla media Ue e alla media dei paesi dell’Eurozona. Notevole il gap con gli altri principali paesi del Vecchio Continente ed in particolare con la Germania. Su base settimanale lavoriamo quasi 7 ore in più, ovvero un giorno in più.

La variabile più importante 

Eppure, come noto, l’economia tedesca è la più forte d’Europa. Come è possibile considerando che sono quelli che lavorano di meno in assoluto? La risposta si chiama: produttività. Da loro è altissima, da noi è molto bassa. Tra le peggiori dell’intero Continente. Questo è il salto culturale che dovrebbe fare il nostro Paese per entrare davvero nel XXI secolo. Capire che oggi la competizione sui mercati internazionali non si vince più in base al numero di ore lavorate ma al modo in cui si lavora. Non conta più quanto tempo si sta in fabbrica o seduti alla scrivania ma in che modo si usano le nuove tecnologie digitali, quale è il livello di know how professionale di alto livello trasferito nei processi. Volendo fare un parallelo con quanto avvenuto all’inizio del XX secolo nel mondo agricolo, potremmo dire che un contadino che usa un trattore, in una sola ora, può arare una superficie molto più ampia di quella di un contadino che usa solo la zappa.

Le priorità dell'Italia 

L’Italia dovrebbe riprendere ad investire in capitale e formazione professionale. E questo dovrebbe avvenire non solo nelle aziende orientate all’export (probabilmente le uniche realtà dinamiche del nostro Paese) ma anche in quelle che si rivolgono al mercato domestico e nella pubblica amministrazione. Se ciò avvenisse la proposta di Tradico verrebbe vista per quella che è: una cosa ovvia e naturale e non una ipotesi irrealistica.

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
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