[Il punto] Italia in recessione ma riparte l’inflazione: ecco i prodotti più colpiti
Volano i prezzi di frutta e verdura che in un anno sono cresciuti del 18,5%. Una stangata per le famiglie compresa tra 325 e 429 euro. E sullo sfondo resta il pericolo di un aumento dell’Iva da evitare a tutti i costi
Brutte notizie per i consumatori italiani. L’Istat ha reso noto che a febbraio c’è stato un peggioramento dell’inflazione. L’indice dei prezzi al consumo è aumentato dell’1,1% su base annua contro lo 0,9% di gennaio. Su base mensile la crescita è stata invece dello 0,2%. L’accelerazione nella crescita dei prezzi è stata causata in particolare dal brusco aumento di frutta e verdura che in media costano il 18,5% in più rispetto all’anno scorso.
Una stangata per le famiglie
Il forte rincaro di frutta e verdura rappresenta una vera e propria stangata per le famiglie italiane. Secondo le stime di Federconsumatori il maggiore esborso è di 325 euro annui che diventano addirittura 429 secondo le stime del Codacons.
La spiegazione dell'Istat
“A febbraio - ha spiegato l’Istituto nazionale di statistica - i prezzi dei beni a elevata frequenza di acquisto (alimenti, beni per la casa e la persona) sono cresciuti in misura significativamente più elevata del paniere nel suo complesso. L’aumento è stato solo in parte bilanciato dal calo dei prezzi dei servizi relativi alle comunicazioni”.
La denuncia delle associazioni di categoria
La dinamica dei prezzi solleva forti preoccupazioni tra le associazioni di categoria dei commercianti. “La tendenza alla stagnazione accentua la crisi dei consumi che restano il grande malato della nostra economia. Per l’anno in corso la crescita della spesa si fermerà a un +0,4%, il risultato peggiore degli ultimi cinque anni” ha denunciato Confesercenti. “La complessiva e perdurante fragilità dei consumi conferma che l’economia è lontana dai valori ottimali di salute” gli ha fatto eco Confcommercio.
La tentazione dell'aumento dell'Iva
Recessione, consumi stagnanti, inflazione. Un mix devastante che potrebbe ulteriormente aggravarsi se il governo dovesse decidere di aumentare l’Iva, seppur in modo selettivo, già prima della fine dell’anno per far quadrare i conti pubblici. Ipotesi alla quale, secondo alcune indiscrezioni di stampa, starebbe lavorando il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, notoriamente favorevole (fin da prima di entrare nel governo) ad un aumento della tassazione dei consumi.
La spada di Damocle delle clausole di salvaguardia
L’aumento dell’Iva farebbe ulteriormente crescere i prezzi, ridurre il potere di acquisto delle famiglie e dunque produrre un effetto recessivo che darebbe ulteriore carburante alla crisi economica in corso. Il governo dovrebbe fare il possibile per lasciare invariata la pressione fiscale. E in questa ottica è di fondamentale importanza anche la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva da 23,1 miliardi previsto a partire dal prossimo 1 gennaio 2020, come clausola di salvaguardia.
Spending review e tax expenditures
L’unica strada percorribile per uscire dal pantano in cui siamo caduti è trovare il coraggio di fare due operazioni sempre rimandate fino ad oggi: una seria spending review ed una razionalizzazione delle tax expenditures ovvero delle agevolazioni fiscali. Vere e proprie giungle nelle quali si annidano interessi corporativi che fino ad ora sono sopravvissuti ad ogni stagione politica.