[Il retroscena] Il ministro dell’Economia Tria pensa alle dimissioni: ecco quando potrebbero arrivare
I rapporti tra il titolare del Mef e i big della maggioranza sono ormai logori e l’economista, per la terza volta dall’inizio dell’esperienza di governo, sarebbe tentato dall'idea di gettare la spugna

Il nervosismo di Giovanni Tria è sempre più evidente. In commissione Bilancio alla Camera di fronte all’insistenza delle opposizioni sul poter fare domande, il ministro dell’Economia ha perso il controllo dei nervi. “Non è una vera e propria audizione ma una informativa. Se non siete d’accordo me ne vado” ha sbottato lasciando tutti di stucco. Il 70enne economista è sotto pressione e secondo un retroscena svelato da Federico Fubini, sulle pagine del Corriere della Sera, sarebbe fortemente tentato di dimettersi.
Stanco fisicamente e mentalmente
“Chi ha parlato con lui – ha scritto Fubini – racconta di averlo trovato stanco sul piano fisico e mentale ma soprattutto stufo di subire dal governo quelli che considera colpi alla sua credibilità. Ultimo in ordine di tempo il comunicato di Salvini e Di Maio nel quale sottolineano la loro fiducia nel premier Conte quale protagonista della trattativa con l’Unione Europea e ignorano completamente Tria”. Ma questo è solo l’ultimo episodio di una lunga serie in cui il ministro dell’Economia viene non considerato o, peggio ancora, trattato come un peso da sopportare da parte dei principali azionisti dell’esecutivo.

L'esordio rigorista
L’esordio di Tria però è stato molto promettente. In piena estate è stato grazie ad una sua intervista, concessa proprio a Fubini, che lo spread si ridimensionò. Il titolare del Mef spiegò il suo mantra: investimenti per far ripartire la crescita e contabilità pubblica in ordine. Tutto perfettamente in linea con il volere di Mattarella che bloccò la nomina all’Economia di Paolo Savona per avere un ferreo guardiano dei conti.
La fermezza
Quando il confronto sul varo della legge di Bilancio è entrato nel vivo Tria si è dimostrato ferreo nel sostenere la sua linea: il rapporto deficit/pil non sarebbe potuto salire sopra l’1,6%. Soglia non casuale ma necessaria per conservare i buoni rapporti con Bruxelles. Fermezza che ha suscitato forti mal di pancia dentro il governo, in particolare nel M5s. Per giorni si è addirittura parlato di possibili dimissioni del titolare del Mef.
La disfatta
Poi inattesa è arrivata la capitolazione. Non una semplice sconfitta. Ma una vera e propria disfatta con il rapporto/deficit Pil fissato addirittura al 2,4%. Per la seconda volta si è parlato di sue possibili dimissioni che non sarebbero arrivate solo per volere esplicito del capo dello Stato, Sergio Mattarella.
La metamorfosi
E qui è iniziata la metamorfosi di Tria. Non solo si è adeguato alla linea imposta da Lega e M5s ma nei confronti dell’Europa ha assunto toni più duri di quelli usati dagli stessi Salvini e Di Maio. Ha respinto al mittente le contestazioni sulle previsioni di crescita eccessivamente ottimistiche parlando di “defaillance tecnica” della Commissione. E ha definito “suicida” una eventuale manovra concepita per rispettare i vincoli di bilancio chiesti dall’Europa.
La retromarcia
Di fronte alla bocciatura della Commissione europea della nostra Manovra e al rischio concreto di avvio della procedura di infrazione, il titolare del Mef è tornato sui suoi passi provando a riconquistare il ruolo di mediatore, che avrebbe dovuto svolgere fin dall’inizio. Ma ancora una volta le sue proposte non sono state prese in considerazione da Salvini e Di Maio. Il ministro dell’Economia avrebbe voluto, per esempio, provare a convincere Bruxelles ad accettare un deficit del 2,4% spostando però tutte le spese sugli investimenti e dunque sulla crescita. Ma da tutti è arrivato un secco no: pensioni e reddito di cittadinanza restano nella Manovra. Lo stesso Conte si sarebbe schierato al fianco dei due principali azionisti della maggioranza.
Il momento del grande passo
E così Tria ancora una volta è rimasto in panchina, come dimostrato dal comunicato di Salvini e Di Maio a favore di Conte. Ma l’agonia del ministro potrebbe avere i giorni contati. Secondo le indiscrezioni di Palazzo riportate da Fubini ci sarebbe già la data in cui l’economista potrebbe annunciare le dimissioni: durante la pausa di fine anno, quando la legge di Bilancio sarà approvata in Parlamento. Probabilmente sarebbe la conclusione più ovvia e giusta.