[Il caso] Gli italiani lavorano troppo. Il consiglio di Cucinelli: staccate gli smartphone e vivete
Il noto imprenditore tessile ha vietato ai suoi 1700 dipendenti l’uso della email dopo le 17.30 e nel week end. A differenza degli altri Paesi europei in Italia la discussione sulla riduzione dell’orario di lavoro è del tutto assente
"E’ inutile lavorare più di 6-8 ore al giorno. E ai lavoratori dico: staccate lo smartphone e vivete”. La dichiarazione del noto imprenditore tessile, Brunello Cucinelli, ha avuto il merito di riaccendere il dibattito sull’orario di lavoro, tema vivo negli altri Paese europei ma del tutto trascurato in Italia. "Ognuno deve avere uno spazio riservato che non può essere invaso dalla tecnologia. Dovrebbe vivere una vita pubblica, una vita privata e una vita segreta. Un aggettivo senza connotazioni romantiche o risvolti penali, ma letto nel senso di spirituale, intima, una vita solo tua" ha proseguito il noto imprenditore del cashmere che ha vietato ai suoi 1700 dipendenti l’uso della email a partire dalle 17.30 e per tutto il week end.
L'importanza dell'orario di lavoro
Perché il dibattito sull’orario lavorativo è importante? I motivi sono vari. La produttività dei lavoratori, la qualità della vita, la disoccupazione. Quest'ultimo aspetto è probabilmente quello più importante perché sempre di più le nuove tecnologie vengono concepite per automatizzare i processi produttivi e cancellare posti di lavoro. Tema praticamente assente dal dibattito pubblico italiano incentrato unicamente sui migranti e sui litigi tra le forze di governo.
L'Italia lavora molto e non sperimenta
L’inizio della riflessione non può che partire dal confronto delle ore lavorate nei vari Stati dell'Unione europea. L'Italia è tra i Paesi dove si lavora più a lungo e soprattutto il luogo dove sono praticamente assenti le sperimentazioni alla ricerca di nuove formule. Una conferma dello stato di arretrezza delle nostre relazioni industriali, ovvero del confronto tra datori di lavoro e sindacati.
In Svezia testata la giornata lavorativa da 6 ore
In Svezia già da tempo è stata sperimentata la giornata lavorativa da 6 ore. I risultati sono stati chiari e netti: aumento della produttività e della soddisfazione dei lavoratori, crollo dell’assenteismo per malattia. Unico problema (non di secondaria importanza) i maggiori costi per i datori di lavoro che per compensare la riduzione delle ore lavorate sono stati costretti ad assumere nuovi dipendenti.
In Germania introdotta settimana da 28 ore
In Germania ha fatto notizia il nuovo contratto dei metalmeccanici che ha introdotto per i lavoratori la settimana di 28 ore su base volontaria. Flessibilità che si è aggiunta a quella dei mini job introdotti già dal lontano 2003 che hanno portato ad un boom dei lavori part time, che oggi interessano 7 milioni di lavoratori su un totale di 43.
In Olanda settimana lavorativa da 4 giorni
La tendenza verso la riduzione dell’orario del lavoro o l’introduzione di maggiore flessibilità oraria è però generalizzata. In Francia le 35 ore settimanali sono state introdotte già alla fine degli anni ’90 dal governo Jospin. In Olanda la settimana lavorativa è di 4 giorni per un totale di 29 ore lavorative. In Norvegia le ore settimanali sono 33, così come in Danimarca che sta per introdurre le 30 ore negli uffici municipali di Copenhagen. Modello che potrebbe diventare realtà anche in Belgio dove il partito socialista ha proposta la riduzione dalle 35 ore attuali alle 30 ore.
Italia in controtendenza: boom degli straordinari
E l’Italia? Siamo fermi alle 40 ore (con un limite massimo di 48 settimanali) che possono diventare 36 negli accordi collettivi. Ma la detassazione del lavoro straordinario avvenuta negli ultimi anni per aumentare i salari, ha aumentato le ore settimanali lavorate che a loro volta hanno amplificato due mali storici dell’economia italiana: calo della produttività (perché più aumentano le ore di lavoro minore è l’efficienza) e aumento della disoccupazione (perché ovviamente le aziende assumo meno).
Gli studi di De Masi sui benefici della riduzione dell'orario
Eppure non mancano gli studi sui benefici che una riduzione generalizzata dell’orario del lavoro avrebbe sulla nostra economia. In prima fila il sociologo Domenico De Masi che nella sua ricerca Lavoro 2025 (commissionata dal M5s) ha calcolato che lavorando quanto i francesi si avrebbero nel nostro Paese 4 milioni di posti in più, e come i tedeschi addirittura 6,6 milioni in più.
"Lavorare meno, lavorare tutti"
Qualcuno potrebbe bollare le tesi sostenute da De Masi come irrealistiche. Ma già nel lontano 1993 tra i primi a parlare di “lavorare meno, lavorare tutti” c’è stato anche Gianni Agnelli secondo cui “la riduzione dell’orario di lavoro sarebbe potuta essere un rimedio all’aumento della disoccupazione dovuta a macchine sempre più produttive”. Tema oggi più che mai attuale dato che la rivoluzione tecnologica in corso è destinata ad avere un impatto dirompente su tutti i settori produttivi. I progressi nel campo dell’intelligenza artificiale sono destinati a sostituire non solo i lavori manuali ma anche quelli impiegatizi.
L'esigenza di aumentare la produttività
Uscite volontarie, contratti di solidarietà sono già oggi una prassi consolidata in diversi settori produttivi italiani e non sempre dietro il loro impiego c’è una crisi aziendale. Spesso e volentieri sono solo il risultato della necessità dei manager di aumentare la produttività ricorrendo all’utilizzo delle nuove tecnologie. Giusto per fare un esempio, l’introduzione dei chat bot (algoritmi di intelligenza artificiale in grado di conversare con gli esseri umani) nei servizi di customer care quanti addetti dei call center (e dunque giovani lavoratori) renderà superflui? Il dramma è che di questo non c’è consapevolezza e a tanti fa comodo che nell’opinione pubblica non ce ne sia.