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[Intervista]  “Vi spiego chi è il talent scout dei campioni del made in Italy”

Nel suo ultimo libro il giornalista del Sole 24 Ore, Simone Filippetti, ha raccontato la storia di Giovanni Tamburi

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
Giovanni Tamburi talent scount made in Italy Simone Filippetti
Giovanni Tamburi

Il capitalismo italiano è ricco di protagonisti. Non sempre però quelli più bravi hanno conquistato la notorietà. Appartiene sicuramente a questa categoria Giovanni Tamburi a cui il giornalista del Sole 24 Ore, Simone Filippetti, ha dedicato un libro “I signori del lusso”, edito da Sperling & Kupfer, in cui racconta la sua vicenda professionale e allo stesso tempo 40 anni di storia di Piazza Affari.

Chi è Giovanni Tamburi?
“E’ un banchiere d’affari romano, trapiantato a Milano, sconosciuto al largo pubblico nonostante sia uno dei più interessanti investitori italiani di Borsa. Ha contribuito al successo di tante bellissime aziende del made in Italy. Piccole e medie imprese che sono lo scheletro dell’economia italiana”.

Puoi farci qualche esempio?
"Il primo che mi viene in mente è Interpump, nome che non dice niente a nessuno ma che partendo dalle campagne di Reggio Emilia è diventata il principale produttore al mondo di pompe idrauliche. Tamburi ci ha investito 15 anni fa consentendole di quadruplicare le dimensioni. Altro caso rilevante è quello di Datalogic, azienda di Bologna leader nella produzione dei lettori ottici utilizzati dalla distruzione commerciale. L’investimento in aziende poco note ma dalle grandi potenzialità è stato però solo uno dei due grandi meriti di questo banchiere. L’altro è stato contribuire al rilancio di brand noti al grande pubblico ma diventati poco attraenti per gli investitori. Il caso più eclatante è stato Moncler. Tamburi è riuscito a vedere potenzialità che altri non vedevano più. Oggi nel suo fondo di investimento (Tamburi Investment Partners) c’è una grossa fetta del meglio del made in Italy”.

Nel tuo libro parlando di Tamburi hai in realtà raccontato 40 anni di storia di Piazza Affari, soffermandoti spesso sui mali (tanti) e sui pregi (pochi) del capitalismo italiano. Iniziamo dai primi, quali sono?
“Il capitalismo italiano si porta dietro difetti storici, per certi aspetti presenti fin dall’unità d’Italia. Le aziende sono sottodimensionate, sottocapitalizzate e troppo indebitate. Gli imprenditori non vogliono rischiare i loro soldi personali ma cercano sempre di avere l’aiuto dello Stato e scaricare i problemi all’esterno”

E i pregi quali sono?
"Che nonostante il Paese abbia mille problemi, una burocrazia asfissiante, un fisco rapace, una giustizia inefficiente, riesce ancora a produrre delle eccellenze aziendali che tutto il mondo ci invidia. E questo grazie alla creatività, alla genialità e al coraggio di certi imprenditori. Per certi aspetti l’Italia è come un calabrone che ha un corpo troppo grosso rispetto alla dimensione delle ali e teoricamente non potrebbe volare. E invece riesce a farlo”.

Il contesto internazionale sta però cambiando rapidamente e nuove potenze economiche competono con noi su tutti i fronti. Il nostro declino è reversibile o irreversibile?
"Sia irreversibile che reversibile. Alcune storture che ci portiamo dietro da decenni, come per esempio l’inefficienza della pubblica amministrazione, non saranno mai risolte. Non siamo riusciti a farlo negli ultimi 50 anni e non credo che saremo in grado di farlo improvvisamente, da un giorno all’altro. Sul fronte internazionale abbiamo invece grandi margini di crescita. Se le nostre aziende riuscissero a fare sistema, unendo le forze, diventerebbero ancora più competitive. Quindi ci sono due Paesi. Uno che continuerà ad arrancare ed uno che può creare ancora più ricchezza e sviluppo di quanto sta già facendo”.

La Francia è alle prese con la protesta dei gilet gialli, il Regno Unito con la Brexit e anche gli Stati Uniti non se la passano molto bene. E' il declino dell’intero modello capitalistico occidentale?
"E’ indubbio che il capitalismo occidentale sia entrato in una fase problematica. Negli ultimi 20 anni l’economia è cresciuta ma allo stesso tempo sono nate disuguaglianze mostruose. La riduzione di povertà nei paesi emergenti è stata accompagna da un impoverimento della classe media occidentale. Il sistema si sta avvitando su se stesso e se non si pongono dei correttivi la situazione diventa pericolosa dal punti di vista sociale. Trump, Brexit, i gilet gialli, i grillini in Italia, sono segnali che il popolo sta mandando alle élite. Credo che da questa ondata di protesta possa nascere un nuovo assetto sociale, che però al momento non siamo ancora in grado di prevedere”.

Simone Filippetti
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