[La polemica] Malattie, divorzi, sesso e amori malati. La vita a nudo dei fanatici social è la nuova pornografia
Si sposano, divorziano, si innamorano, fanno figli, abbandonano figli, desiderano figli che non vengono, si ammalano, denunciano complotti, minacce, sempre con la stessa metodologia: trasformare i loro piccoli, minimi, finanche miseri fatti privati nei grandi eventi che fanno tendenza in modo da poter insegnare, suggerire, consigliare l'universale panacea. Fanatici, appunto, imbonitori che ci aprono le porte degli ospedali dove vengono curati o quelle delle camere da letto dove vivono il proprio disagio senza pensare neppure lontanamente di superare ogni volta la erodibile barriera del comune senso del pudore
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Ci sono almeno due casi che sono balzati agli onori della cronaca dal web massimamente rappresentativi di quello che, parafrasando lo scrittore israeliano Amos Oz, potremmo chiamare il fanatismo autoreferenziale dei social network. La prima storia disvelata è quella di Federica Vincenti, ex moglie bambina di Michele Placido che l'ha impalmata dopo averle dato un figlio facendola diventare soprattutto da tenue attrice, solida e brillante produttrice dei suoi film. Ebbene, intervistata da Vanity Fair, la post trentenne di origini salentine ha raccontato che l'avanzare dell'età (del consorte) avrebbe falcidiato ogni spiga di passione (forse pure sessuale) restituendole, dopo i fasti del matrimonio ricco o famoso, la triste realtà di una coniugalitå matura fino a lambire le acque dove nuotano i decrepiti dalla fisicità scomposta, contraddittoria.
Intervista coraggiosa, quella dell'impalpabile Federica che è parsa distonica rispetto allo stile sobrio seguito con pignoleria maniacale dalla signora per i lunghi 17 anni della sua storia con Placido ed ha scatenato commenti trasversalmente acidi, roventi, maligni in rete. Rilanciata dai media, quella chiacchierata di lady Placido era diventata una sorta di avviso di sfratto all'anziano marito a cui sembrava dover toccare in sorte un misero Natale da "separato in casa". Voi direte, ma era proprio necessario sciacquare i panni opachi di famiglia fuori dal perimetro della lavanderia domestica? Forse si, forse no.
Il problema tuttavia non è questo
In tempi di fluida democrazia digitale, ognuno sceglie di fare ciò che sente. Ci sono i timidi che credono ancora fermamente alla privacy ma ci sono - come dicevamo all’inizio- anche i fanatici, gli egoriferiti, quelli disperatamente in cerca del fatidico quarto d'ora di celebrità di warholiana memoria che ambirebbero a stare in prima pagina perfino da assassini, purché ci fosse una sufficiente copertura mediatica. Federica, dopo aver fatto la frittata aprendo il suo cuore ad un astuto giornalista, si lamenta ora di essere stata fraintesa, brandisce l'ascia metaforica della rettifica, nega appassionatamente di voler abbandonare un marito dal corpo caduco o dalla verve ridotta per vivere, sola, magari ricca, felice, il secondo tempo della sua vita. Ancora una volta, la colpa è di chi scrive mentre a mio modesto avviso l'unico colpevole è chi si fa intervistare, colui o colei che subisce la spinta compulsiva a raccontare tutto, sesso, amori, delusioni, divorzi, litigate, riappacificazione, depressioni o malattie.
Ė ormai un mood dominante, lady Placido scardina il suo sistema matrimoniale pentendosi poi delle conseguenze dell'atto mentre nello stesso periodo una conduttrice confida, sempre su FB, la grave malattia del primogenito piccolo nato dalle nozze con un calciatore. Ma valeva, vale la pena mettersi così a nudo gettando in pasto a milioni di sconosciuti followers fotografie o frammenti di vita che dovrebbero poter restare privatissimi per la delicatezza del loro contenuto? Probabilmente no, perché tutto questo "racconto" si giustifica nel caso di protagonisti reali, centrali della vita politica o economica del paese, ma diventa patetico o disperante quando i "fatti" sono accadimenti più o meno normali della vita privata di singoli vip o pseudo tali.
Ė il fanatismo dei social, è l'exploit dei fanatici convinti che il fine giustifica ogni mezzo, è una battaglia come scrive Amos Oz, tra chi deve comunque affermare di esserci. Non è necessario scomodare lo scontro di civiltà fra i selvaggi integralisti d'Oriente o l'occidente illuminato, basta ricordare che il fanatismo è molto più antico di qualunque ideologia al mondo, più dell'islam o del cristianesimo. Il germe del fanatismo si annida in manifestazioni di dogmatismo categorico: io ho sempre una risposta giusta, addirittura la mia esperienza dimostra che tutti debbono seguire, in un modo o nell'altro il mio consiglio.
I fanatici ci spiazzano quotidianamente imponendoci la "dittatura" dei loro post, delle foto. Si sposano, divorziano, si innamorano, fanno figli, abbandonano figli, desiderano figli che non vengono, si ammalano, denunciano complotti, minacce, sempre con la stessa metodologia: trasformare i loro piccoli, minimi, finanche miseri fatti privati nei grandi eventi che fanno tendenza in modo da poter insegnare, suggerire, consigliare l'universale panacea. Fanatici, appunto, imbonitori che ci aprono le porte degli ospedali dove vengono curati o quelle delle camere da letto dove vivono il proprio disagio senza pensare neppure lontanamente di superare ogni volta la erodibile barriera del comune senso del pudore. Ecco, diciamo che di storie così strettamente personali, forse, molti ne farebbero anche a meno. Che si curino in pace i nostri amici di FB annunciandoci solo il momento positivo della guarigione che ci farà piacere condividere con mille messaggi d'affetto; che si confrontino nell'intimità moglie ex bambina- marito maturo affidando ad un comunicato stampa definitivo l'approdo cioē l'addio o il "si prosegua in pace".
Siccome noi giornalisti travisiamo - questa è la vulgata, ahimè - fateci un piacere, non ci fate sapere più niente. Per una volta usate i social non per litigare, recriminare, mettervi in mostra a qualunque costo, ma per condividere emozioni semplici ed universali: un libro, una gita, un caffè. Almeno dateci una pausa perche su FB per non subire il fanatismo assoluto dei vostri sfoghi a tutto campo non possiamo cambiare canale come in tv, vi dobbiamo solo "bannare" ( potrebbe essere un'idea..) O bannare i voi, che ci fate lo stesso un gran piacere evitandoci il banale spettacolo di quella che nel 77 le femministe avrebbero chiamato con il loro nome proprio ossia "pornografia comportamentale o sentimentale". Restituiamo al dolore il "luogo" del dolore, l'assenza di luci o camere, post o report, lasciamo che il dolore venga metabolizzato senza i commenti dei followers che poi, a pensarci bene, altri se non sono se non perfetti sconosciuti.