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Ucciso da una freccia perché parla per strada, viaggio tra i vicoli di Genova. Il reportage

Passeggiare in questi vicoli, da anni, non solo oggi, significa imbattersi nelle proteste continue di residenti esasperati dal rumore. Ma si vedono anche mondi diversi e multietnici fatti di sapori, di profumi, di musiche, di lingue.

Massimiliano Lussanadi M. Lussana   
Ucciso da una freccia perché parla per strada, viaggio tra i vicoli di Genova. Il reportage
Foto Ansa

Vico Archivolto de Franchi, una perpendicolare di vico Mele, è a un passo da via San Luca, che collega via San Lorenzo, piazza Banchi e il resto del centro storico genovese. Ed è a un passo anche da Sottoripa e dall’Acquario, il sito turistico più visitato di Genova e uno dei più visitati di tutta Italia. Ed è a un passo anche da piazza delle Vigne, una zona riqualificata recentemente con un hotel de charme in uno dei Palazzi dei Rolli, meraviglia e patrimonio dell’Umanità Unesco come Palazzo Grillo.

A una manciata di metri, meno di un minuto a piedi, in piazza di Pellicceria, c’è la Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, uno dei musei gestiti direttamente dal Ministero della Cultura che ha al suo interno capolavori assoluti, dall’Ecce Homo di Antonello da Messina, a Van Dyck e Rubens. La piazza, bellissima, ha una nuova illuminazione scenografica, regalata a Genova da un ragazzo che abita lì, Matteo Gabutto.

Non cambierebbe nulla, assolutamente nulla, ma non siamo nemmeno nei più rumorosi dei vicoli, quelli della movida del venerdì sera, e nemmeno in quelli in cui molti non si avventurano, oltre la Maddalena, quelli resi immortali da Fabrizio De Andrè che, da via Prè e via del Campo portano verso la zona di Principe, con Porta dei Vacca come spartiacque.

Eppure, il dramma.

Che sta tutto in poche parole che arrivano alle 14,32 dall’ufficio stampa del Policlinico San Martino, il più grande d’Europa, con un titolo quasi notarile, come è ovvio che sia per un comunicato ufficiale su carta intestata di un nosocomio: “Nota stampa – Decesso rianimazione”: “L’Ospedale Policlinico San Martino informa che è deceduto presso la Rianimazione del Pronto Soccorso, alle ore 13.05, l’uomo di 41 anni, di origine peruviana, colpito al fianco questa notte da arma contundente. Il paziente è stato sottoposto a un delicato e lungo intervento chirurgico, iniziato alle 3 di questa notte, che purtroppo non ha sortito gli effetti sperati”.

Eppure, in pieno centro della sesta città italiana, una delle prime del Mediterraneo, che si sta conquistando una nuova fama e ammirazione in tutta Europa e anche Oltreoceano, può capitare un dramma di questo tipo. Cito l’agenzia di stampa Ansa, qui guidata dall’ottimo Paolo Mori, che è come dire il bollettino ufficiale dei fatti, tolgo solo i nomi di vittima e carnefice, ma non le nazionalità, perché sono importanti e a parti invertite sentiremmo probabilmente invocazioni di pena di morte e lavori forzati: “Un uomo di 41 anni peruviano è morto dopo essere stato colpito la scorsa notte nel centro storico di Genova da una freccia al torace scoccata con un arco.

Sul posto è intervenuto il personale del 118 con l'automedica.

L'uomo è stato portato in codice rosso, il più grave, all'ospedale San Martino dove è stato ricoverato in prognosi riservata per poi essere sottoposto ad un trapianto di fegato. I carabinieri hanno arrestato un italiano di 63 anni con l'accusa di omicidio.

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del nucleo radiomobile, l'uomo che ha scoccato la freccia sarebbe stato infastidito dalle urla della vittima contro un suo connazionale con cui stava litigando. L'uomo si sarebbe affacciato alla finestra e, dopo avere imbracciato l'arco ha scagliato la freccia: i militari lo hanno disarmato e arrestato.

I militari hanno sequestrato in casa dell'arrestato tre archi e trenta frecce tutte costruite da lui. Secondo quanto ricostruito, l'uomo è un artigiano originario della provincia di Varese, che ha la passione per archi e frecce. Ai militari ha raccontato di avere sentito i due litigare sotto casa sua e di averli invitati più volte a smettere. I due, per tutta risposta, lo hanno insultato e avrebbero lanciato degli oggetti contro la sua finestra. L'artigiano li ha minacciati di prendere l'arco per spaventarli, ma loro hanno risposto con altre minacce. A quel punto ha imbracciato l'arma artigianale e scoccato il dardo che ha trafitto uno dei due”.

Passeggiare in questi vicoli, da anni, non solo oggi, significa imbattersi nelle proteste continue di residenti esasperati dal rumore, dalla musica e dalle voci che spesso durano tutta la notte. E, andando oltre, inoltrandosi per i caruggi del centro storico più grande d’Europa, un dedalo di viuzze, si vede spesso spaccio a cielo aperto e si vedono mondi diversi e multietnici fatti di sapori, di profumi, di musiche, di lingue. Quello che c’è in ogni città mediterranea con una conformazione di questo tipo: molto Napoli, un po’ Palermo, un po’ Marrakesh, un po’ Marsiglia, un po’ Barcellona.

Personalmente, da genovese d’adozione, amo moltissimo questo clima – non lo spaccio e non il rumore 24 ore al giorno, ovviamente – e l’amministrazione comunale di Marco Bucci ha anche lanciato un progetto, che si chiama per l’appunto “Caruggi” per assegnare gratis o con affitti simbolici o molto scontati locali al piano strada a chi vuole impiantare nuove attività nel centro storico, con anche una lista delle buone pratiche: chessò i phone center o i sexy shop o le sale scommesse non fanno parte della lista dei possibili beneficiari. Se ne sono occupati gli assessori comunali Paola Bordilli, Mauro Avvenente e Lorenza Rosso, con appositi patti territoriali e, ad esempio, solo pochi giorni fa era un piacere vedere in pochi metri aprire un locale di ristorazione che punta moltissimo sulle materie prime come “Lo Stecco” di Carlo Silva in piazza Ferretto, una galleria “negozio d’arte di quartiere”, lì di fronte, e un’enoteca-vineria con prodotti di cooperative sociali, ricavata in piazza San Donato, affacciata sull’omonima chiesa meravigliosa, in un’antica galleria che portava al mare e ora anche museo degli utensili con cui si produceva il vino in tempi antichi.

Insomma, venerdì sera, per festeggiare tutto questo c’erano centinaia e centinaia di ragazzi, ma non solo, che sono rimasti sette ore, disordinatamente ordinatissimi, splendido ossimoro di una città che vive e rivive. Tutto questo non è vicinissimo, ma nemmeno lontano dal luogo dell’omicidio con le frecce, cinquecento-seicento metri, sette minuti a piedi qualsiasi dei quattro itinerari consigliati dalle mappe telematiche si scelga.

Eppure, è possibile questo, che vicino ai luoghi della rinascita del Centro Storico più grande d’Europa ci sia anche la morte.

Il Municipio, che è l’ente di base più vicino ai cittadini, sta facendo moltissimo per raccontare una nuova storia, la giunta è di centrodestra, guidata da un leghista moderato, Andrea Carratù e ha avuto anche una sorta di “sindaco dei vicoli” come Antonio Susi Oliveri e assessori giovani e che lavorano sull’integrazione, senza pregiudizi, da Andrea Grasso nello scorso ciclo, a Daniela Marziano e Stefania Cosso nell’attuale ciclo amministrativo, la Bellezza del pensiero e non solo al governo, la dimostrazione che un altro centrodestra che non urla è possibile e non è un caso che siano esponenti delle due liste civiche di Marco Bucci, quanto di più concreto e di meno ideologico esista in natura. E anche il terzo collega di giunta Tomaso Giaretti, che è il più identitario, essendo di Fratelli d’Italia, gli unici eccessi che ha li raggiunge solo quando difende l’allenatore del Genoa Alexander Blessin.

Ecco, c’è anche un Genoa club qui dove c’è il luogo dell’omicidio, proprio a un passo. Uno dei tanti luoghi di ritrovo di questi vicoli che sono rimasti come “La città vecchia” cantata da Faber, vicoli di “graziose”, di trans e di storie: “Una gamba qua una gamba là/Gonfi di vino/Quattro pensionati mezzo avvelenati/Al tavolino/Li troverai là col tempo che fa/Estate inverno/A stratracannare a strameledir/Le donne il tempo ed il governo”.

Il governo, quello regionale, parla per bocca del presidente Giovanni Toti e parla con lingua diritta in questo caso: “Non esiste movida o rumore che possa giustificare una simile reazione”.

Spiega Toti: “Nutro un profondo dispiacere per l’assurda morte di Javier Alfredo Romero Miranda, ucciso da una freccia scagliata questa notte da un’abitazione del Centro Storico. I nostri sanitari hanno fatto tutto il possibile per salvare la sua giovane vita, ma non c’è stato nulla da fare. Spero che i magistrati applichino il massimo rigore per chi ha compiuto questo gesto sconsiderato perché non esiste movida, rumore o qualsiasi altra situazione che possa giustificare una simile reazione. Trovo altrettanto sconsiderato collegare, in qualsiasi modo, un gesto omicida con il divertimento dei giovani, pure con tutte le sue problematiche”.

 Eppure, camminando per questi vicoli, sentendo alcuni (non tutti grazie al cielo) residenti, a fianco del cordoglio per la morte di un quarantenne, grazie al cielo e ci mancherebbe, in molti pongono anche l’accento sul fatto che “ormai la situazione è intollerabile” e “il rumore è troppo” che è anche vero, ma è diverso da un giovane uomo ucciso da una freccia, scagliata volontariamente in mezzo alla strada.

E sui social, finchè non è chiara la nazionalità del morto e quella del carnefice, c’è chi se la prende con le “risorse” e comunque sono in parecchi a commentare “vengono qui, fanno casino, poi può succedere”.

No, io credo non possa succedere.

L’ultimo verso de “La città vecchia” di Fabrizio dice:

“Se tu penserai e giudicherai
Da buon borghese
Li condannerai a cinquemila anni
Più le spese
Ma se capirai se li cercherai
Fino in fondo
Se non sono gigli son pur sempre figli
Vittime di questo mondo”.

Una canzone che oggi racconta benissimo questa storia.

Massimiliano Lussanadi M. Lussana   
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