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Il Vaticano e la posizione sui vaccini: il dovere morale alla solidarietà

Il documento si appella alla responsabilità morale dal momento che il rifiuto del vaccino può costituire anche un rischio per gli altri. No alla concorrenza tra gli Stati

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Il Vaticano e la posizione sui vaccini: il dovere morale alla solidarietà

Vaccinarsi è un dovere di solidarietà. E pertanto un obbligo morale. Lo sostiene una nota del Vaticano sulla produzione, distribuzione e somministrazione del vaccino per il Covid 19 sottolineando la responsabilità morale per tutti di farsi vaccinare. Nel documento non compare il termine obbligo o no-vax, ma è chiarissima la posizione vaticana per una vaccinazione generale.

Si indica infatti con insistenza una “decisione responsabile” considerando la “stretta interdipendenza” tra salute personale e salute pubblica. Alla luce di questo nesso “riteniamo importante – si afferma - che si consideri al riguardo la presa di una decisione responsabile, atteso che il rifiuto del vaccino può costituire anche un rischio per gli altri”.

L’aspetto specifico che sta scuotendo il dibattito pubblico sull’obbligatorietà o la libera scelta del vaccino viene affrontato nel paragrafo 13 della Nota della Commissione Vaticana Covid-19 in collaborazione con la Pontificia Accademia per la Vita che firmano il documento “Vaccino per tutti. 20 punti per un mondo più giusto e sano".

Il documento dà seguito concreto alle indicazioni di Papa Francesco che, fin dall’agosto scorso in diverse occasioni, ha affermato l’esigenza “di rendere gli ormai imminenti vaccini anti-Covid-19 disponibili e accessibili per tutti, evitando la «marginalità farmaceutica». “Se c’è la possibilità di curare una malattia con un farmaco, questo",  ammonisce Francesco, "dovrebbe essere disponibile per tutti, altrimenti si crea un’ingiustizia”. L’indicazione moralmente vincolante “vale anche qualora, in assenza di alternativa, la motivazione fosse di evitare di trarre benefici dagli esiti di un aborto volontario. Infatti, in questi casi, si può ritenere, a precise condizioni, “moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione”.

Il rifiuto di vaccinarsi “potrebbe aumentare seriamente i rischi per la salute pubblica. Infatti, da un lato, si troverebbero più esposte alle infezioni quelle categorie di soggetti che non possono essere vaccinati (es. immunosoppressi) e che quindi, per evitare il rischio di contagio, possono contare solo sulla copertura vaccinale altrui (e sull’immunità di gregge). Dall’altro, l’ammalarsi determina un aumento dei ricoveri con conseguente sovraccarico per i sistemi sanitari, fino a un possibile collasso, come sta accadendo in diversi Paesi durante questa pandemia, ostacolando l'accesso all'assistenza sanitaria, ancora una volta a spese di chi ha meno risorse”. In definitiva “è necessario accogliere il vaccino non solo per la propria salute, ma anche in nome della solidarietà con gli altri, specialmente i più vulnerabili”.

Un altro punto attualissimo del documento è il richiamo alla collaborazione e non alla competizione tra gli Stati per il vaccino e l’aiuto che occorre dare ai Paesi poveri perché nessuno sia escluso.

“Il solo obiettivo dello sfruttamento commerciale – ammonisce la Nota vaticana - non è eticamente accettabile nel campo della medicina e della cura della salute. Gli investimenti in campo medico dovrebbero trovare il loro più profondo significato nella solidarietà umana. Perché ciò sia possibile occorre individuare opportuni sistemi che favoriscano la trasparenza e la collaborazione, invece che l’antagonismo e la competizione. Va quindi superata la logica del «nazionalismo vaccinale», intesa come tentativo dei diversi Stati di avere il proprio vaccino in tempi più rapidi come forma di prestigio e di vantaggio, procurandosi comunque per primi la quantità necessaria per i propri abitanti. Sono assai auspicabili e da sostenere accordi internazionali per gestire i brevetti in modo da favorire l’accesso di tutti al prodotto ed evitare possibili cortocircuiti commerciali, anche per mantenere il prezzo calmierato pure in futuro”.

Prevista anche la liceità della retribuzione per la brevettazione del vaccino “in quanto non si tratta di una risorsa naturale già data (come l’aria o i mari) o scoperta (come il genoma o altre strutture biologiche), ma di una invenzione prodotta dall’ingegno umano, è possibile sottoporla alla disciplina economica che consente di retribuire le spese della ricerca e il rischio che le imprese si sono assunte. Data la sua funzione è, però, molto opportuno interpretare il vaccino come un bene a cui tutti abbiano accesso, senza discriminazioni, secondo il principio della destinazione universale dei beni, menzionato anche da Papa Francesco”.

L’indicazione a favore della vaccinazione universale “è un punto di arrivo in un contesto più generale della pandemia che – rileva la Nota - sta intensificando una triplice minaccia di crisi simultanee ed interconnesse a livello sanitario, economico ed ecologico-sociale, con gravi ripercussioni sui più poveri e vulnerabili. Mentre ci muoviamo verso una ripresa giusta, dobbiamo assicurarci che le cure immediate per le crisi diventino passi fondamentali per una società più giusta, con sistemi inclusivi e integrati. Intraprendere le azioni immediatamente necessarie per rispondere alla pandemia, avendo in mente anche i suoi effetti sul lungo periodo, è importante perché possa aver luogo una “guarigione” globale e rigenerativa. Se infatti le risposte si limiteranno unicamente al piano organizzativo e gestionale, senza riesaminare quelle premesse che ci hanno condotto alle attuali difficoltà, rendendoci tutti disponibili a una vera e propria conversione, non avremo quelle trasformazioni della società e del mondo di cui abbiamo assoluta necessità”.

 

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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