Ustica, riesumata la salma del maresciallo Dettori. L'ex capitano: "Non è stato un suicidio, l'hanno ucciso"

Il caso, uno dei più drammatici della nostra storia patria, è tornato nelle prime pagine dei quotidiani quando la procura della Repubblica di Grosseto ha deciso di riesumare la salma del soldato. Il racconto dell'ex pilota dell'aviazione militare

Il Capitano pilota Mario Ciancarella e il maresciallo Mario Alberto Dettori
Il Capitano pilota Mario Ciancarella e il maresciallo Mario Alberto Dettori

“Quello di Mario è un delitto premeditato e volontario consumato dalle nostre forze armate per poter creare un casus belli per rovesciare il regime libico di Gheddafi”. Mario Ciancarella, ex capitano dell’aviazione militare, non usa giri di parole quando racconta a tiscali.it la sua verità sulla morte del maresciallo Mario Alberto Dettori. Il caso, uno dei più drammatici della nostra storia patria, è tornato nelle prime pagine dei quotidiani italiani quando la procura della Repubblica di Grosseto ha deciso di riesumare la salma del graduato di Pattada (SS) trovato impiccato il 30 marzo del 1987 in un albero vicino al greto del fiume Ombrone (Toscana).

Dettori si suicidò o fu qualcun altro a farlo fuori?

 Dettori si suicidò o fu qualcun altro a farlo fuori? Non ci sono certezze giuridiche, è certo però che l’uomo nell’espletamento del suo lavoro era venuto a conoscenza di alcuni particolari legati alla strage di Ustica che definire scomodi è, perlomeno, un eufemismo. Che cosa aveva visto o sentito? Per il capitano, ex leader del Movimento Democratico dei militari, il “suicidio” del maresciallo che la notte della strage era di servizio a Poggio Ballone è senz’altro legato a quanto aveva visto negli schermi radar. E a quel "Capitano siamo stati noi…”, cioè al contenuto della prima delle due telefonate che avrebbero potuto cambiare, se gli inquirenti e i magistrati ne avessero tenuto conto, il corso delle indagini. “Gli chiesi di dirmi qualcosa di più, ma era troppo agitato, mi disse solo: ‘qui mi fanno la pelle’”.

Qualcuno imitò la firma di Pertini

Dettori si fidava di Ciancarella, ma si decise a parlare con il pilota solo dopo il ritrovamento del Mig libico precipitato sulla Sila. “Dopo questa puttanata del mig – mi disse Dettori – ti do tre elementi su cui indagare: gli orari di atterraggio dei nostri velivoli, l’uso di missili a testata inerte e guidata. A quel punto non avevo alcun motivo per andare a fare verifiche, ma non potevo trascurare le contraddizioni insite nelle notizie che i mass media elargivano e quanto io ero venuto a sapere”. Il militare così mise in moto -  con la collaborazione di Sandro Marcucci (morto in circostanze misteriose) - una inchiesta parallela a quella istituzionale.  “Ma due mesi dopo, agli inizi di settembre, fui stoppato dal mio primo arresto”, spiega l’ex aviatore.  Nell 1987 al termine dei suoi calvari giudiziari, Ciancarella divenne scomodo a un punto tale da indurre “qualcuno molto in alto” (“forse i servizi segreti andreottiani”) a manipolare, nell’ottobre 1983, la firma del Presidente Pertini nel Decreto Presidenziale di radiazione. Un vero e proprio colpo di Stato. La copia del decreto gli verrà consegnata, su sua richiesta, solo 9 anni più tardi e dopo la morte di Pertini.

Si voleva attribuire la responsablità della strage a Gheddafi

Sulla strage di Ustica, spiega ancora Ciancarella, si è offerto ai mass media lo scenario “di una possibile esecuzione volontaria e premeditata di un velivolo civile per cercare di attribuirne la responsabilità diretta a Gheddafi, per tentare di destabilizzarne il suo regime a favore del generale Idris Shaibi, comandante della IX brigata e capo operativo dei servizi di informazione libici, pronto ad occupare il potere a Tripoli”. Vista in questa prospettiva, commenta Ciancarella, “Ustica è senz'altro una strage di Stato”. Il suo ragionamento era stato ascoltato anche dal giudice Rosario Priore. Che però gli aveva fatto intendere che non avrebbe mai sfiorato “il livello politico”. “Gli risposi che in questo modo stava diventando, sia pure, inconsapevolmente, un depistatore e che lui aveva già firmato la sentenza di proscioglimento per i suoi stessi imputati militari”. Come infatti avvenne.

Tuttavia, otto anni dopo la morte di Dettori, l’allora Capo di stato maggiore dell’Aeronautica “ha ammesso davanti a una platea di politici che i vertici della sua arma avevano mentito per oltre 15 anni sulla data di ritrovamento del Mig sulla Sila, perché, ‘dovete capirci, per noi una grande parte del Parlamento rappresentava il nemico’”. Il nemico era il partito comunista. Ora che quel nemico è stato sconfitto con il crollo del muro di Berlino, lo Stato deve dare risposte certe, non solo sul “suicidio” di Dettori, ma anche sul perché di una strage che ancora non ha colpevoli. Per dare voce al silenzio degli innocenti. Ascoltate l’intervista audio.