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Il monito di Francesco contro guerra e la spinta alla resistenza dell'Ucraina. Il Papa verso visita a Kiev

All’udienza generale il Pontefice prega perché i governanti capiscano che la guerra è una sconfitta per tutti. "La pace si fa con opere di pace"

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Papa Francesco
Papa Francesco (Foto Ansa)

La fine della guerra in Ucraina con un giusto accordo di pace resta in cima ai pensieri di Francesco che continua a parlare praticamente ogni giorno, quasi in contrappunto costante con i belligeranti coinvolti direttamente e con singolare attenzione all’Europa. Il Papa infatti, tocca tasti molto discussi in Europa su come non entrare in conflitto aperto e allo stesso tempo dare una mano concreta alla resistenza Ucraina. Su questo punto sia il papa personalmente, ma tutta la diplomazia vaticana, punta a scoraggiare la via di arrivare alla pace con maggiori spese militari e armamenti. Intanto l'ambasciata ucraina presso la Santa Sede assicura che farà il possibile per organizzare la visita del Papa a Kiev.

La pace si fa con opere di pace

La pace si fa con opere di pace e non con strumenti di morte. Su questo versante Francesco potrebbe sembrare intransigente: misura le parole ma la sostanza è durissima. Lo ha dimostrato anche nel corso dell’udienza generale coronata con un nuovo appello a braccio – quindi spontaneo – per la pace Ucraina. “Vorrei prendere un minuto per ricordare le vittime della guerra. Le notizie delle persone sfollate, delle persone che fuggono, delle persone morte, delle persone ferite, di tanti soldati caduti da una parte e dall’altra, sono notizie di morte. Chiediamo al Signore della vita che ci liberi da questa morte della guerra. Con la guerra tutto si perde, tutto. Non c’è vittoria in una guerra: tutto è sconfitto. Che il Signore invii il suo Spirito perché ci faccia capire che la guerra è una sconfitta dell’umanità, ci faccia capire che occorre invece sconfiggere la guerra. Lo Spirito del Signore ci liberi tutti da questo bisogno di auto-distruzione, che si manifesta facendo la guerra. Preghiamo anche perché i governanti capiscano che comprare armi e fare armi non è la soluzione del problema. La soluzione è lavorare insieme per la pace e, come dice la Bibbia, fare delle armi strumenti per la pace”.

Le armi non sono una soluzione

Sono due giorni che la preoccupazione della produzione e del commercio delle armi è diventata dominante nella testa e nel cuore di Francesco. “Certe scelte non sono neutrali - aveva detto nell’incontro con l’Organizzazione di volontariato “Ho avuto sete” - e destinare gran parte della spesa alle armi, vuol dire toglierla ad altro” e “continuare a toglierla ancora una volta a chi manca del necessario”. È uno scandalo: le spese per le armi. Quanto si spende per le armi: terribile! Non so quale percentuale del Pil, non lo so, non mi viene la cifra esatta, ma un’alta percentuale. E si spende nelle armi per fare le guerre e così – non solo questa, che è gravissima, che stiamo vivendo adesso, e noi la sentiamo di più perché è più vicina, ma in Africa, in Medio Oriente, in Asia, le guerre, continue… Questo è grave. È grave. Creare la coscienza che spendere in armi, in armi, in armi sporca l’anima, sporca il cuore, sporca l’umanità”.

Santa Sede spinge per il negoziato

Parole pronunciate mentre diversi Paesi europei discutono di aumentare le spese da destinare alle armi per l’Ucraina e per formare un proprio esercito comune. Nelle cancellerie forse turba questo martellante richiamo del Papa contrario alla produzione e commercio delle armi nell’illusione di arrivare a una pace giusta. Sembra che Francesco sia schierato con una parte. Il papa è schierato certamente, ma lo è sempre e solo per la pace che garantisce tutti senza mai trasformarsi in aggressori o aggrediti. Questa ottica – l’unica per lui pienamente evangelica – spiega anche l’insistenza quasi testarda della Santa Sede a spingere per il negoziato, chiunque sia a mediarlo, purché cessi la guerra. Papa Francesco lo ha ripetuto all’infinito che la Santa Sede è pronta a fare di tutto per fermare la guerra e lo riafferma anche il cardinale Parolin, sottolineando che per una svolta servono intenzioni reali.

Trovare soluzione onorevole per tutti

“Credo che siamo tutti smarriti - ha rilevato il segretario di Stato - di fronte a quanto è successo e continua a succedere, senza sapere quali saranno le prospettive future, sperando che si riesca a porre fine a questo scempio - io lo definisco come tale - e si riesca prima di tutto a bloccare la guerra e poi a intavolare negoziati che possano portare ad una soluzione. C’è sempre la possibilità di trovare una soluzione, una soluzione che sia onorevole per tutti, basta avere la buona volontà di farlo. Io credo che in questo caso c’è bisogno di tanta buona volontà. L’alternativa è la guerra, l’alternativa è la violenza, l’alternativa sono i morti. Noi stiamo insistendo che ci sia un negoziato e siamo disponibili nella misura in cui le parti pensano di poter avvalersi anche della nostra collaborazione proprio per aiutare a concludere questa guerra”.

La telefonata tra  Francesco e Zelensky

La trattativa e la mediazione è stata considerata anche nella telefonata tra papa Francesco e il presidente Zelensky. Già nel novembre del 2014, l’anno della precedente crisi ucraina conclusa con l’annessione russa della Crimea, Francesco aveva cercato di risvegliare l’Europa al vigore attivo che viene al vecchio continente dalla sua fede cristiana, patrimonio della maggioranza degli europei. “Così oggi abbiamo davanti agli occhi – disse il papa al Parlamento e al Consiglio d’Europa – l’immagine di un’Europa ferita, per tutte le prove del passato, ma anche per le crisi del presente, che non sembra più capace di fronteggiare con la vitalità e l’energia di un tempo. Un’Europa un po’ stanca, pessimista, che si sente cinta d’assedio dalle novità che provengono da altri continenti”. E continuava: “All’Europa possiamo domandare: dov’è il tuo vigore? Dove quella tensione ideale che ha animato e reso grande la tua storia? Dove il tuo spirito di intraprendenza curiosa? Dove la tua sete di verità, che hai comunicato finora al mondo con passione?” E concludeva che è importante custodire la memoria ma “insieme alle radici…ci sono sfide attuali del continente che ci obbligano a una creatività continua, perché queste radici siano feconde nell’oggi e ci proiettino verso utopie del futuro”.

Ascoltare i nonni

Appare evidente dal comportamento di Francesco in questo conflitto che l’Europa non può contentarsi di equilibrismi tra l’accoglienza generosa dei profughi e il commercio delle armi che quei profughi causano. Nella crisi generale della cultura europea il papa si preoccupa della crisi della fede cristiana che ha perso la sua spinta propulsiva evangelica nell’attuale contesto europeo. “L’odio e la rabbia alla guerra - ha detto portando la sua testimonianza personale nel contesto della catechesi dedicata al valore che gli anziani hanno per ricordare la storia - io l’ho imparata da mio nonno che aveva combattuto al Piave nel 1914: lui mi ha trasmesso questa rabbia alla guerra. Perché mi raccontò le sofferenze di una guerra. E questo non si impara né nei libri né in altra maniera, si impara così, trasmettendola dai nonni ai nipoti. E questo è insostituibile. La trasmissione dell’esperienza di vita dai nonni ai nipoti. Oggi questo purtroppo non è così e si pensa che i nonni siano materiale di scarto: no! Sono la memoria vivente di un popolo e i giovani e i bambini devono ascoltare i nonni.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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