[L’inchiesta] Caccia al giustiziere che ha ucciso l’uomo che ha violentato una ragazzina
Ammazzato a colpi di pistola appena uscito dal carcere. Undici anni fa aveva violentato una ragazzina, che poi si è uccisa. Chi è stato? Caccia al giustiziere mentre la gente applaude

Con l'aria che tira in Italia se si aprisse, oggi, un sondaggio sulla pena di morte per i pedofili, ci sarebbe da aspettarsi un plebiscito a favore. Non importano le radici cristiane della nostra cultura. Non importa la Carta costituzionale, che riconosce a tutti i condannati dignità, e considera la pena nel suo valore rieducativo. Non importano neppure gli studi sociali che, all'unanimità, attestano che dove c'è la pena di morte, si delinque alla stessa maniera perché neppure quella capitale è una dissuasione. Si chiama vendetta, non c'è altra parola.
Vendetta privata
E alla vendetta privata hanno subito pensato Aldo Policastro, procuratore capo di Benevento e il suo aggiunto, Giovanni Conzo, che indagano sull'omicidio di Giuseppe Matarazzo, ammazzato con cinque colpi di pistola, a pochi giorni dalla sua uscita dal carcere dove aveva scontato undici anni di pena. Per quale reato? Uno dei più odiosi. Abusi sessuali su una ragazzina che all'epoca aveva quattordici anni. Ma c'è di più. Un colore più nero del nero. La ragazza, di nome Michela, due anni dopo si impiccò. Un gesto tragico di dolore, che gettò nello sconforto i genitori, ma non costò a Matarazzo l'accusa di induzione al suicidio.
Freddato fuori casa
Uscito di cella dopo undici anni, Matarazzo è stato freddato fuori casa sua. Da una macchina gli hanno chiesto informazioni e quando si è avvicinato, hanno fatto fuoco. Sollevando sottovoce un coro di consensi. Sembra di sentirli i commenti: hanno fatto bene; doveva farlo lo Stato; se lo è meritato. Gli inquirenti, intanto, si sono messi alla ricerca di assassino e movente. E la prima porta a cui hanno bussato è quella che è venuta in mente a tutti.
Il movente più grande
Nottetempo si sono presentati a casa del papà di Michela, la ragazzina abusata che poi si è tolta la vita. Quale movente più grande, per un gesto così? Il papà Lucio se lo aspettava. «È ovvio che adesso sospetteranno di noi, però non c’entriamo niente», avrebbe detto – secondo quanto riportato dal Corriere della sera – al suo avvocato. Ha consentito con tranquillità alla perquisizione, ha fornito il suo alibi (era a cena a casa di parenti) e ha chiarito la sua posizione, sapendo che il dubbio sarà rimasto e che le indagini vanno in quella direzione.
Nessun perdono
La portata della tragedia in quella casa, in effetti, è stata enorme. La mamma della ragazzina ha avuto un malore quando ha saputo dell'uscita dal carcere di Matarazzo. E quando, qualche mese fa, anche per prepararli al fatto, a loro era stato chiesto se erano disponibili al perdono, al fine di favorire misure di attenuazione della pena, la famiglia ha detto no. Non si può perdonare. Quelle violenze su Michela, quella su sua sorella Cristina, qualche anno prima. Il suicidio. Uno schianto da cui non ci si può riprendere.
Il fratello
Nella sera stessa del delitto, gli inquirenti hanno perquisito anche la casa di Rocco, unico fratello maschio di Michela. Hanno portato via due fucili da caccia, regolarmente detenuti, mentre il pregiudicato è stato ammazzato con una calibro 38, peraltro da persone a lui sconosciute viste che si è avvicinato a loro. Chi è stato dunque ad ammazzare Matarazzo? La famiglia di Michela sembra una risposta troppo scontata, quasi banale. Davvero potevano essere così ingenui? Si domandano a Frasso Telesino. Non è stato un raptus, sembra un delitto organizzato. Avvenuto troppo a ridosso dall'uscita dal carcere. Per qualcuno potrebbe essere collegato a qualche problema avuto durante la carcerazione. Uno sgarbo. Una lite. Oppure cammina un giustiziere, nelle campagne del beneventano. Un giustiziere che applica la pena di morte, con grande consenso popolare.