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Un unico Tribunale vaticano per cardinali e laici: è sempre più chiara la Riforma di Francesco

Il papa riduce privilegi di ecclesiastici e con l’Azione Cattolica spinge per realizzare la Chiesa del dialogo specialmente in tempi difficili come la pandemia

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Papa Francesco (foto Ansa)
Papa Francesco (foto Ansa)

Tutti aspettano con impazienza la pubblicazione della Riforma della Curia Romana, ma intanto papa Francesco corre verso una Chiesa dei poveri e con i poveri sempre più dal volto rinnovato e vicina alla gente. Con tale intento anche questa settimana ha modificato due aspetti legislativi e finanziari che rappresentano la nuova cornice entro cui chiama ad operare la Curia. Si tratta di passi senza enfasi di Francesco, ma importanti per adeguare l’istituzione vaticana all’immagine di Chiesa proposta dal concilio Vaticano II e centrata sul popolo di Dio anziché su gerarchie e privilegi clericali.

Pertanto il primo provvedimento firmato dal papa punta ad arginare la possibile corruzione con una più trasparente gestione finanziaria e l’adesione personale alla Chiesa dei poveri. D’ora in avanti i dirigenti vaticani, preti e laici, compresi i cardinali ai vertici dei dicasteri, dovranno sottoscrivere una dichiarazione per attestare di non aver subito condanne né di essere sottoposti a procedimenti penali per corruzione, frode, evasione fiscale, pedofilia, e assicurare di non possedere beni mobili e immobili nei “paradisi fiscali” né di detenere quote in società contrarie ai principi cattolici; e si impegnino a non accettare regali di valore superiore a quaranta euro. Il decreto ha suscitato consensi, ma qualche voce critica lo ha tacciato di cedimento al populismo finanziario poiché vieta ai dirigenti di ogni ordine e grado di ricevere regali superiori a 40 euro.

Non meno importante il nuovo decreto secondo il quale in Vaticano cardinali e vescovi, rinviati a giudizio per reati penali comuni, saranno giudicati come tutti gli altri dal Tribunale vaticano. Non si tratta di una disposizione punitiva né di un colpo ad effetto di Francesco, ma di una normativa giuridica che rende operativo uno dei principi teologici cardini del concilio Vaticano II. Nella Chiesa tutti i battezzati godono di pari dignità e tutti fanno parte dell’unico santo popolo di Dio. Finora vescovi e cardinali  rinviati a giudizio per reati penali comuni, nello Stato Vaticano comparivano davanti alla Corte di Cassazione, costituita da tre cardinali e due o più giudici applicati e  presieduta da un porporato. D’ora in avanti saranno sottoposti in primo grado al Tribunale, come tutti, ma per processarli servirà l’autorizzazione previa del papa. La modifica perfeziona l’ordinamento giudiziario promulgato nel marzo del 2020. Un segno evidente di riforma portata avanti a piccoli passi ma decisamente.

La volontà ferma di Francesco di creare le condizioni per una nuova mentalità cristiana nel nostro tempo ha registrato un altro segnale importante specialmente per l’Italia. Negli ultimi quarant’anni spinte movimentiste hanno terremotato la Chiesa in una gara di visibilità più che di fraternità. Francesco richiama invece la sinodalità: Chiesa tutta insieme in cammino. Da ultimo lo ha fatto in un discorso al Consiglio Nazionale dell’Azione Cattolica, la più antica aggregazione apostolica laicale dei tempi moderni, anteriore ai Movimenti. Parlando al Consiglio in occasione della 18.ma Assemblea nazionale in corso on line fino a domani, Francesco ha ribadito che la sinodalità realizza  il concilio Vaticano II e pertanto occorre muoversi rapidamente in tale direzione. Un discorso di papa Francesco altrettanto impegnativo ai laici dell’Azione Cattolica risale al 2017 in occasione dei 150 anni di fondazione celebrato a Roma con la presenza di delegati di vari Paesi del mondo. Ieri il papa ha chiarito il suo pensiero e la missione che lascia ai laici dell’Aci spiegando tre parole: azione, cattolica e italiana.

La prima e più importante azione è quella che opera lo Spirito santo nella Chiesa. “Ricordare questo – ricorda il papa - non ci deresponsabilizza, ma ci riporta alla nostra identità di discepoli-missionari. La pandemia ha mandato all’aria tanti progetti, ha chiesto a ciascuno di confrontarsi con l’imprevisto. Accogliere l’imprevisto, invece che ignorarlo o respingerlo, significa restare docili allo Spirito e, soprattutto, fedeli alla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo”. Si deve essere molto attenti – ammonisce Francesco – “a non cadere nell’illusione del funzionalismo. I programmi, gli organigrammi servono, ma come punto di partenza, come ispirazione; quello che porta avanti il Regno di Dio è la docilità allo Spirito, è lo Spirito, la nostra docilità e la presenza del Signore. La libertà del Vangelo. È triste vedere quante organizzazioni sono cadute nel tranello degli organigrammi: tutto perfetto, tutte istituzioni perfette, tutti i soldi necessari, tutto perfetto… Ma dimmi: la fede dov’è? Lo Spirito dov’è?”. La docilità allo Spirito “è rivoluzionaria, perché è rivoluzionario Gesù Cristo, perché è rivoluzionaria l’Incarnazione, perché è rivoluzionaria la Risurrezione. Anche il vostro invio dev’essere con questa caratteristica rivoluzionaria”. Pertanto la prima caratteristica dell’Azione Cattolica rimane la gratuità: “La spinta missionaria non si colloca nella logica della conquista ma in quella del dono”.  Poi c’è l’umiltà. “La Chiesa è grata all’Associazione a cui appartenete, perché la vostra presenza spesso non fa rumore, ma è una presenza fedele, generosa, responsabile. Umiltà e mitezza sono le chiavi per vivere il servizio, non per occupare spazi ma per avviare processi”.

La parola “cattolica” si può tradurre con l’espressione “farsi prossimo”, perché è universale, “farsi prossimo”, ma di tutti. Il tempo della pandemia, che ha chiesto e tuttora domanda di accettare forme di distanziamento, - ricorda Francesco - ha reso ancora più evidente il valore della vicinanza fraterna: tra le persone, tra le generazioni, tra i territori. Essere associazione è proprio un modo per esprimere questo desiderio di vivere e di credere insieme”. “Il pericolo è la clericalizzazione dell’Azione Cattolica, tentazione di tutti i giorni. È ancora diffusa la tentazione di pensare che la promozione del laicato – davanti a tante necessità ecclesiali – passi per un maggiore coinvolgimento dei laici nelle “cose dei preti”, nella clericalizzazione. Con il rischio che si finisca per clericalizzare i laici. Ma voi, per essere valorizzati, non avete bisogno di diventare qualcosa di diverso da quello che siete per il Battesimo”.

La grande sofferenza umana e sociale generata dalla pandemia rischia di “diventare catastrofe educativa ed emergenza economica.. Vi affido soprattutto chi è stato più colpito dalla pandemia e chi rischia di pagarne il prezzo più alto: i piccoli, i giovani, gli anziani, quanti hanno sperimentato la fragilità e la solitudine.

Il terzo termine è “italiana”. La vostra Associazione è sempre stata inserita nella storia italiana e aiuta la Chiesa in Italia ad essere generatrice di speranza per tutto il vostro Paese. Voi potete aiutare la comunità ecclesiale ad essere fermento di dialogo nella società, nello stile che ho indicato al Convegno di Firenze. E la Chiesa italiana riprenderà, in questa Assemblea [dei Vescovi] di maggio, il Convegno di Firenze, per toglierlo dalla tentazione di archiviarlo, e lo farà alla luce del cammino sinodale che incomincerà la Chiesa italiana, che non sappiamo come finirà e non sappiamo le cose che verranno fuori. Il cammino sinodale, che incomincerà da ogni comunità cristiana, dal basso, dal basso, dal basso fino all’alto. E la luce, dall’alto al basso, sarà il Convegno di Firenze. Una Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale, che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra. In effetti, quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare, ma anzitutto uno stile da incarnare”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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