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La trappola mediatica contro la Raggi è una pagina oscura

Ecco come è scattato il tritacarne per scatenare una tempesta di fango

Luca Telesedi Luca Telese   
Virginia Raggi
Virginia Raggi

Dunque, ricapitolando: nessuna "provvista". Nessuna possibilità di incassare il denaro se non in caso morte. Nessuna provenienza illecita dei fondi che Salvatore Romeo investiva nelle sue polizze. Nessuna ipotesi coreutica. Nessuna partita di giro. Nulla di quello che ci era stato detto ieri - per sintetizzare brutalmente era vero. Ma, intanto, la pioggia degli schizzi di fango si è abbattuta su Virginia Raggi con l'obiettivo di inzaccherarla.

L'incredibile vicenda mediatico-giudiziaria dell'interrogatorio del sindaco di Roma andrebbe studiata nel dettaglio, per capirne bene lo svolgimento.  La Raggi giovedì è uscita da un interrogatorio di otto ore solo a mezzanotte. Le domande e le ipotesi accusatorie hanno iniziato a piovere su giornali e agenzie alle sette di sera, in tempo per i telegiornali e per riempire i titoli dei giornali di venerdì.

La smentita decisiva degli inquirenti ("Non c'è nessuna ipotesi di reato") è arrivata solo venerdì a mezzogiorno. Romeo ha potuto vergare un suo messaggio su Facebook solo poco dopo ("i premi scattavano solo in caso morte, non ho moglie ne figli, solo in quella eventualità avevo destinato le somme ai miei amici"). Ma siccome su questo sito lo abbiamo già scritto ieri, quando questa manovra già puzzava di bruciato, dobbiamo ripeterlo a maggior ragione oggi. È ovvio che se la Procura arriva ad  interrogare il sindaco della Capitale d'Itali su alcune polizze sospette ha già fatto almeno tre verifiche: 1) Quali sono le clausole della polizza 2) da dove arrivano i soldi della polizza 3) chi ne beneficia e a che condizioni.

Tutti i giornali italiani (compreso il Fatto) ieri sono stati messi al corrente delle ipotesi più truci ("provviste" illecite, finalità correttive, partite di giro con pagamento differito, finanziamento occulto). Ma nessun giornale è stato messo al corrente che queste ipotesi erano già state verificate e scartate. Il quarto grado a Virginia Raggi, dunque, ci dicono i giornali di oggi, non ha prodotto causalmente una pioggia di fango. È stato costruito a tavolino per questo: la risposta della Raggi - ci dice il comunicato degli stessi inquirenti, non le ipotesi difensive dei grillini - era del tutto ininfluente.

Allora la domanda che bisognava porsi ieri (e a maggior ragione oggi) tutto questo è normale? Solo carta per incartare il pesce? Tutto quello che è stato scritto venerdì scorre tranquillamente come l'acqua? E cosa dire - per fare solo un esempio - dei quattro pezzi mandati in onda dal Tg1 per otto minuti di puntata, come se si trattasse del  watergate? Sono quasi stupito della remissività dei grillini, solitamente prodighi di insulti contro la stampa e i presunti "giornalai" assassini o corrotti.

Ma la riflessione da fare riguarda noi, i media. Possiamo davvero scrivere una cosa, e il suo esatto contrario, in meno di 12 ore, e non porci nemmeno una domanda? Non giustificare nulla ai lettori? Magari domani qualcuno dimostrerà che Virginia Raggi è corrotta, e allora saremo implacabili, come sempre. Ma finché questo non accade, fino a prova contraria, dobbiamo prendere atto - a prescindere dalle nostre simpatie politiche - che il tritacarne mediatico di giovedì sera è una pagina oscura.

È qui va aggiunta una cosa grave sui colleghi della giudiziaria: ma il giorno dopo, quando  ti rendi conto di aver scritto sotto dettatura, di aver raccolto una polpetta avvelenata, quando sai matematicamente di essere stato usato, per chissà quali motivi. Quando sei certo che Marra non era indagato, che le polizze non erano la "provvista" dello studio Previti, non erano i finanziamenti di Al Capone, non erano un beneamato cavolo. Non ritieni di doverlo scrivere? Meditate, gente, meditate.

Luca Telesedi Luca Telese   
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