“Toti non ha capito le accuse e dunque può ripetere i reati”. I giudici negano la libertà al governatore
La decisione dei giudici di Appello del Riesame conferma quella del primo grado. Ed è ancora più severa. “Toti ha frainteso il proprio ruolo”. Per l’avvocato Savi è chiaro che “vogliono le dimissioni, unico modo per uscire da questa situazione”. Le trentatré pagine del provvedimento. Le opposizioni tornano all’attacco: sciogliere la giunta e andare al voto. Ma Toti vorrebbe resistere

“Non capisce le accuse e quindi potrebbe reiterare il reato”. Questo scrivono i giudici di Genova, ovvero che siccome l’indagato contesta l’impostazione accusatoria, in sostanza non mostra pentimento, non può essere liberato. Il fatto che manchi la famosa pistola fumante, cioè la prova di un reato, è secondario. Per questo motivo, Giovanni Toti, presidente della regione Liguria agli arresti domiciliari dal 7 maggio nell’ambito di un’inchiesta per corruzione, non può tornare libero. Meno che mai riprendere l’esercizio della funzione pubblica. Se poi, una volta celebrato il processo quando mai sarà celebrato, quelle accuse dovessero rivelarsi infondate, pazienza. Al momento, senza un processo, le ipotesi di reato sono considerate alla stregua di fatti incontestabili tanto da limitare la libertà. Non dicono questo il codice e la procedura penale. Ma questo ovviamente non è tema di cui si occupano le 33 pagine del provvedimento con cui i giudici di Genova rigettano la richiesta della difesa per la revoca dei domiciliari del presidente Toti.
Ipotesi di reato come fatti incontestabili
Un vera riforma della giustizia, e non quei pannicelli caldi su cui si affanna il Parlamento, dovrebbe piuttosto occuparsi dei tempi dei processi e delle indagini. E dei criteri per le misure cautelari. Il fatto che dopo quattro anni di indagini, assolutamente legittime anzi, doverose, e due mesi agli arresti domiciliari con ulteriori approfondimenti e confronti, la pubblica accusa non sia ancora in grado di andare a processo avendo maturato la certezza delle accuse, è una distorsione del diritto. Dell’accusa, della difesa, dei cittadini che chiedono alla giustizia un giusto ed equo ed efficiente servizio. Se questo non succede, non si può limitare la libertà degli indagati all’infinito "perchè non capiscono le accuse”. Non deve essere possibile - e la stagione di Mani Pulite in questo dovrebbe aver insegnato molto - tenere a bagno maria le persone privandole della libertà a meno che non decidano di parlare e dire ciò che la pubblica accusa vuole che dicano.
L’amministratore di una società privata
Eppure è questo l’impianto delle 33 pagine con cui il collegio dei giudici dell’Appello presieduto da Massimo Cusatti ha respinto la seconda richiesta di scarcerazione (la prima era già stata respinta con analoghi motivi dalla gip Faggioni). Per il Riesame “persiste la concreta probabilità che l’indagato reiteri condotte di analogo disvalore confidando nel malinteso senso di 'tutela del bene pubblico' cui ha ammesso di essersi ispirato all'epoca dei fatti nei rapporti che ha intrattenuto con Spinelli e Moncada e che, sulla scorta di un quadro gravemente indiziario nemmeno formalmente contestato, ad oggi risultano correttamente qualificati in termini di corruzione”. C’è un problema di fondo alle base delle ipotesi di reato: in pratica Toti “si è mosso come un amministratore di una società privata e non come la figura ideale del pubblico amministratore delineata nella memoria difensiva”. Nello specifico “non era Toti a delineare i propri piani e a discuterli mediando tra i vari operatori del settore ma era Spinelli (Aldo, il patron della logistica e dei trasporti portuali, anche lui ai domiciliari, ndr) a discutere i propri piani di impresa con il presidente della Regione mentre questi gli sollecitava finanziamenti per il proprio movimento politico”. Attenzione: non si parla di dazioni di danaro privato, che sono tra l’altro tutte pubbliche e tracciate, per ottenere permessi o licenze o qualunque altro deliberazione della pubblica amministrazione.
“Ha frainteso il ruolo”
I giudici scrivono che Toti ha frainteso il proprio ruolo, “si è mosso come un imprenditore privato”. Il bene pubblico, della collettività, in nome del quale Toti ha sempre detto di aver ispirato le proprie decisioni, sono stati - secondo i giudici - in questo modo fraintesi. Il giudice Cusatti sembra consapevole del fatto di muoversi nell’ambito dell’etica più che in quello del codice penale. Scrive infatti: “Le accuse di corruzione mosse a Toti non concernono un illecito di natura veniale ma integrano un vulnus tra i più gravi tra quelli che possano essere inferti al buon andamento dell’azione amministrativa, al rispetto delle volontà popolare e dei diritti dei terzi”. In pratica se i soldi dati da privati ad un movimento politico non sono di per sè reato, lo diventano, secondo i giudici, se a quelle dazioni di danaro lecite “corrispondono concretissimi favori concordati con il pubblico ufficiale destinatario di quelle erogazioni”. Questo secondo i giudici è corruzione. Manca però il pezzo per cui i presunti favori sarebbero stati fatti violando leggi o diritti di terzi.
Sfugge invece allo stato degli atti in che modo la volontà popolare e i diritti dei terzi siano stati negati o umiliati. Alcuni imprenditori sono stati forse penalizzati dalle scelte di Toti? E se questo sta venendo fuori dal prosieguo dell’inchiesta - giunta ormai al quarto anno di indagini - perchè questi fatti non vengono contestati nello specifico? Per tutti questi motivi “persiste la concreta probabilità che l’indagato reiteri condotte di analogo disvalore confidando nel malinteso senso di tutela del bene pubblico cui ha ammesso di essersi ispirato nei rapporti intrattenuti con Spinelli e Moncada e che ad oggi risultano correttamente qualificate - sostengono i giudici del Riesame - in termini di corruzione”.
“Unica soluzione, le dimissioni”
Il legale di Toti, l’avvocato Stefano Savi, farà ricorso in Cassazione. La decisione a questo punto arriverà solo dopo l’estate. Ma è chiaro che tra il punto di vista della difesa e quello dell’accusa non sembrano esserci canali di dialogo. I giudici sottolineano che l’interrogatorio è stato “poco chiaro e poco trasparente”. La promessa del governatore, fatta in quel contesto, di “astenersi in futuro da condotte analoghe” per i giudici è una “sterile presa d’atto della fondatezza delle accuse”. Cadendo qui in contraddizione con la tesi principale del documento e quindi con se stessi: Toti non ha capito le accuse e dunque le può reiterare. Ma se così è, dove sta la “sterile presa d’atto”?
E’ chiaro che l’unica soluzione per ottenere subito la libertà sono le dimissioni dall’incarico. Passo che Toti non vuole fare convinto di non aver fatto nulla di illecito ma solo di essersi preoccupato di fare della Liguria una regione in movimento, dinamica, che produce e cresce. “A questo punto - ammette Savi - l’unica soluzione che taglierebbe la testa al toro sarebbe quella delle dimissioni”. Ma anche su questo non ci sono certezze.Toti valuterà, ha spiegato, “le scelte politiche da fare, che non sono di natura personale ma collettive”. Intanto le opposizioni tornano alla carica, vogliono le dimissioni e il voto. La maggioranza finora ha fatto quadrato. Più decisi Lupi e Salvini, un po’ più freddi Fratelli d’Italia. Aspettava la decisione del Riesame per ulteriori valutazioni. Adesso però iniziano a prendere in esame il Piano B, lo scioglimento e il voto anticipato. In autunno. Per il processo, ovviamente, si vedrà.